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Cavani, messo di San Gennaro: “Are You Italian? No, Napulitan”

E chi può dirlo. La vittoria del Napoli contro il Milan a poche ore dalla festa del santo Patrono potrebbe essere un segno premonitore. E se questo Cavani ce lo avesse mandato San Gennaro? Nel centro storico di Napoli, a San Gregorio Armeno, pare che gli artigiani si stiano già dando da fare per metterlo al posto del “bambinello” sul prossimo Presepe. Un gesto tra il sacro e il profano, che però possono permettersi soltanto le città del Sud del mondo – da Napoli a Buenos Aires, da Rio De Jainero a Caracas – dove il calcio testimonia il riscatto sociale di un’intera comunità.

La violenza allo stadio allontana; il campanilismo leghista o borbonico è una becera caduta di stile; il furor di popolo colorato, tipico dei partenopei, unisce in qualsiasi parte del pianeta uno si trovi. Domenica sera ero imbottigliato in autostrada e seguivo la partita alla radio. Mi è tornata in mente la domenica pomeriggio a casa di mio nonno. Ad ogni goal tremava tutto lo stabile, nonostante lo stadio San Paolo si trovasse a diversi chilometri in linea d’aria. Non è una frottola quella che ha registrato l’Osservatorio sismico del Vesuvio: pare che, subito dopo il goal della squadra di Mazzarri a Manchster, la terra partenopea abbia tremato.

Le città del Sud del mondo si ritrovano sempre unite intorno ad un pallone. Perciò lo striscione dei tifosi del Napoli Calcio Fans Club London – su Facebook raccolgono quasi 2500 fan – la dice lunga. “Are You italian? No, Napulitan”.  In tanti hanno il rimorso di non essere figli di questa città, piena di contraddizioni, ma pronta a togliersi il fango dalla schiena con dignità. E forse in questo Cavani è messo di San Gennaro, per qualsiasi napoletano, soprattutto per coloro che hanno il rimpianto amaro di averla rinnegata.

  Calcio Napoli Fan Club London

Cavani e San Gennaro, insieme sul presepe

 Napoli Mania

 

Napoli, Champions League e Luigi De Magistris sindaco?

Il Napoli finisce in Champions League dopo 21 anni, ma sappiamo bene che ogni partenopeo che si rispetti una buona parola con San Gennaro ce l’aveva messa, per toccare il cielo con un dito: lo scudetto. Sarebbe stato un bel riscatto per la città, che sta vivendo un processo di transizione  e tenta di uscire a testa alta dal tunnel tragico dell’epoca bassoliniana. Il ventennio del Vicerè ha avuto i suoi alti e bassi, ma sotto a chi tocca per la restaurazione?
Profezie smentite per il candidato a Sindaco del capoluogo campano, perché tra i due litiganti il terzo gode. Giovanni Lettieri, convinto di avere già in mano le chiavi di Palazzo San Giacomo, dovrà vedersela al ballottaggio con Luigi De Magistris. Mentre i napoletani sono avviliti per l’emergenza rifiuti, si cerca di capire dove convergeranno i voti. Al di là dei colpi di scena e dei trucchi che la politica ci riserva, c’è da dire che questo De Magistris non ha per niente l’aria austera di un Pubblico Ministero. Anzi, sembra il nostro dirimpettaio, che alla maniera di Eduardo in “Questi Fantasmi”, si affaccia dal balcone, si intrattiene a parlare con noi e magari ci offre pure una tazzina del suo caffè.
Incrociando i due duellanti nell’ultima puntata di Ballarò, mi è venuto in mente l’esordio della “teledemocrazia politica”: quella sera del 1960 in cui Kennedy e Nixon si giocarono la campagna elettorale presidenziale davanti alle telecamere. Nonostante il salotto sopra le righe di Floris non abbia niente a che fare con quelli teatrali della tv americana, ha offerto a Lettieri e De Magistris una striscia che ci autorizza ad azzardare un paragone: ieri la goccia di sudore e il ghigno di Nixon che contribuì alla sua sconfitta; oggi la parte destra ingessata del viso di Lettieri e uno sguardo intimorito. Insomma, De Magistris ha bucato il piccolo schermo con quella sua parlata spicciola. E se avesse convinto anche San Gennaro, che secondo i profani è un assiduo spettatore di Ballarò
“Le vie del Signore sono finite” ci ricorda Massimo Troisi e il santo patrono ci ha abituati ai miracoli dell’ultimo minuto:  gli azzurri di De Laurentiis sul podio della Champions League e il candidato dell’Italia dei Valori sul trono di Palazzo San Giacomo.

Cartolina da Medjugorje

La collina delle apparizioni

Rosario PipoloGli italiani sono molto graditi a Medjugorje perchè fanno fare affari d’oro ai bosniaci e croati. Celebre dal 1981 per le regolari apparizioni della Vergine Maria a sei persone del posto, la piccola località della Bosnia-Erzegovina è diventata un enclave dell’Euro. Provate a tirar fuori dal portafoglio la valuta locale e farete indispettire gli esercenti. La furbata è stata studiata: i prezzi sono stati adeguati a quelli nostri e vecchie catapecchie si sono trasformate in “pansion” per accogliere pellegrini e curiosi che vanno lì sperando di vedere il prodigio. E tra i cattolici c’è chi preferisce  Medjugorje perchè qui “le manifestazioni” riguardano il nostro tempo, come se poi Fatima o Lourdes fossero posti da libri di storia! Non mi pare che quando ci sia di mezzo “la fede” sia regolare fare differenza tra i luoghi. Opportunismo spirituale o cosa? Il business è ovunque, persino all’ufficio postale dove è disponibile il francobollo con l’immagine della Madonna. Per fortuna, incamminandosi sulla collina delle apparizioni tra pietre spigolose e sassi taglienti, si ferma la volgarità che mortifica la fede e il culto. “Arrivi fino in cima. Ne vale la pena. Non si faccia ostacolare da questo sole cocente”, mi ammonisce una signora croata che spiffera qualche parola d’italiano. In cima a quella collina è tutto diverso, ma non c’è il prodigio visionario a cui tutti vorremmo assistere. C’è una pace e una tranquillità che mettono quiete nel nostro spirito. E così che il viaggio a Medjugorje trova la sua motivazione affinchè quella “Bianca Signora” non diventi folclore e il sacrosanto rispetto per la fede altrui si riduca ad altarini illuminati.