Zanzibar, anche i conigli vanno in Paradiso!

Nove anni fa mio padre si prese una bella fregatura: gli dissero che quel leporide era nano, invece lui è cresciuto a dimensione normale. Mia sorella sognava un cane e papà  le portò un coniglio. Io gli diedi soltanto il nome, Zanzibar, perché ai tempi volevo fuggire lontano, lì in quell’arcipelago dell’Oceano Indiano. Pure mia madre, che non voleva avere animaletti tra i piedi, si rassegnò e si affezionò a lui. La sua padroncina andò via di casa qualche anno dopo e quel batuffolo con gli occhi azzurri restò a casa nostra. Una bella consolazione per i miei. Avevano perso in un colpo due figli – c’eravamo appena trasferiti a Milano- ma in compenso avevano qualcuno da allevare. Lo ammetto, io sono colui che non si concede facilmente agli animali, ma quel dì che portai Zanzibar dal veterinario per il controllo annuale, mi convinsi di una cosa. I conigli non sono stupidi e sciocchi e possono essere addomesticati. Tutte le volte che tornavo a casa dopo mesi di assenza, Zanzibar era lì che mi aspettava, mi osservava, mentre io lo rimproveravo: “Lasciami perdere, con me non attacchi”. Nel suo atteggiamento di fedeltà, assomigliava più ad un cane che a un leporide. Per un destino beffardo, ho trascorso con lui l’ultima notte senza saperlo. La mattina mi sono svegliato all’alba per ripartire, senza accorgermi che quel coniglio non era più chiassoso perchè era malato. Zanzibar aveva un sogno: assomigliare ad un cagnolino per rendere felice mia sorella. C’è riuscito, ma con la sua fierezza ha abbattuto il clichè del “coniglio fifone”, evitando quella dolorosa puntura che mette fine a tutto. E’ andato da solo incontro al suo destino, quello che spetta ad ogni essere umano.Gli animali non hanno un’anima? Zanzibar mi ha insegnato il contrario, adesso che girando per Milano, lo sento che mi sta dietro passo dopo passo. Nei suoi nove anni di vita c’è qualcosa di ciò che sono stato. Perciò avrei dovuto dargli più carezze, per traghettare il prima possibile la mia anima dalle delusioni dell’età adulta alla beatitudine dell’infanzia.