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Sterminio in Siria: Abbiamo bisogno ancora dell’ONU?

Mi manca Lucio Dalla perché scriveva canzoni intelligenti. Quando uscì “Ciao”, pochi si accorsero che dietro quel motivetto c’era l’indifferenza verso un genocidio. E noi “la spiaggia di Riccione, milioni di persone, le pance sotto il sole, il gelato e l’ombrellone” ci abbronzavamo i coglioni senza vedere lo sterminio al di là della cortina di ferro del mar Adriatico.

La distanza geografica che ci separa dalla Siria non giustifica la miopia internazionale, inclusa quella italiana, nonostante il Belpaese sia crocifisso. C’è voluto qualche picco social per farci soffermare sulla strage di Hula, che poco più di una settimana fa ha portato sotto il nostro naso gli orrori del regime di Assad. Uno sterminio senza pietà di civili, intere famiglie, e soprattutto bambini. La filastrocca gira ancora allo stesso modo: indignazione generale, interventi repentini, l’oscuramento delle informazioni e poi torna il silenzio.

Non vorrei rompere le uova nel paniere: l’Onu che cosa ci sta a fare? Non è da statuto un’Organizzazione intergovernativa, portabandiera della fine di violenze e focolai guerrafondai sul nostro pianeta?
In passato sono stati chiusi troppi occhi, senza calcolare i genocidi che potevano essere evitati. Forse è arrivato il momento di mettere in discussione il ruolo delle Nazioni Unite, tenendo conto che non siamo tra le pagine di un fumetto. Gli eroi della Marvel possono solo stare a guardare.

Passaparola
Rosario Pipolo

Giornalista e Communication specialist. Una Laurea in Lingue straniere con lode all'Università Federico II di Napoli e una specializzazione in Web Communication allo IED di Milano.

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