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Huffington Post Italia: Arianna e Lucia come Thelma e Louise?

Alla signora nella foto ho chiesto prima dello scatto: “In America chi la spunterà, Obama o Romney?”. Mi ha sorriso come per dire “segua l’Huffington Post”. Arianna Huffington, che si è già rintanata nella storia dei new media per aver creato sette anni fa il più popolare sito all news d’olteoceano, è una donna di spirito che sa come intrattenere una platea.
Certo che qui non eravamo né ad una Convention Democratica né Repubblicana – grazie a Dio abbiamo scampato le pièce teatrali di Bill Clinton e Clint Eastwood – ma alla presentazione dell’edizione italiana di Huffington Post.

Arianna ha lanciato una battuta spiritosa che sembra radiografare alla perfezione il Belpaese, di cui l’edizione italiana diretta da Lucia Annunziata dovrebbe raccontare le gesta: “Il matrimonio dura una volta, il divorzio sempre”. E tutto sommato in Italia siamo un Belpaese di “divorziati”, perché le memorie storiche sballottano da una sponda all’altra della barricata.
Avremmo immaginato mai una joint venture con al timone due donne così diverse tra loro? L’antiamericana Lucia dalle pagine del Manifesto di Pintor nel bel mezzo degli anni Settanta e la greca Arianna, adottata da New York nel 1980, con i suoi flirt liberal e repubblicani.

I tempi cambiano e il business dell’informazione fa ritrovare il “bel tempo delle diversità”. Sì perché fare informazione non è solo una missione, spartita nell’epoca social tra giornalisti, blogger e utenti, ma anche un giro d’affari. Ce lo ricorda la Manzoni Adversiting che gestisce gli spazi pubblicitari per il Gruppo l’Espresso, di cui l’HuffPost italiano è figlio adottivo: senza i soldi degli introiti pubblicitari non si cantano messe.

La partenza è incoraggiante sia dal punto di vista dei numeri (300 mila accessi nel primo giorno) sia in termini di baruffe chiozzotte all’italiana: Monti fa l’offeso perchè l’intervista a Berlusconi, spiattellata nel primo giorno di vita di HuffPost Italia, ha rotto le uova nel paniere nel rapporto delicato con la permalosa cancelliera Merkel. Lucia (Annunziata) e Arianna (Huffington) sono confidenti nel progetto italiano. E se fossero loro le nuove Thelma & Louise?

Festa di compleanno: pago io o il festeggiato? Paghiamo noi, punto.

Una quindicina di anni fa il mio caro amico Armando, persona pacata e a modo, fu travolto da una crisi di nervi: prese a calci la ruota di un’auto parcheggiata nel centro di Napoli. Motivo? Lo avevano invitato ad una cena di compleanno e davanti al conto gli chiesero di pagare la sua parte. Il povero Armando non sapeva di questa nuova usanza e rimase come un pesce lesso. Anzi, si beccò pure il rimprovero: “Guarda che in Padania si usa così. Prendiamo il buon esempio”.

Oggi è nella norma. Sbuca l’invito per il compleanno e sei pronto a tirar fuori la doppia quota: regalo e festa, con l’augurio che il festeggiato porti almeno torta e spumante. Ci piaccia o no, anche il giorno del nostro compleanno è diventato un business. E qui la riflessione non nasce sul taglio da 10 euro per un aperitivo in compagnia, ma per quelli che oscillano tra i 25 e 50 euro. Facebook ha reso tutto più easy per gli organizzatori: ti trovi l’invito di sconosciuti che organizzano la festicciola a sorpresa dell’amico in comune. Ed io chiedo: “Come pago con carta prepagata o con PayPal? Verso direttamente sul conto del festeggiato?”.

Che “fessi” noi terroni: ci sbattevamo per organizzare un party dignitoso a nostre spese. E poi ci sono modi e modi. No Money, no Party. Restringiamo gli inviti o improvvisiamo qualcosa a casa. Dopo la bustarella al matrimonio, questa è un’altra tendenza fastidiosa. Mi sa che dopo questo appunto rischio di brutto: nessuno mi inviterà più alla festa di compleanno.

Pazienza, vuol dire che me ne rimane una sola, quella a cui parteciperò nel 2012 nel mio Sud. La mamma della festeggiata, a cui sono particolarmente legato, mi ha confessato l’estate scorsa: “Abbiamo rivisto il budget familiare. L’anno prossimo ci teniamo a farle la festa, senza seguire le regole dell’apparire, ma quelle che ci permettono di condividere questo giorno speciale con chi veramente ci appartiene”. E forse dovremmo sforzarsi di restituire al giorno della nostra nascita il valore che merita e non sprecarlo con il primo che capita.

  Matrimonio alla napoletana: o la busta o non mi sposo!

Dov’è finita la Giannitrapani? Una certa Nathalie…

Qualche ora prima aveva bucato lo schermo dal palco di X Factor. Dopo l’incoronazione, è scomparsa. Dov’è finita la Giannitrapani? Chi? Quella ragazza minuta di Roma, deliziosamente timida che, appena si siede al piano e ti canta “In punta di piedi”, ti incanta ovunque si trovi. E adesso pure su iTunes è riuscita a fare il botto. Niente personaggi joker alla maniera di Nevruz, niente melodici – belle voci badiamo bene – alla maniera di Davide, ma solo Giannitrapani.
A pochi metri dagli Est End Studios di via Mecenate a Milano, c’era un capannone trasformato per l’occasione in un locale temporary. Festa modaiola? Per niente. Un via vai di persone, addetti ai lavori e non, per festeggiare in bellezza il successo X Factor. Peccato che la Rai la pensi diversamente: poco share nell’ultima puntata e tagliamo pure l’unico ponte che lega i giovani alla musica in tv.
Sono al bar in compagnia del mio Campari e chi mi trovo a fianco? La Giannitrapani che sorseggia un drink. E’ lì sorridente, come se non le fosse accaduto niente, come se su quel contratto discografico dal valore di 300 mila euro non ci fosse il suo nome. Io come al solito sono sfacciato: “Lo sai che ci hai fatto trepidare? Altro che festa stasera, se il televoto ci avesse giocato un brutto scherzo! Nella vita non si finisce mai di lottare. Adesso ci sono i discografici…”. E’ una riflessione, mica un modo come un altro per attaccare bottone con la Giannitrapani! Poco professionale. E poi è fidanzata, lo sanno tutti. Finiamola con queste stupide insinuazioni. Lei mi sorride e facciamo un brindisi sul mio bisbiglio: “Hai tirato fuori gli artigli per cantare il tuo inedito, adesso fallo per riempire il tuo primo disco”.
Poi si mischia tra gli amici e io torno a girovagare. Mannaggia, che figuraccia! Da quando ho iniziato a scrivere questo stralcio di diario da nottambulo, neanche una volta l’ho chiamata per nome: semplicemente Nathalie.