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Festa del Papà: La bici senza rotelle

Nel luglio del 1980, in un viale di Paestum, mio padre mi insegnò ad andare in bici senza rotelle. E’ un ricordo nitido che mi balena in mente con prepotenza in occasione della Festa del Papà, la prima senza di lui.

Mi sembra di rivivere in questo 19 marzo quel pomeriggio in cui mi lasciò andare da solo: non potevo girarmi, altrimenti perdevo l’equilibrio. Sentivo comunque che il suo sguardo mi accompagnava, proprio come oggi, mentre sbirciavo i villeggianti ai lati della strada.

Oggi su quella stessa strada ritrovo tutti coloro che ci hanno dato supporto negli ultimi anni della malattia di mio padre. L’articolo, pubblicato stamattina su Linkiesta.it, è dedicato a chi fa della Salute un diritto di tutti.

Diario di viaggio: In bici nel parmense con il retrogusto dell’ospitalità

Assieme a Fabio Romani

Rosario PipoloDomenica pomeriggio. Mi perdo nel parmense sotto un sole cocente. 38 gradi e per giunta in bici, alla scoperta di un’altra zolla di terra della regione emiliana. Vengo da Sabbioneta e il traguardo è Parma. Lo stomaco brontola, ma trovare un posto per mangiare sembrava impossibile. E poi mettiamola così. Avendo sforato l’orario del pranzo accademico, chi mi farà mettere qualcosa sotto i denti alle tre del pomeriggio? Mi rassegno a filar diritto verso Parma a stomaco vuoto, quando avvisto un’insegna con una “R” gigante. Sta per Romani, il ristorante di Vicomero di Torrile, e una signora me lo conferma: “Provi lì, hanno la cucina aperta fino a tardi”.

Dopo quindici chilometri sotto il sol leone, me lo merito il pranzetto succulento. Dopo una passerella di affettati e torta fritta (al di là della sponda lombarda del Po è il fratello gemello dello gnocco fritto), ecco che spunta  il gestore. Fabio Romani, mio coetano, è una persona simpatica e a modo. Mi racconta della sua Correggio e di come il papà mise in piedi l’attività. Quando azzanno i miei tortelli alle erbette, Fabio mi guarda con orgoglio, come per dire “ne è valsa la pena arrivare fin qui”. Insiste per farmi assaggiare la punta con patate al forno. Tra una forchettata e l’altra, scopro che il ristoratore di Correggio è un appassionato di dolci. E che dolci! Tira fuori dal cilindro magico il jolly: una torta di mele ricoperta di amaretto.

Dopo tutto quel ben di Dio e senza alcuna delusione dopo l’arrivo del conto (dall’antipasto al caffè, 33€), penso di non farcela a pedalare. Prima di andar via, Fabio mi infila due bottigliette d’acqua in una borsa di cuoio della mia bici. E poi dicono che gli emiliani sono scostanti! Sono i soliti pregiudizi che i viaggiatori dell’ultima ora come me amano smentire. Il gesto di Fabio mi ricorda quello del giorno prima di Ivana di Rivarolo del Re, ai confini tra il mantovano e il cremonese. La signora mi avevo guidato tra le campagne, offrendomi poi una bottiglia d’acqua fredda a casa sua.

Dobbiamo tornare a vivere “il tragitto” e non la “meta” del viaggio, perché solo così notiamo i dettagli che sfuggono al turista distratto che corre con i paraocchi alla velocità della luce. E la mia bici “Tognazzi” – battezzata così a Cremona tre anni fa – mi ha fatto assaggiare il retrogusto dell’ospitalità, lì in un angolo del parmense.