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Cara Amatrice, mi fa tremendamente orrore…

disegnorosario_pipolo_blogMi fa tremendamente orrore tornare dal Giappone, un Paese che fatto della prevenzione un cardine della sua civiltà, e trovarmi nell’Italia ferita dal terremoto micidiale di Amatrice.

Mi fa tremendamente orrore osservare ai funerali di Stato le stesse facce provenienti dalle fila delle istituzioni che hanno consentito, sottobanco, che si speculasse sulla vita della gente.

Mi fa tremendamente orrore riprendere la vita di tutti i giorni nell’Italia fatta da sciacalli che costruiscono case e scuole di cartone, senza vergogna, in una penisola sismica come la nostra.

Mi fa tremendamente orrore appoggiare gli occhi su queste bare, riascoltando il playback dei medesimi sermoni che le istituzioni hanno tirato fuori dopo i recenti terremoti di L’Aquila e Finale Emilia.

Mi fa tremendamente orrore pensare di appartenere a questa Italia che, senza un minimo di vergogna (dimenticavo che anche quest’ultima stata barattata tra le fila dei corrotti), si è disfatta del ricordo degli angeli di Umbria e Marche del sisma del ’97 o dei bimbi dello sfacelo di San Giuliano di Puglia, in Molise, del 2002.

Mi fa tremendamente orrore vederli sfilare con gli elmetti e quell’aria spavalda da campagna elettorale, perché questo Paese non ha più bisogno del cliché del presidente operaio e dei suoi simili.

Mi fa tremendamente orrore pensare che ci saranno altri sismi di questa portata e noi saremo impreparati, perché abbiamo permesso a miserabili assassini di più generazioni politiche di sperperare il nostro denaro pubblico.

L’alluvione di Modena e la barzelletta delle “nutrie”

Rosario PipoloPer quelli come noi cresciuti ad ascoltare i Modena City Rumblers e ad incollare figurine Panini, Modena è la città che vorremmo continuare a vivere senza l’opportunismo tipico di chi è di passaggio. “Per sempre, Modena”, brindò un anziano signore in una vecchia osteria modenese in uno dei miei vagabondaggi nella città emiliana.

Se non fosse per l’occhio vigile dei social network, nessuno ci racconterebbe l’altra Modena: quella travolta dal fango di queste ore dell’alluvione di cui si sa davvero poco. Convivere con un fiume è complicato e le urla del Secchia i modenesi le conoscono bene così come i piacentini quelle del Po.

Siamo all’ennesima ripetizione. L’Italia non è un paese di “prevenzione”, non lo è mai stato e non riesce ad esserlo oggi in cui le casse degli enti locali si svuotano per “i rimborsi truccati” di qualche scellarato che collezione scontrini di carta igienica e albi a fumetti. Mentre chi ci governa è indaffarato a rimescolare le carte della legge elettorale in prossimità dell’elezioni, diamo la colpa alle “nutrie” e così la piccola tragedia si riduce ad una barzelletta. A proposito, i nostri politici sanno cosa sono le nutrie?

Ieri l’hashtag su twitter era #AllertaMeteoSAR, oggi è #AlluvioneMO. Domani a chi toccherà? Non ne possiamo più dei soliti omogeneizzati e qui non si tratta di essere ambientalisti o no. Il titolo dell’ultimo album dei Modena City Rumblers sembra quasi profetico: Niente di nuovo sul fronte occidentale!

Stop alla violenza: “donna come l’acqua di mare, c’è chi invece la prende a botte!”

Tina Turner

Rosario Pipolo“Donna come l’acqua di mare, chi si bagna vuole anche il sole, chi la vuole per una notte, c’è chi invece la prende a botte”, cantava Mia Martini. Oggi 25 novembre, Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, ci ricordiamo che una donna può finire al macello, con o senza il benestare del maschilismo vigliacco. Ci sono modi e modi per ferire e spesso gli schiaffi vanno oltre le ferite fisiche.

In Italia le riflessioni hanno bisogno delle ricorrenze per far rumore. Stamattina, prima di uscire a lavoro, sono sbucate dal mio archivio delle fotografie che mi hanno riportato a due incontri significativi degli anni ’90: Tina Turner e Franca Rame. Tina glissò in conferenza stampa, ma il film autobiografico What’s Love Got to Do with It accennava alla figura del marito “cattivo” Ike. Franca invece avrebbe condiviso il dolore della deplorevole violenza nell’intenso monologo Lo stupro.

A distanza di tempo ho ancora impresso lo sguardo di quei due temperamenti diversi, due donne così distanti che si saranno incrociate nel grembo della sofferenza. Quanto facciamo in Italia per la prevenzione? La scuola investe poche risorse per affrontare questo argomento a più livelli, senza un fattivo contributo per eliminare l’ignoranza in cui sono affogate le generazioni precedenti: le stesse che misero “il burka sociale e culturale” alle donne, che dovevano subìre senza fiatare. Ne ho sentite di storie, appartenenti alla generazione dei miei nonni, che con il passare del tempo hanno preso la piega dell’indifferenza infame.

“Donna come l’acqua di mare, c’è chi invece la prende a botte”. Qualcuno lo sta facendo in quest’istante, mentre sopravviviamo nella ricorrenza. Il 25 novembre non scade a mezzanotte.