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Archives Febbraio 2019

A San Valentino verso casa di Mimì Bertè

Quando acquistai la prima casa, mi sentii fin dal primo momento “vicino mancato di Mimì Bertè”. Distavo in linea d’aria una manciata di chilometri dall’ultima abitazione della grande interprete. Un anno dopo il trasloco, mi misi in auto e cercai quelle mura a Cardano al Campo, in provincia di Varese, che l’avevano custodita fino all’ultimo giorno.

Mentre mi avvicinavo allo stabile, mi tornarono in mente le parole di Matteo, agente immobiliare e primo amico della zona: “La casa è lo specchio dell’anima delle persone.” In realtà, io e Matteo stringemmo amicizia proprio su questa riflessione e lo sforzo di guardare oltre la corteccia della professione.
Quella stradina a Cardano e quella casa – non avevano niente a che fare con la residenza di una diva – mi fecero ritrovare la persona, la semplicità, la bellezza di donna del Sud, lontana dal personaggio Mia Martini costruito dai discografici di allora.

Le mura della casa a Cardano trasudavano di antidivismo, perché Mimì Bertè aveva battagliato da donna emancipata anche contro i pregiudizi che ammazzano la personalità e il maschilismo avvelato ai vertici dell’industria discografica italiana negli Anni di Piombo.
Chi ha seguito con passione e costanza i suoi passi musicali, sostenendola anche con l’acquisto dei dischi nel corso del tempo, non può accontentarsi di una fiction televisiva o delle dichiarazioni audaci dell’attrice protagonista, a proposito dei “no clamorosi” di chi non è voluto comparire: “Voglio credere sia stato tutto un atto d’amore di Mimì, che abbia scelto lei che facesse parte del suo film solo chi le voleva veramente bene.”

Nessuno dovrebbe avere l’arroganza di farsi portavoce dell’intimità di Mimì. Oggi, nel giorno di San Valentino, Festa degli Innamorati, vado in direzione della sua casa, perché Mimì Bertè è stata innamorata anche dell’amore e dei sogni.
L’immaginazione mi farà vedere danzare, tenendosi per mano su un balcone di Cardano al Campo, l’interprete e l’autore che le scrisse questa canzone:

“E non finisce mica il cielo
Anche se manchi tu,
Sarà dolore o è sempre cielo
Fin dove vedo.”

Mimì Bertè resta un angelo libero e questo lo sanno bene tutti coloro che credono ancora nel potere strabiliante dell’immaginazione.

Prince Jerry, il migrante nigeriano che voleva vivere in Italia

Lunedì scorso ho visto un mucchio di gente che sbraitava per i ritardi dei treni provenienti da Genova. Si voiciferava l’ennesimo suicidio sui binari. Nonostante l’accaduto drammatico, la preoccupazione si era ridotta alla solita cantilena: “Proprio oggi doveva buttarsi sotto il treno?”.

Ieri sera, attraverso una catena di messaggi finita su whatsapp, ho scoperto la vicenda nascosta dietro Prince Jerry, il  venticinquenne nigeriano suicida. A diffondere la notizia è stato il messaggio di don Giacomo Martino, Responsabile del centro accoglienza Migrantes del capoluogo ligure:

Cari tutti, ieri sono stato tutto il giorno a Tortona .
Uno dei nostri ragazzi di Multedo, Prince Jerry, dopo essere stato diniegato prima di Natale e scoprendo che non avrebbe potuto contare neppure sul permesso umanitario che è stato annullato dal recente Decreto, si è tolto la vita buttandosi sotto un treno. Ho dovuto provare a fare il riconoscimento di quanto era rimasto di lui. È stato un momento difficile ma importante perché ho ritenuto di doverlo accompagnare in questa sua ultima desolazione.
Vi scrivo perché abbiamo deciso di portarcelo su a Coronata e seppellirlo nel cimitero lassù.
Venerdì mattina alle 11:30, all’Annunziata, celebrerò il suo funerale.
Quanti vorranno e potranno essere presenti sarete il segno dell’ultimo abbraccio terreno a questa vita così desolata.
Una preghiera per lui e la sua famiglia.

Le parole di don Giacomo non hanno bisogno di commenti, sono chiare, ci restituiscono il peso di sensate riflessioni. A ciascuno la sua secondo coscienza: continuiamo a celebrare la Giornata della Memoria, svuotandola con luoghi comuni, nascondendo sotto il tappeto dell’omertà la nostra insistenza a costruire “lager invisibili”, piccoli o grandi che siano.
Come aveva raccontato Primo Levi a Enzo Biagi in una bellissima intervista “Lager in tedesco vuol dire almeno otto cose diverse, compreso i cuscinetti a sfera. Lager vuol dire giaciglio, vuol dire accampamento, vuol dire luogo in cui si riposa, vuol dire magazzino, ma nella terminologia attuale lager significa solo campo di concentramento, è il campo di distruzione”.

Per noi, gente comune e istituzioni, lager cosa significa?
Prince Jerry, eccellente laureato in chimica, è stato sepolto nel cimitero del quartiere genovese di Coronata.  Persino i costruttori di “lager invisibili” lo vedranno, sotto le sembianze di un angelo, tra i cieli di Genova.

Lui sì che ha imparato a volare, da solo, senza le preghiere di noi in balia delle barriere.

Cover ARTWORK: Eric Johnson