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Cartolina da Napoli: Epifania senza ‘a Maronna e ‘o bambiniello

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    Foto di Ivana Pipolo

Rosario PipoloQuest’anno i Magi non hanno trovato ‘a Maronna e ‘o bambiniello nel giorno dell’Epifania. Nella Napoli troppo distratta dal torpore della fine delle festività – la Befana tutte le feste porta via – e dagli affannosi auguri porta a porta in vista delle prossime elezioni comunali, neanche i turisti si sono accorti della fuga premeditata della ragazza madre e del suo bambino.

Scampato il pericolo dell’aborto, dovrà vedersela con gli assistenti sociali che prima o poi tenteranno di scipparle il pargolo, proprio come fece Erode più di duemila anni fa. La riterranno incapace di ricoprire il ruolo di madre, senza chiedersi semmai ci fosse stato qualcuno a metterla in condizione di svolgere il mestiere più utile e complicato nella società.

Mentre tutti erano incantati ad osservare il presepe, ‘a Maronna e ‘o bambiniello se le davano a gambe lungo via Cabonara, via Duomo per poi arrampicarsi, dopo la rincorsa di Spaccanapoli, sui Quartieri Spagnoli.
Per fortuna che a documentare questa natività dei giorni nostri c’era l’occhio fotografico di Ivana Pipolo, scivolando su quello stadio interiore della sospensione, lontano dalla nostra inguaribile frenesia.

Osservando questa foto mi sono tornati in mente gli assistenti sociali prevenuti e con i paraocchi dell’Inghilterra thatcherista, denunciati da Ken Loach nel commovente film Ladybird, Ladybird. Napoli non è Londra, ma questa Maronna cela sotto il velo l’emerginazione galleggiante che spodesta la sicurezza di essere guidati da una coscienza civile.

Oro, incenso e mirra, i doni di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, p’a Maronna e ‘o bambiniello, ragazza madre sedotta e abbandonata nella Napoli dei giorni nostri.

In fuga dalle nuove Befane: dal letame può nascere un fiore

Arriverà la Befana sì o no? Quanti di noi aspetteranno sul davanzale quella vecchia bacucca di cui ogni bambino non può fare a meno? Nel caso il deficit italiano la mettesse alle strette, aspettiamoci che la vecchietta resti alla larga dal nostro Paese e le calze restino vuote.
Possiamo pure accontentarci e spiegare ai nostri bimbi che questo è il tempo delle nuove Befane. Sono irriconoscibili durante l’anno perchè si travestono e tentano di seppellire la loro bruttezza. In questo caso neanche la fiaba di “La Bella e la Bestia”, riproposta di recente in tv con un successo di ascolti, le sottrarrebbe dal falò della vanità, dove già sono bruciate come streghe.

Le nuove Befane durano il tempo di una stagione: aprono una finanziara per rifarsi la dentiera prima di percorrere la goffa passerella; nascondono lo strabismo dell’ovvietà sotto un paio di lentine colorate; si allungano su un paio di tacchi a spillo; spettegolano stizzite su i social network, perchè sono state smascherate: l’urlo populista facebookiano ha dimostrato che fatine non sono mai state. Avevano la bachetta magica, appuntita al punto giusto, infilata nel sederino inconsistente, per avere sempre la voce impostata di chi sguazza nello chic pacchiano.

Le nuove befane sono l’ultima bestemmia alla bellezza della vita. Pertanto, se la vecchia bacucca a cui siamo tanto affezionati non arriverà stanotte, metteremo fine a questo rito pagano e spiazzeremo i nostri bambini: li prenderemo per mano e svuoteremo tutte le calze. Niente dolciumi o carbone zuccherato, perchè non è nella notte del 6 gennaio che si capisce da che parte stiano i buoni o i cattivi. Porteremo i nostri bimbi a guardare le stelle, indicando loro quella più luminosa, la stessa che guidò Gaspare, Melchiorre e Baldassarre in mezzo al deserto. Faber diceva che “dal letame può nascere un fiore”: quei tre distinti signori raccoglieranno di nuovo quel fiore, l’unica “manifestazione” che scioglie la mostruosità umana nella bellezza, infinitamente piccola: Epifania.

Inter-Napoli, a San Siro con Napoli Fans Club London

Pensavo che la Befana mi avesse lasciato a mani vuote, senza neanche una briciola di carbone. Invece mi sbagliavo. Quella vecchia signora mi ha riportato allo stadio dopo vent’anni in una serata surreale: a San Siro ospite dell’Inter, ma con il cuore pulsante per il Napoli in corsa alle vette della classifica. Con me c’era Marco La Nave, un trentenne tifoso napoletano che è cresciuto sugli spalti dello Stadio S. Paolo di Napoli. Da diversi anni Marco vive a Londra ed ha fondato il Napoli Fans Club London, che raccoglie centinaia e centinaia di tifosi partenopei in Gran Bretagna e sulla Facebook Fan Page conta già più di un migliaio di sostenitori: “Ci raduniamo nei bar londinesi e ci godiamo le partite della nostra squadra del cuore. Di tanto in tanto organizziamo anche trasferte in autobus perché il tifo è una passione e non ha niente a che vedere con la violenza circolante negli stadi”.
Ieri sera a Milano per l’atteso incontro Inter-Napoli era tutto sotto controllo, anche se un ragazzo ha subìto una coltellata. Cose che capitano? No, non devono accadere, anche se ci premuniamo della “tessera del tifoso”. Io ero assieme agli interisti in tribuna a commentare la partita. Questa è vera sportività perché un pallone non può essere motivo di una guerriglia fratricida. Ho visto un ragazzo con una sciarpa del Napoli accerchiato da un gruppo di teppistelli, già pronti all’attacco. E’ intervenuta la polizia, tutto è finito lì. Quei quattro mocciosi si sono allontanati, ma ritorneranno in veste di aggressori perché non hanno capito la spiritualità che anima il calcio.
Forse l’ha capita Aniello, un meridionale adottato cinquanta anni fa da Milano, che di professione realizza merchindising per l’Inter. “C’è crisi – mi racconta alla fine della partita – ma i miei gadget li faccio con passione perchè in una sciarpa o nella riproduzione di una coppa trasmetto la voglia di stare assieme. E in giro non vedo più”.
La Befana se n’è andata e, come ogni anno, si è portata via tutte le festività natalizie. Ci lascia per fortuna la convinzione che una partita di pallone sia un bel modo di ritrovarsi, come fanno Marco e tutti i sostenitori del Napoli Fans Club London, anche quando lontano dalla tua terra natia gli altri cercano di convincerti che resterai per sempre “un miserabile emigrante”.

Cara Befana, non portarmi più carbone!

Mi hanno costretto a scrivere il primo post del 2010. Uffà, anche quando sono in vacanza! Manuela, amica di vecchia data, mi ha preso per il colletto e mi ha detto: “Voglio vederti lavorare dal mio Pc”. L’argomento del post scritto a casa sua? Me lo hanno suggerito un gruppo di bambini appiccicati ad una vetrina, chiedendo alla mamma quale sarebbe stato il prossimo regalo della Befana. Sì, la Befana… quella vecchietta che sembrava una strega, ma in realtà era una fatina imbruttita. Continuavano a ripetermi che era una stupida invenzione dei genitori per raggirare i bambini. Invece no, nei primi anni ottanta, avevo messo in piedi un comitato che aveva come parola d’ordine: “La befana esiste”. L’immaginazione è un’arma così potente da poter mettere in subbuglio tutte le malelingue. Sono tanti anni che non ricevo più la calza perché il 6 gennaio non ci sono mai, sono in giro, e quella vecchia bacucca non saprebbe dove trovarmi. Tuttavia, mi ha preso sempre in giro! Sono stato sempre un suo acceso sostenitore, ma lei mi porta da anni un bel mucchio di carbone. Quest’anno spero di scovare nella calza la dolcezza di tutte le persone ritrovate nelle feste natalizie, quelle vere, quelle con cui ho condiviso la prima parte della mia vita. Cara Befana, non portarmi più carbone, ma il tempo libero necessario per tornare più spesso a fare il turista “per caso” nella mia terra d’origine.