Le forbici di Noè e i miei capelli a Contrada

Ad agosto ho commesso l’ennesimo tradimento. Ogni volta che torno a casa affido i miei capelli alle forbici del mio amico Leo. Lui era in vacanza, ed io sono andato alla caccia disperata di un barbiere. Sono passato a Contrada, in provincia di Avellino, per una splendida giornata con la famiglia Pastore. Un paese dell’Irpinia con poche anime che mi ha regalato tranquillità e relax. L’incontro con il vigile, uno scambio di saluti con gli anziani al bar o un sano bicchiere di vino locale, alla faccia di chi pensa che la vita “non sia solo questo”. Ho affidato la mia chioma all’esperienza di Noè, un arzillo signore di 78 anni, che fa il barbiere dall’età di 13 anni (nella foto taglia i capelli al nipote Noè junior). Mi sembrava di essere tornato in un vecchio film in bianco e nero con questo barbiere poco incline al pettegolezzo – una rarità per chi fa il suo mestiere – ma attento osservatore dei cambiamenti del tempo. Caspita, lui sì che è stato un precursore: a cavallo degli anni ’40, è stato il primo a sostenere che i capelli dovessero essere tagliati dopo lo shampoo (l’acqua a Contrada è arrivata negli anni ’50). Caro Noè, ti ringrazio non solo per il taglio che mi sono portato come souvenir delle vacanze (a Milano mi dicono che sono riungiovanito!), ma soprattutto per quei saltelli della memoria in equilibrio tra storia e costume. Inoltre, mi hai riportato alla mente un fatto di cronaca della mia infanzia, datato 15 luglio 1982: l’uccisione del vice Questore di Napoli Giuseppe Ammaturo, vittima del terrorismo delle Brigate Rosse. Se capitate da quelle parti, fate un salto nel salone di Noè, perché quelle “forbici” sanno ritagliare qualcosa di noi…