Pipolo.it

Blog e Sito di Rosario Pipolo online dal 2001

Canada on the road: Cartolina da Québec City

Quando arrivo a Québec City sento il peso degli 800 chilometri di distanza da Toronto. Dopo l’immersione cosmopolita della “capitale multiculturale del Nordamerica” finisco nel cuore del Canada francese, anzi per dirla alla loro maniera: “Qui non siamo in Canada, ma nel Québec”.

Gli spiriti bollenti del separatismo politico aleggiano nell’aria, mentre il cuore della città vecchia è così europea nell’architettura e nelle atmosfere da farmi ricercare le orme del Vecchio Continente.
A Québec City ci sono studenti assiepati ovunque, pare sia una destinazione molto gettonata da gita scolastica. Sarà perché è la città più antica del Nordamerica, il capoluogo dell’omonima provincia è preso da assalto. Cosa c’è di meglio che perdersi su e giù per le stradine di questa collina, guardarsi intorno, gettare la coda dell’occhio sui dettagli che fanno di Québec City la zolla europea più autentica del Canada?

Qui incontro Harry e We, due universitari dalla Cina, con cui condividere storie dell’ultimo viaggio nel loro Paese, antiche memorie, le censure, il mio weekend di studio con Bernardo Bertollucci, sequenze del film “L’ultimo imperatore”, il coraggio di quello studente in piazza Tienanmen… Dopo tutte queste chiacchiere mi chiedono una foto ricordo insieme, salutandomi con un bel complimento: “Sei un grande viaggiatore, perché sono le tue ispirazioni di vita e studi a portati in giro per il mondo.”

Comincio ad avvertire la stanchezza delle distanze del viaggio. Nel primo pomeriggio la cattedrale è semivuota, intravedo un prete in angolo a sistemare delle candele. Il Castello di Frontenac, uno dei simboli dell’intera provincia, è forse oggi l’albergo più fotografato al mondo. I turisti lo invadono, fanno sogni proibiti, non è alla portata di tutti e una notte qui costa un occhio della testa.

I palazzi pittoreschi della Haute-Ville guardano verso i musicisti da strada che animano la piazza mentre una carozza e un cavallo mi distrae con affetto e intravedo Parigi in lontananza. Bisogna farsi una lunga scarpinata oltre la Citadelle per entrare in contatto con la gente del posto. C’è chi fa jogging a prima mattina, chi scappa a lavoro, chi apre e chiude l’ombrello perché anche qui si passa con disinvoltura dal sole alla pioggia.

Il Museo Nazionale delle Belle Arti è una fantastica sorpresa e le sue provocazioni di arte contemporanea azzerano il pregiudizio che certe visioni non possano farci ritrovare la prospettiva di futuro che abbracci sostanza ed esistenza. Passeggio a lungo e mi fermo sulla rue Saint Jean nella piccola libreria Nelligan, che vende una marea di libri usati in lingua francese. Mi fermo a parlare volentieri con François, il vecchio librario nella foto della copertina di questo articolo, che negli scafalli trova per me un’edizione stampata in Québec e tradotta in lingua francese del romanzo canadese Anne of Green Gables.

Dalla rue Saint Jean passo a prendere due insoliti souvenir che a detta del negoziante mi faranno un vero “quebecchiano”: il pupazzo di Carnaval, mascotte di Québec City, e due statuine dei protagonisti del famoso programma televisivo di Tele-Québec “Passpartout”. Quale modo alternativo per ricordare attraverso cimeli locali questi due giorni sulla collina di Québec City?

Canada on the road: Cartolina da Montréal sotto gli occhi di Leonard Cohen

Certe canzoni hanno accompagnato le curve della mia vita, facendomi evitare gli sbandamenti esistenziali. Il mio viaggio a Montréal, comincia al numero 28 di rue Vallières, sull’uscio di casa del cantautore Leonard Cohen (1934-2016).

 

Il rumore sottile della pioggia sbuccia le fatiche della settimana lavorativa, osservo la gente comune, i mendicanti accovacciati, l’acqua che scivola via dagli ombrelli vorrebbe diventare neve, ritrovo gli acquerelli in musica di ogni suo verso. I turisti si precipitano nella Vieux Montréal, i viaggiatori come me fanno di tutto per localizzare un’area periferica.
Le Plateau-Mont-Royal mi conquista subito tra i murales che scrivono vecchie storie mai annebbiate, le piccole librerie dove vado a spulciare rimasugli letterari del Quebec, i localini alternativi in cui ritrovo la socialità. Qui una pinta di birra locale è ancora una salubre calamita per ritrovare amici e fare quattro chiacchiere.

Mi scappa la pipì e mi trovo per fortuna da Steve’s Music Store, uno dei negozi di strumenti musicali più importanti del Quebec.  Vale la pena chiedere la chiave del bagno, la più originale che mi sia capitata in 31 anni di viaggi: il portachiavi è una vera chitarra.

Dopo aver camminato ore e ore a piedi come un pellegrino, finisco con stupore a Place des Arts che rende la “New York parigina del Nord America” un crocevia d’arte e spettacolo. Questa è anche la casa della Montréal Symphony Orchestra che mi ospita al concerto del pianista francese Jean-Philippe Collard. È una serata speciale alla Symphony house, la magia del palco e la sensibilità del pubblico ad un tiro di schioppo da una piccola consapevolezza che non dovremmo mettere mai in soffitta: la bellezza infinita della musica classica ci salverà.

Perdersi nella città sotterranea, chilometri sotto i tuoi piedi che danno particolarità a questa metropoli canadese, che non ha smesso mai di sentirsi francese. Poi sbuco tra i grattacieli del dowtown, in lontananza si intravede il vecchio porto.
Come su uno scivolo mi trovo dinanzi a Notre Dame, il simbolo che sigla il gemellaggio con Parigi. L’altare della cattedrale è meravigioso, il più bello visto in America.

La vecchia Montréal è una miniatura parigina nell’architettura, nei ristoranti, nelle gallerie d’arte che profumano di Montmartre. Il mercato di Bonsecours è un covo di artigianato locale, ogni stradina di questa zona tinteggia le atmosfere rilassanti della Parigi, ormai vecchia cartolina dopo le ferite degli attentati terroristici.

Al vecchio porto, area completamente riqualificata, ti viene voglia di salire su una barca e navigare il fiume San Lorenzo, le cui acque pluviali collegano i grandi laghi americani all’oceano Atlantico.

 

Gira e rigira  il pensiero è sempre lì, come un chiodo fisso, al numero 28 di rue Vallières, sull’uscio di casa di Leonard Cohen, come se il mio viaggio a Montréal fosse circolare e si chiudesse con una dedicata sussurrata:

Ci pensi quanta strada? Grazie per non essere mai stato divo. Questa tappa per te, Leonard Cohen.