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Nonno, il dolore che spezza i vent’anni

La condivisione del dolore unisce, stritola le distanze, riporta a galla la parte bella di noi. Quando quel dolore spezzò i miei vent’anni, lei girovagava ancora nel passeggino. Appena ho saputo che lo stesso dolore aveva spezzato i suoi, l’ho telefonata. Era all’università, è uscita dall’aula. Si trovava ad Ingegneria, a Fuorigrotta, negli stessi luoghi che mi appartenevano. Il dolore ha una propria geografia dei posti, che amplifica il ricordo delle persone che se ne sono andate per sempre. E i nostri sono esattamente gli stessi, lì nei Campi Flegrei, tra l’ospedale San Paolo e via Docleziano, tra Cavalleggeri d’Aosta e Bagnoli. Man mano che condividevamo certe sensazioni amare del distacco, della perdita, ritrovavamo le nostre domeniche speciali lì, che ci strappavano alla periferia per catapultarci nell’anonimato della città, dove ogni istante condiviso con loro aggiungeva un tassello alla nostra esistenza. Avrei voluto accompagnarla da sua nonna, il cui volto mi avrebbe ricordato quello della mia, in una buia notte d’autunno in cui le dissero che l’uomo amato per una vita intera se n’era andato. Avrei voluto accompagnarla per tornare ad essere nipote per un istante e nascondermi tra i capelli imbiancati di quest’anziana signora.
Riguardando lo scatto fotografico fatto assieme ad Annalisa, è come se questo identico dolore la avesse trasformata improvvisamente da ragazzina in una donna, l’unica con cui ho potuto condividere fino in fondo l’intensità di questo dolore. E adesso voglio prendere Annalisa per mano e camminare a lungo, fino a stancarci, lungo la spiaggia di Coroglio, con lo sguardo rivolto verso Nisida. Scomparirà l’odore di catrame del fantasma dell’Italsider di Bagnoli; la sabbia tornerà ad essere viva come quella sotto gli ombrelloni del Lido Pola negli anni ’60; le palme della Domenica Santa torneranno a benedire le famiglie come facevano loro; l’amaro del cioccolato fondente delle uova pasquali si scioglierà nella dolcezza di nonno Antonio e nonno Pasquale, che si sono conosciuti lassù e sono diventati inseparabili come due vecchi amici. Remeranno su una barchetta in mezzo al mare della loro Napoli, verranno verso me e Annalisa per sussurrarci che l’amore intenso procura dolore, ma anche la consapevolezza che i rapporti speciali si tuffano nell’eternità, per farci tornare ad essere autentici. E il mio sorriso e quello di Annalisa in questa foto è lo stesso che oggi hanno Antonio e Pasquale, i nostri nonni, che il mare ci restituirà tutte le volte che lo guarderemo.

Helsinki e una vecchia foto del mio amico Pasquale Mautone

nonno1501Cosa hanno in comune Helsinki e Napoli? Praticamente niente, a parte il mare. Adesso queste due città così diverse si spartiranno una foto antica in bianco e nero: è quella di Pasquale Mautone, un mio vecchio e caro amico. L’ultima volta l’ho visto l’8 novembre 1992. Ci siamo salutati con un tenero abbraccio e la mattina dopo mi hanno avvisato che se ne era andato per sempre. Da allora porto con me quella foto. Nel mio 2008 ricco di viaggi, io come un pellegrino in Europa l’ho ritrovata nel taschino della giacca. A Helsinki fa freddo. In questa grigia domenica mattina finlandese mi sono fermato dinanzi al mare. E’ stato Pasquale a presentarmi il mare tantissimi anni fa, a Coroglio nel Golfo di Napoli, guardando l’isoletta di Nisida. E sono tornato davanti al mare, quello freddo del Nord, per ricordare la nostra amicizia: spontanea, sincera e ricca di complicità come quella del vecchio pescatore Santiago e il ragazzino Manolin, i due protagonisti di Il vecchio e il mare di Hemingway. Ho messo questa fotografia su una piccola barchetta, lasciandola galleggiare alla deriva, per iniziare quel viaggio mai fatto, ma che io e Pasquale Mautone abbiamo sognato per una vita intera. Caro Pasquale, oggi sono sedici anni che sei partito e per me non è cambiato assolutamente niente. Caro amico mio, in questa domenica ad Helsinki continuo a cercarti tra gli odori, le vie e il brusio della capitale finlandese perché aveva ragione Freddy Mercuri a cantare: “Gli amici saranno amici fino al fine”. Anzi, caro Nonno, adesso che mi ritrovo qualche capello bianco, mi convinco sempre di più che l’intensità del dolore giace negli abissi del cuore e dell’anima. Per fortuna c’è la memoria, la cui luce fa brillare il faro della speranza di ritrovarsi con un filo di voce e un sussulto del cuore. Mi manchi.