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Sterminio in Siria: Abbiamo bisogno ancora dell’ONU?

Mi manca Lucio Dalla perché scriveva canzoni intelligenti. Quando uscì “Ciao”, pochi si accorsero che dietro quel motivetto c’era l’indifferenza verso un genocidio. E noi “la spiaggia di Riccione, milioni di persone, le pance sotto il sole, il gelato e l’ombrellone” ci abbronzavamo i coglioni senza vedere lo sterminio al di là della cortina di ferro del mar Adriatico.

La distanza geografica che ci separa dalla Siria non giustifica la miopia internazionale, inclusa quella italiana, nonostante il Belpaese sia crocifisso. C’è voluto qualche picco social per farci soffermare sulla strage di Hula, che poco più di una settimana fa ha portato sotto il nostro naso gli orrori del regime di Assad. Uno sterminio senza pietà di civili, intere famiglie, e soprattutto bambini. La filastrocca gira ancora allo stesso modo: indignazione generale, interventi repentini, l’oscuramento delle informazioni e poi torna il silenzio.

Non vorrei rompere le uova nel paniere: l’Onu che cosa ci sta a fare? Non è da statuto un’Organizzazione intergovernativa, portabandiera della fine di violenze e focolai guerrafondai sul nostro pianeta?
In passato sono stati chiusi troppi occhi, senza calcolare i genocidi che potevano essere evitati. Forse è arrivato il momento di mettere in discussione il ruolo delle Nazioni Unite, tenendo conto che non siamo tra le pagine di un fumetto. Gli eroi della Marvel possono solo stare a guardare.

Cartolina da Mostar

Il ponte di Mostar

Rosario PipoloCi sono posti che fai di passaggio, ma non è detto tu non abbia il tempo di scrivere una cartolina. Il percorso per andare a Mostar, nella profondità della Bosnia-erzegovina, è degno di essere filmato. Dopo una bell’alzata mattutina per prendere il primo autobus, neanche il sonno o gli sbadigli riescono a tenere a freno lo sguardo che si perde accostandosi al fiume Narenta. Avete presente il ponte in primo piano sulla copertina della guida Lonely Planet “Balcani occidentali”? Ebbene quello è il famoso ponte di Mostar, distrutto purtroppo durante la guerra in Bosnia e ricostruito per la gioia dei turisti! E’ difficile pensare che quella deliziosa città sia stata assediata per 9 mesi. I segni della guerra ci sono, ma si nascondono quatti quatti dietro la Stari Grad, la città vecchia, presa d’assalto dai viaggiatori di passaggio. C’è chi si ostina a fotografare il ponte da ogni angolo, c’è chi perde tempo a cercare un souvenir da portarsi a casa, senza spingersi oltre, nelle strade poco turistiche dove la vita normale ha voglia di raccontare altro.  Cosa c’è da aspettarsi da una città di passaggio? Che si svesta all’improvviso e ti faccia vedere le cicatrici. Mentre scrivo questo post, Lucio Dalla canta Ciao nel soggiorno di casa mia: “La spiaggia di Riccione, milioni di persone le pance sotto il sole, il gelato e l’ombrellone abbronzati un coglione, non l’hai capito ancora che siamo stati sempre in guerra anche il 15 a Viserba in guerra con noi stessi, tra video e giornali e noi sempre più lessi a farci abbindolare con la nostra indifferenza (…) Una canzone mentre la stai cantando di là qualcuno muore qualcun altro sta nascendo, è il gioco della vita la dobbiamo preparare che non ci sfugga dalle dita come la sabbia in riva al mare”.