I miei vagabondaggi mi rendono impermeabile e indifferente a questo tam tam e, in particolare il primo del 2019, mi ha regalato una suggestione nella prima mattinata dell’Epifania, a Torino, sulla sponda del Po.
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L’uomo che condivide le briciole della sua parca colazione con i gabbiani, ascoltando il sussurro intimo del fiume, è uno schiaffo alla miserabile intolleranza che annebbia i giorni nostri: le coperte di un senzatetto gettate nell’immondizia dal vicesindaco di Trieste o il tifo razzista degli ultrà sugli spalti dello stadio San Siro di Milano.
L’uomo che nutre i gabbiani in riva al Po torinese non è un set costruito come le tavole imbandite dall’esercito di chef provetti parcheggiatti nelle nostre case per l’arrivo dell’anno nuovo, ma è uno sciame di altruismo che vigila sull’essenziaità della vita e sulla tolleranza.
Essenzialità e tolleranza restano il valore aggiunto e l’unico lusso che dovremmo concederci in questo 2019, togliendoci le bende della routine che ci fanno perdere la bussola della quotidianità. Un viaggiatore della vita non dovrebbe mai restare affacciato alla finestra, perché rinuncerebbe alla cura dei dettagli. Bisogna tornare in strada, girarsi intorno, guardare gli altri negli occhi.
Non smetterò mai di ringraziare la strada per avermi fatto vagabondo e concesso l’ultima chance di afferrare l’anno che verrà.
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