Il giovane ricercatore friulano, appassionato di studi di Medio Oriente, è scomparso lo scorso 25 gennaio al Cairo ed è stato ritrovato morto una settimana dopo sulla strada tra la capitale dell’Egitto e Alessandria.
Giulio è diventato un altro martire nella lotta contro la libertà di pensiero. Quando andrà avanti ancora questa farsa da luridi commedianti a sostegno dell’alleanza strategica dell’Italia con l’Egitto?
Mentre il Cairo conosce per filo e per segno i punti deboli di Roma, allenata a tapparsi il naso di fronte al lercio fetore, i genitori di Giulio non si rassegnano e chiedono verità. Questa volta non c’è un riscatto da pagare, mettendo del cerone per raschiare il barile in vista della prossima campagna elettorale.
Questa volta c’è un cadavere ammutolito da un regime che fa franare la nostra coscienza civile, al di là di ogni subdola strumentalizzazione politica.
Dalla sera del 3 febbraio, giorno del ritrovamento del cadavere percosso, su Giulio Regeni se ne sono dette tante: c’è chi lo ha rimproverato di essersela andata a cercare o chi gli ha sputato in faccia, trattandolo come una spia che flirtava con i servizi segreti.
Ciascuno di noi potrebbe dare il primo schiaffo per questa giustizia che tarda ad arrivare: nonostante i focolai di politica interna e il clima di insicurezza degli ultimi sei anni, il flusso del turismo italiano verso l’Egitto resta consistente. Quanto costa la verità? Cancellare la prossima vacanza in un villaggio stellato di Sharm?
La protesta silenziosa da viaggiatore o vacanziere potrebbe dare una bella lezione a chi, in queste ore, sta seppellendo la verità.
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