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Bufera Monte dei Paschi di Siena e il ritorno della banda Bassotti

Rosario PipoloQualche mese fa mi capitò uno spiacevole episodio in una filiale campana del Monte Paschi e inoltrai un reclamo formale, visto che il famigerato istituto di credito fugge dal confronto sui social network. Mi hanno inviato indietro le scuse con l’algida “formalità” che fa incacchiare ancora di più l’utente comune. A distanza di tempo, come ho già tweettato, la vicenda mi è sembrata quasi profetica: “i numeri” che non rilasciava la filiale per mettersi in fila, li hanno dati a Siena “a sorpresa” in questo gelido Gennaio.

Questo non è lo spazio adatto né per ricostruire lo scandalo che sta facendo affondare il Monte dei Paschi né per radiografare le malefatte di Mussari e compagnia bella. Metterei tra virgolette “compagnia bella” perché “nel mezzo del cammin di nostra campagna elettorale” si incrocia malvolentieri la combriccola di scellerati che avverte di non strumentalizzare il caso. Come se poi il legame subdolo in Italia tra politica e istituti di credito fosse la grande scoperta dei Servizi Segreti.

Nella bufera che investe la banca più anziana del mondo – e pensare che era stata messa in piedi per dare aiuto alle famiglie disagiate di Siena venti anni prima che Colombo finisse per sbaglio in America – si nasconde l’ennesimo vezzo ipocrita del politico medio italiano: non prendere mai una posizione netta di fronte ad uno scandalo di tale portata, per paura di passare come lo scolaretto di Montecitorio della Prima Repubblica. E’ più facile pensare che lo “smemorato” sia Mussari e che non ci sia assieme a lui una “banda Bassotti”, da far invidia al Belpaese del tempo in cui era un vanto il legame pappa e ciccia tra potere politico ed economia occulta.

La sede centrale del Monte Paschi di Siena mette soggezione. Ci sono passato davanti l’estate scorsa. Mi scappava la pipì ed ho evitato di farla lì. Ho evitato per non passare come il turista cafone che oltraggiava un santuario dell’economia italiana, senza sapere che “l’oltraggio al pudore civico” è un altro: l’attesa interminabile dei parenti delle vittime di Ustica per avere il risarcimento dallo stesso Stato che, con l’altra mano inguantata, copre le malefatte interminabili della banda Bassotti. La stessa gang ladra della dignità dei piccoli risparmiatori, che quasi sempre ci rimettono la tasca.

Campagna elettorale: La goffaggine dei nostri politici su i social network

Rosario PipoloLe tipografie piangono e in giro, soprattutto nelle grandi città, non tira aria di campagna elettorale: niente santini, pochissimi maxi cartelloni con gli abominevoli faccioni lustrati. I politici e gli aspiranti candidati sono in fuga dalla carta stampata –persino nelle edicole sono scomparsi gli espositori con le prime pagine da campagna elettorale – e stanno sgomitando per ritagliarsi un posto su i social network.

In Italia se ne sono accorti troppo tardi che una condivisione facebukiana o una tweettata lungimirante potevano essere un boomerang contro la solita promessa, il contratto ingiallito o l’orazione funesta. C’è stato pure chi si è sforzato di scimmiottare Barack Obama, ma la nostra classe politica in veste “social” è davvero goffa. E il misuratore di tale goffaggine non sta tanto nel modo in cui si presenta il canale social presidiato , ma come si tenti di portare l’elettore dalla piattaforma social all’unico posto, testimonial della grande illusione del passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica: la televisione.

Nei ridicoli profili di Google+, spuntati come funghi da un giorno all’altro (Il gigante dei motori di ricerca ricambia la fiducia accordata con uno speciale elettorale), l’unico update più frequente è: “Stasera ti aspetto in tv”. Il teatrino cambia poco o niente: l’altro ieri c’era il salottino di Vespa con il contratto degli italiani, ieri l’agorà di Santoro con il duello da 9 milioni di telespettatori, in cui a parte sguazzi di istrionismo e le solite accuse, non si intravede all’orizzonte nessun programma.

Tornando alla smania social dei nostri politici, mi vien da dire che l’Italia continua ad essere un paese di minestre riscaldate: per certi versi lo sono pure i rottamatori, gli urlatori e gli ammalati di vendolismo. E’ un paese di minestre riscaldate quando il gossip delle veline candidate oscura l’alta percentuale di poveri in Italia; è un paese di minestre riscaldate quando il piagnucolio della banda dei disonesti esclusi dalle liste prende il sopravvento sulle lacrime dei giovani che non trovano un lavoro; è un paese di minestre riscaldate quando il più piccolo dei luoghi comuni diventa una voragine e sgomita con la rassegnazione dei più disagiati che pagano le tasse dei ricconi; è un paese di minestre riscaldate quando i camaleonti vorrebbero darci la lezioncina che non fa più gola a nessuno.

Se questa campagna elettorale avesse davvero una sostanza più “social” e uno sguardo allargato sulla presa di coscienza di una solitaria resistenza da “indignados”, noi elettori non saremmo trattati più come una ciurma di numeri amorfi in balia delle onde.

Da Milano Pisapia fa tremare l’Italia: E pensare che c’era il pensiero…

Non è la stessa Milano stamattina. La terra ha tremato e lo scossone di Giuliano Pisapia lo ha sentito tutta l’Italietta, quella che mette sulla stessa barca benpensanti e clericali, trasformisti e papponi, cialtroni e farabutti, angeli e demoni, mercenari e valvassori. All’alba avrei bussato volentieri alla porta di Giorgio Gaber per inzuppare una brioche calda nel suo cappuccino – alla maniera provocatoria di Nanni Loy – e canticchiare assieme a quel milanese intelligente parole sagge: “E pensare che c’era il pensiero che riempiva anche nostro malgrado le teste un po’ vuote”.
E come se improvvisamente Milano fosse tornata a pensare, come se il lato umano assopito sotto la corteccia della capitale economica avesse preso il sopravvento, come se il cantico di Roberto Vecchioni in piazza Duomo sabato scorso fosse stato profezia musicale di una strada complicata da percorrere. Ora che i palazzi e gli imperi della metropoli sono costretti a far silenzio, questa Milano non può tacere più di fronte ad una multi etnicità culturale e sociale che la rende sempre più “meticcia”, nel viso e nell’anima.
Riguardando i manifesti sparsi in città con il volto di donna Letizia, ho rivisto il ghigno ingessato della Thatcher, la Lady di ferro anglosassone che un dì ha temuto di essere sbaragliata da qualche ragazzotto sbarbatello laburista della porta accanto. Certo, questo Pisapia sbarbatello non è, ma ha quell’aria scanzonata che al primo impatto lo rende poco padano.
Un boomerang, un uragano? Può darsi. E anche se si fermasse al ballottaggio, l’aspirante sindaco anti-Berluscones ha fatto tremare la terra sotto i nostri piedi. Per una volta una minoranza allargata ha gridato: Milano un pensiero ce l’ha e non è figlio del dio denaro.

Santoro il Re-Rai per una notte nell’Italia della censura

Meno male che è finita la campagna elettorale e da stasera in tv tutto torna alla normalità. Ahimè, dobbiamo rivedere Bruno Vespa e il suo salottino per commentare i risultati elettorali, ma facciamocene una ragione. Del resto l’Italia è tornata a censurare come negli anni cinquanta del secolo scorso, sotto il regime democristiano, dove se non eri allineato erano davvero “cacchi” amari. Michele Santoro ha alzato il polverone dopo la contestata decisione di oscurare i talk show nel periodo della campagna elettorale. La Rai accetta le regole, ma Santoro e pochi altri non ci stanno. Così è spuntato l’evento mediatico anti-censura. Raiperunanotte, in poche parole Annozero show dal Paladozza di Bologna, ha fatto boom di ascolti, tra web, emittenti locali e Sky Tg 24. Michele Santoro buca lo schermo, mentre i duetti tappabuchi da palinsesto non funzionano – Dalla & De Gregori revival – perchè non è vero che la jeunesse italiana è disinteressata alla politica e al futuro del Paese. L’uragano Santoro-Luttazzi ha avuto il suo effetto, mentre i risultati elettorali potrebbero essere scapigliati da un voto di protesta. Quello che molti giovani e i blogger di frontiera potrebbero dare a Beppe Grillo, un’altra vittima della censura. Esiste o no ancora il diritto di manifestare in Italia? Mi pare di no: la settimana scorsa dinanzi al Vaticano, la polizia ha bloccato la protesta dell’Associazione delle vittime americane dei preti pedofili. Pardon, dimenticavo che quello è “un altro Stato”!

Noemi Letizia, nuova “velina” del reality del Belpaese

noemi-letizia150Fino a qualche mese fa quando si digitava il nome “Noemi” su Google, veniva fuori la vincitrice morale di X Factor: Veronica Scopelliti in arte Noemi. Certo che se la brava vocalist del talent show di Raidue avesse saputo cosa sarebbe accaduto da lì a poco, forse avrebbe optato per un altro nome d’arte. Il nome di Noemi è finito sulla bocca di mezza Italia, ma riferendosi a Noemi Letizia, la pupilla di Silvio Berlusconi che ha scatenato un vera e propria bufera. Se ne sono dette di tutti i colori in rete e la pagina di Facebook “Berlusconi rispondi!” ha già superato i 65.000 iscritti : è figlia naturale del Premier o è un’altra delle solite infatuazioni, colpevoli di aver messo fine al matrimonio con Lady Veronica? Inoltre, pare che l’ex ragazzo di Noemi abbia rivelato notizie scottanti al quotidiano La Repubblica, che hanno fatto inviperire la famiglia.  Mentre l’Italia continua a star dietro a questo gossip gigante, io mi chiedo: perché sprecare pagine intere di giornali con foto ed interviste dedicate a Noemi Letizia? Per vendere qualche copia in più o far finta che sia tutto un complotto per spodestare re Silvio dal suo trono? E poi fanno bene a prenderci per culo all’estero, perché in procinto di nuove elezioni politiche il Belpaese si distrare volentieri sulla gobba dell’inciucio!