Diario di viaggio: la Corsica in “un dito”
Quando vai su un’isola, la traversata ha il suo perchè. In nave, per isolarti dal caos dei vacanzieri, basta incontrare la persona giusta: Lino, il genovese che sognò la Corsica. Lui, dopo tanti anni di lavoro passati al porto di Genova, ha comprato una casetta sull’isola francese e spesso se ne fugge lì con la deliziosa famigliola. Il tempo vola parlando della Genova di Faber e Tenco, delle delusioni della sua generazione, di pesto e farinata, di futuro incerto tra figli e nipoti. A Bastia Lino scompare in auto e per me inizia il viaggio avventuroso alla scoperta del Capo Corso, zaino in spalla e tenda.
Bastia è un misto tra Genova e Nizza, ma la città vecchia è così intrigante da farti perdere tra vicoli e vicoletti. Sentire un papà chiamare il figlio “Gennaro” ti incuriosisce: hai incrociato un Corso con amici a Napoli e quale miglior modo per siglare un patto d’alleanza, se non quello di mettere in mezzo il santo patrono partenopeo? Gli autobus in Corsica sono una rarità, ma il conducente è un tizio alla mano: viene dal “Continent” – così i Corsi chiamano i francesi – e fa l’autista da una vita. Seduta al tuo fianco c’è un’anziana signora che ti racconta la ua “jeunesse” andata in una casetta in riva al mare. Potrebbe essere il soggetto di una canzone da suggerire ai Muvrini, il gruppo musicale che trasfigura in note folk, tradizione e futuro.
Lontano dal chiasso del Belpaese, si resta rapiti della natura selvaggia del paesaggio, da queste spiagge isolate lungo la strada dove non ci sono bagnini, ombrelloni e lidi. Ci sei tu e l’immensità del mare; e non ci vuole tanto per capire che puoi fare a meno di internet, del telefono, dell’iPod, ma non puoi privarti dell’ebbrezza di assaggiatore vagabondo: formaggio locale, pane con le noci e una buona birra Pietra, tanto poi ci pensa il palato a fare il resto, ad indicarti la strada per vivere questo “dito” della Corsica. E vale la pena soffermarsi sui dettagli che la frenesia quotidiana ci sta scippando giorno dopo giorno: il grido del vento, i sussurri delle piogge estive, i cieli stellati che agguantano l’oscurità delle notti d’agosto, le strade deserte che ti fanno sentire un naufrago, metà Robinson Crousoe, metà Corto Maltese.
A Pietranera il mare si stropiccia sugli scogli; a Erbalonga le case diroccate ti spiano; a Porticciolo le discese sembrano gli scivoli che cercavamo da bambini; a Santa Severa le quattro anime che ci abitano entrano a far parte del tuo universo e ti dimostrano che i Corsi non sono così orsi come dicono; a Macinaggio le barche sono alla ricerca di acqua cristallina, quella innamorata della sabbia della spiaggia di Tamarone. L’aria da campeggio, quella al Santa Marina di Santa Severa, fa davvero bene perché ti riporta al minimalismo della vita, in tenda come un nomade, figlio delle intemperie, sottraendoti alle stupide preoccupazioni della vita metropolitana. C’è Freddy, che canta le canzoni di Carosone e Massimo Ranieri, e la sera ti prepara da mangiare: quando diventi grande hai la sensazione che nessuno si preoccupi più di te, mentre il viaggio ti restituisce la certezza che dovunque tu vada ci sarà sempre qualcuno a prendersi cura.
Poi ti improvvisi autostoppista e, da solo che eri, condividi questi giorni d’agosto con tante persone: dal livornese anarchico agli spagnoli che sognano l’indipendenza della Catalugna; dal grande costruttore di auto militari all’anonima coppia anziana; dal parigino, che in auto ti fa vedere i sorci verdi tra una curva e un’altra, al panettiere che ti sforna il pain au chocolat per le tue colazioni. E, quando stai per tornartene a casa e ti scivolano un paio di gocce salate sul viso, capisci che non si tratta né di sudore né di residui marini. Sono due lacrime invisibili che ti fanno tornare ai tempi in cui lasciavi i posti speciali delle vacanze della tua infanzia. “Speciali” perché erano le persone ad aver disegnato i contorni del tuo soggiorno. Gli altri torneranno abbronzati ad immergersi nella loro routine perché hanno fatto vacanza; tu invece non sarai più lo stesso perché hai fatto un viaggio. Un’isola come la Corsica può cambiarti, può fare da ponte nel sinuoso passaggio da vita ad esistenza. Ed io sono tornato ad esistere.