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Archives Maggio 2025

Pink Floyd at Pompeii, l’atteso disco sospeso nel futuro

Pink Floyd at Pompeii è il disco atteso da una vita. Per la prima volta dopo quasi cinquant’anni la puntina del nostro giradischi solca il doppio vinile dell’audio completo dell’esibizione senza pubblico di Gilmour e compagnia bella nella nostra Pompei archeologica.

IN VETTA ALLE CLASSIFICHE TRA VINILI, CD E BLU RAY

L’album, con il nuovo mix di Steven Wilson, è in vetta alle classifiche italiane con la vendita dei supporti tradizionali – vinile, cd e blu ray – che qualcuno vorrebbe lasciare in soffitta. Proliferano ancora gli affari d’oro per la premiata ditta londinese, orfana di Barrett e Wright, in preda agli eterni litiganti Gilmour e Waters.
In parte con questo disco l’audio, in piena autonomia, si libera dalle grinfie della colonna sonora del film concerto del 1972 diretto da Adrian Mabenn, il cui restauro in alta definizione è stato il cavallo di Troia del marketing discografico per riportare i Floydiani incalliti, inclusi i meno giovani e gli sbarbatelli, nelle ormai semivuote sale cinematografiche.

PROFEZIA VISIONARIA IN UN GIAVELLOTTO LANCIATO NEL TEMPO

Perchè dopo tutti questi decenni è ancora un successo? Pink Floyd at Pompeii MCMLXXII rimane profezia visionaria, installazione multimediale tra musica e arte contemporanea del ‘900. Oggi è un giavellotto nel tempo, arrivato dai lontani anni ’70 fino ai giorni nostri con un restauro che fa brillare ogni suono.
E’ come il monolite kubrickiano di 2001 Odissea nello spazio che, sospeso nel tempo, guida il cammino dell’umanità contemporanea tra paure, fragilità, disillusioni.

PINK FLOYD AT POMPEII, PREMONIZIONE DELL’ORRORE PANDEMICO

Il mix incisivo di Steven Wilson è la ciliegina sulla torta: i suoni ritrovano la loro profondità e soprattutto quella spiritualità dei musicisti in solitudine nel flirt remoto con l’archeologia, che sancisce l’unicità della esibizione nell’anfiteatro pompeiano.
Dopo uno sciame di bootleg e tracce a spizzichi e bocconi, abbiamo dovuto aspettare più di cinquant’anni per avere, in uno splendido disco restaurato e ufficiale, l’happening del ’71 dei Pink Floyd nella zolla archeologica più potente della storia, suonato in solitudine, senza pubblico, quasi una premonizione dell’orrore pandemico a cui nessuno è stato sostratto su tutto il pianeta, inclusi gli artisti.
Pink Floyd at Pompeii è una sfera di cristallo e ogni generazione può trovarvi scritto il destino comune: provare ad alleviare gli affanni dell’esistenza con la grande musica del ‘900.

Lucio Corsi sfida all’Eurovision gli stereotipi dell’italianità di Tommy Cash e Gabry Ponte

Lucio Corsi dal podio di Sanremo 2025 è pronto per rappresentare l’Italia all’Eurovision Song Contest di Basilea. Il vincitore Olly aveva rinunciato passando il testimone al cantautore rivelazione dell’Ariston, che ora dovrà vedersela con il protocollo ristretto della manifestazione: rinuncerà alla sua inseparabile armonica?
Dalla provinciale Maremma il menestrello toscano, con la faccia truccata a metà tra Bowie e il Dylan del Rolling Thunder Review, canterà la sua Volevo essere un duro, title track dell’omonimo album uscito lo scorso marzo.

IL CANTAUTORATO ITALIANO DUELLA CON GLI STEREOTIPI DI TOMMY CASH

Lucio Corsi, dopo il duetto con Topogigio che ha spopolato in rete, ha tutte le carte in regole per fare breccia nel cuore del pubblico dell’Eurovision e mandare di traverso all’estone Tommy Cash il suo Espresso macchiato.
Sì, perché il principino dell’hip hop ed elettronica dell’Europa baltica tirerà un colpo basso all’Italia, presentando una canzone inzuppata di luoghi comuni a danno del Belpaese:

Mi like to fly privati with twenty-four carati
Also mi casa very grandioso
Mi money numeroso, I work around the clocko
That’s why I’m sweating like a mafioso

Mischiando inglese e un italiano imbecillemente maccheronico, il rapper dell’Estonia schernisce l’Italia con l’abusato stereotipo di “pizza, mafia e mandolino”. Il Belpaese si indigna, dimenticando che Tommy Cash non è né il primo né l’ultimo.

TUTTA L’ITALIA E IL TORMENTONE DEI LUOGHI COMUNI

Non da meno è il tormentone sanremese Tutta l’Italia di Gabry Ponte che sbarca sul palco dell’Eurovision Song Contest con l’escamotage di rappresentare “lo staterello” di San Marino. Una mischia di luoghi comuni su quattro accordi che funzionano bene, facendo ballare tutti senza badare al significato del testo:

Tutta l’Italia, Tutta l’Italia, Tutta l’Italia

Il calcio lo prendono a calci
La Mole che fa degli stracci
Cucina stellata di avanzi beati
Santissimo Craxi

E così tornano a galla i fantasmi della Prima Repubblica, come se poi noi fossimo condannati ad essere soltanto corruzione, scandali da rotocalchi, fottutissima décadence. Ci teniamo stretti al ricordo orgoglioso di avere avuto un Presidente della Repubblica “partigiano” e piuttosto mastichiamo i cliché della mia generazione tra il “buongiorno Italia col caffè ristretto” di Toto Cutugno e “il bicchiere di vino e il panino” di Felicità di Albano e Romina.

A difenderci da questa balorda smania di stritolare l’Italia nello stereotipo odioso ci penserà Lucio Corsi, paladino dei cantautori emergenti senza troppi grilli per la testa: “Vivere la vita è un gioco da ragazzi Io, io volevo essere un duro Però non sono nessuno Non sono altro che Lucio” è l’encomio di tornare a essere noi stessi, vincenti nella vita, perdenti sul palco dell’Eurovision Song Contest. E anche se fosse, chissenefrega!