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Lettera aperta a un bambino dei Nati Per Leggere

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rosario_pipolo_blog_2Sono tornato per guardarti diritto negli occhi nello stesso fazzoletto di terra in cui germogliò la mia infanzia. Sono tornato perché se i piedi non affondano nella terra della memoria, si sbiadiscono i dettagli, scemano i particolari.

Tu sei prima di tutto uno dei Nati Per Leggere perché per fare il mondo ci vuole un libro, per fare un libro ci vuole la vita di chi lo ha scritto, per fare la vita ci vogliono pagine di carta stese al sole come il bucato che profuma d’inchiostro.

Tu sei prima di tutto una storia, una storia di carta, fin dal tempo in cui eri nel grembo di tua mamma, fin dai tempi in cui la mano di Dio ne scrisse una fatta su misura per te, attraverso quel rintocco riconoscibile soltanto sotto le sembianze di un atto d’amore.

Tu sei prima di tutto il coraggio di liberarti dalle ossessioni tecnologiche di noi adulti che abbiamo spodestato l’immaginazione per rinchiuderci nelle celle di schermi piatti. Tu sei prima di tutto la generosità di questi volontari, oggi cantastorie per accompagnarti in un viaggio che ci rende tutti sostanza della nostra comune esistenza.

Tu sei prima di tutto ciò che non sono stati i bambini della mia generazione a cui non raccontarono che il mondo dell’infanzia senza gli educatori è come una fiaba senza incantesimi e fate dorate.
L’ho capito da grande quando mi sono innamorato di un’educatrice che, in una notte di Natale, mi fece papà per un giorno portando tra noi due un fratellino e una sorellina di una casa famiglia, specchio riflesso sui passi del nostro amore e dei genitori che saremmo diventati.

Io e te abbiamo in comune lo stesso fazzoletto della terra allevatrice ed ora che vedo tua mamma, testarda volontaria, strizzare lo straccio per pulire questo spazio-lettura che nessuno mai ti scipperà, sono convinto che tu non indosserai nessuna maschera a Carnevale.
Punta verso il cielo il tuo libro-scudo che ti ha fatto crescere nell’alveare di Nati Per Leggere senza fare come noi bimbi di allora, costretti a travestirci da Zorro per affrontare i bulli con le pistole giocattolo, figli dei lacchè della malavita.

Troverai questa lettera all’alba e io sarò di nuovo in viaggio, perché la mia condanna è avere sempre la valigia pronta. Tornerò, sì tornerò per riprendermi ciò che mi è stato rubato e ad indicarmi la strada sarai tu, sarete voi Nati Per Leggere, germogli del futuro dell’infanzia in soccorso a noi adulti per scontornare e ridisegnare sogni di carta taciuti.

“La fiaba racconto di vita” in una sera d’estate

Rosario PipoloIl debutto del mese di luglio mi riporta alle sere d’estate in villeggiatura con la mia famiglia. L’infanzia ha un timbro per ciascuno di noi. La mia porta quello delle fiabe che nonna Lucia filava per me.
Erano custodite nel tempo della tradizione orale, tramandate da genitori a figli. Ce n’era una che proveniva da Lo cunto de li conti di Basile, meraviglioso scrigno di fiabe in napoletano del XVII secolo, che nonna Lucia aveva scoperchiato per me.

Le fiabe non sono abitate soltanto da lupi cattivi, bambine incappucciate, principesse scalze o streghe imbruttite dall’avidità. Nell’eBook La fiaba racconto di vita di Anna Riva ed Eugenia Russo (InKnot Edizioni) le nostre storie quotidiane legano i granelli di questa collana fiabesca, quasi a voler dire che, nonostante le brutture e i tiri mancini della vita, il vivere in comunione con chi ci sta davvero a cuore può ispirare una fiaba.

Mentre l’ingordigia e il narcisismo affondati nei social network riducono il racconto della vita privata a pattumiera di volgarità, questo eBook ci indica una scorciatoia per isolarci dal chiasso furibondo del nostro tempo: Torniamo a leggere in queste sere d’estate fiabe ispirate alla vita di tutti i giorni, quelle che, pur non avendo sempre il lieto fine, posseggono le virtù autenticate dalla nostra esistenza.

Vivere non è né noia né routine. Vivere non è né abitudine né ripiego.  Vivere è consistenza e la consistenza è fatta del tentativo di impegnarsi a sfidare il destino, facendo sì che la fiaba racconti la vita.
Perciò mi piace pensare che Anna Riva ed Eugenia Russo abbiano trasformato anche me in uno dei personaggi di questi racconti delicati: Il delfino affronta il mare della verità e della libertà illuminato da una stella in cielo.

Mare e cielo non si incontreranno mai così come il delfino e la stella. Resta la linea dell’orizzonte come unico punto di contatto e testimonianza del tentativo di sfidare il destino.
Il debutto del mese di luglio mi riporta alle sere d’estate in villeggiatura con la mia famiglia. L’infanzia ha un timbro per ciascuno di noi. La mia porta quello delle fiabe dondolanti tra quelle di nonna Lucia e quelle di oggi in cui il vivere si mescola a La fiaba racconto di vita.

Diario d’estate: In spiaggia con “I Promessi Sposi”, ma non ditelo a Umberto Bossi!

Mi ha fatto un effetto strano cogliere in flagrante un ragazzino in spiaggia in compagnia della sua lettura estiva: I Promessi Sposi. Certo che Renzo e Lucia non sono proprio da mare e per questo mi è venuto il dubbio: Chi ha messo in castigo il giovane lettore sulla battigia dell’Adriatico? Certamente non Umberto Bossi, che di recente se l’è presa con Alessandro Manzoni per aver scritto il suo capolavoro “in italiano” e per essersi “venduto al Re d’Italia”.

Si sa che nella Lega non vanno mai d’amore e d’accordo. Mentre il Senatùr sbraita contro i Promessi Sposi, c’è da dire che c’erano pure tanti leghisti tra gli oltre 20 mila accorsi allo stadio di Lecco alla fine dello scorso giugno, per applaudire la versione teatrale di Michele Guardì.
Sarà che il Senatùr non ha colto la tagliente ironia manzoniana – l’ha tirata fuori il trio Marchesini-Solenghi-Lopez nell’irripetibile parodia televisiva – sarà che basta un pizzico di goffaggine e sfrontatezza in Padania per dimenticare che i veri “venduti” sono proprio le vecchie guardie che si infuriavano contro Roma ladrona.

Tornando ai Promessi Sposi, bisognerebbe capire se i leghisti stanno dalla parte di Alessandro Manzoni o Umberto Bossi. Nelle lande verdeggianti tra Como e Lecco, un dì possedimenti feudatari degli acerrimi leghisti, pian piano tira tutt’altro vento. E forse gli stessi contadini comaschi e lecchesi – loro che bestemmiavano contro i terrùn – hanno recuperato il loro rapporto con il lago attraverso lo stralcio poetico dell’Addio ai monti manzoniano. Del resto la cialtroneria al megafono ha contribuito alla fine dei tempi d’oro della Lega. Le prossime generazioni ricorderanno la penna leale di Alessandro Manzoni e dimenticheranno in fretta i cortigiani cafoni della vecchia Padania.

Le favole di Aurora

Sono già alcuni anni che piagnucoliamo: i bambini italiani sono svogliati nella lettura e la colpa ricade su i genitori, che non danno il buon esempio. Del resto in un Paese che corre come una trottola, troviamo ancora il tempo per leggere una bella favola ai nostri figli e lasciare in eredità la magia di un bel libro? Succede, ma sempre più di rado. Mio padre se le inventava – ed era una frana – ma almeno ci provava. Noto che la maggior parte dei bambini preferisce farsi dare la buona notte dall’ultimo eroe di turno della Playstation o dai frenetici cartoon, che impazzano in tv a tutte le ore. La mia generazione l’ha scampata bella: circolavano le prime audiocassette con quella voce preregistrata che spodestava papà o mamma  dal trono di narratore. Se siamo noi adulti i primi a non credere più nelle fiabe, come pretendiamo che lo facciano i nostri bimbi? Pochi giorni fa è accaduto il contrario. La piccola Aurora, figlia di due cari amici, non mi lasciava andare via la sera, se non mi raccontava una favola. Questa esuberante bimba di 6 anni mi deliziava con i suoi racconti, e così persino una cult story come quella di Cenerentola diventava una piacevole rivisitazione tra fantasticherie e caos mediatico. Io la ascoltavo con attenzione e lei mi premiava trasformandomi in un personaggio. Il principe azzurro? No, guardandomi diritto negli occhi replicava: “Tu somigli a Paolo Bonolopis”. Aurora mi ha fatto riflettere: dovremmo farlo tutti più spesso, trovare il tempo per ascoltare i nostri figli perchè sono diventati più bravi di noi a raccontare le fiabe! Quando rincaso la sera, mi manca Aurora e quella sua ingenua spavalderia che sguizza tra fantasia e realtà. Io mi consolo, guardandomi allo specchio: se non sono il brutto rospo o il principe azzurro, chi mi ha trasformato in Paolo Bonolopis? C’è di mezzo lo zampino di Aurora, perchè il suo sorriso sornione è più potente di qualsiasi bacchetta magica.