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Napoli, Champions League e Luigi De Magistris sindaco?

Il Napoli finisce in Champions League dopo 21 anni, ma sappiamo bene che ogni partenopeo che si rispetti una buona parola con San Gennaro ce l’aveva messa, per toccare il cielo con un dito: lo scudetto. Sarebbe stato un bel riscatto per la città, che sta vivendo un processo di transizione  e tenta di uscire a testa alta dal tunnel tragico dell’epoca bassoliniana. Il ventennio del Vicerè ha avuto i suoi alti e bassi, ma sotto a chi tocca per la restaurazione?
Profezie smentite per il candidato a Sindaco del capoluogo campano, perché tra i due litiganti il terzo gode. Giovanni Lettieri, convinto di avere già in mano le chiavi di Palazzo San Giacomo, dovrà vedersela al ballottaggio con Luigi De Magistris. Mentre i napoletani sono avviliti per l’emergenza rifiuti, si cerca di capire dove convergeranno i voti. Al di là dei colpi di scena e dei trucchi che la politica ci riserva, c’è da dire che questo De Magistris non ha per niente l’aria austera di un Pubblico Ministero. Anzi, sembra il nostro dirimpettaio, che alla maniera di Eduardo in “Questi Fantasmi”, si affaccia dal balcone, si intrattiene a parlare con noi e magari ci offre pure una tazzina del suo caffè.
Incrociando i due duellanti nell’ultima puntata di Ballarò, mi è venuto in mente l’esordio della “teledemocrazia politica”: quella sera del 1960 in cui Kennedy e Nixon si giocarono la campagna elettorale presidenziale davanti alle telecamere. Nonostante il salotto sopra le righe di Floris non abbia niente a che fare con quelli teatrali della tv americana, ha offerto a Lettieri e De Magistris una striscia che ci autorizza ad azzardare un paragone: ieri la goccia di sudore e il ghigno di Nixon che contribuì alla sua sconfitta; oggi la parte destra ingessata del viso di Lettieri e uno sguardo intimorito. Insomma, De Magistris ha bucato il piccolo schermo con quella sua parlata spicciola. E se avesse convinto anche San Gennaro, che secondo i profani è un assiduo spettatore di Ballarò
“Le vie del Signore sono finite” ci ricorda Massimo Troisi e il santo patrono ci ha abituati ai miracoli dell’ultimo minuto:  gli azzurri di De Laurentiis sul podio della Champions League e il candidato dell’Italia dei Valori sul trono di Palazzo San Giacomo.

Elezioni, il popolo ha fame dategli le brioches

La grande disfatta. Sì, proprio così perchè in uno stato di ordinaria confusione non si capisce chi siano i vinti o i vincitori. I numeri parlano a favore del PDL , ma non penso che queste elezioni siano davvero un test per capire quale sia il giudizio degli italiani nei confronti del Governo. In Francia l’avanzata dei Socialisti sta facendo tremare Sarkozy, in Italia l’innegabile sorpasso della Lega non rappresenta la consacrazione del Centrodestra, bensì uno sfogatoio di protesta. Proprio in Piemonte, Lombardia e Veneto, le problematiche relative all’integrazione degli stranieri fuori e nelle grandi città diventano sempre più complesse.  La via più semplice? Barricarsi nel proprio bunker tra folclore e tradizioni locali  perchè sentirsi “lumbard” è più sicuro che essere un anonimo italiano. Il Lazio finisce nella mani di una donna, la cui vittoria manda a casa definitivamente i fantasmi di Marrazzo e della sua combriccola. Neanche i santini della Bonino sono serviti a fare miracoli. In Campania avrebbe vinto chiunque si trovasse sulla sponda opposta di  Antonio Bassolino. E così è stato, nonostante la controfigura di Caldoro avesse dalla sua parte l’Italia della Prima Repubblica, quella era l’unica via d’uscita dal lungo regno del Vicerè. E la Puglia? Quella non è andata al PD, ma semplicemte ad un cane sciolto come Vendola, abile a far tremare i palazzi del potere romano, mandando in tilt persino il “Baffo di ferro di Gallipoli”. Bersani dà la colpa a Beppe Grillo per la dispersione dei voti, senza rendersi conto che è al timone di una nave che non sa più che pesci prendere. Il popolo si lamenta e pure troppo, ma poi al momento della “scelta” il chiasso da cortile finisce nell’omertà, nella rassegnazione del vigliacco astensionismo, nel vittimismo del tiriamo a campà, nel chiacchiericcio dei social network, aggrovigliati dai soliti luoghi comuni.  Aspettando la nuova ondata di riforme annunciate da Silvio Berlusconi, mi torna in mente l’orribile frase di Maria Antonietta di Francia, che però può starci bene adesso: Il popolo ha fame, dategli le brioches. E’ quello che si merita e nessuno si lamenti!

Napoli, Luigi Cesaro butta giù dal trono Bassolino e Iervolino

palazzo matteotti150La fine del Vicerè Antonio Bassolino è un dato di fatto. Dopo lo scandalo della “monnezza”, finisce un’epoca per l’imperatore così come per “la lady di ferro” della vecchia Balena bianca, che racimolava voti parocchia per parrocchia. La vittoria di Luigi Cesaro alle elezioni della Provincia di Napoli segna un passaggio epocale nella politica territoriale e non è legata al partito che lo rappresenta. Gigino – così lo chiamano gli amici appassionati – sarebbe arrivato a Palazzo Matteotti ugualmente, anche se fosse stato candidato in una lista civica. I napoletani hanno capito che bisogna rimboccarsi le maniche, puntare alla persona e mettere da parte anche il colore politico se è necessario.  Mentre il neo Presidente offre all’avversario Nicolais un assessorato, tacciono quelli con la puzza sotto il naso:  per alcuni il politico santantimese era “il paesano della provincia” che si è fatto strada “inviando mozzarella di bufala” a Palazzo Chigi. Adesso è l’ora del riscatto in una realtà complicata e piena di contraddizioni, dove però non può essere sempre tutto “malavitoso”.