Ecco la trappola bella e pronta, quella del social: il fine giustifica il mezzo. Gli status smielosi di un dì, le chattate notturne, le fotine con le facce da bell’inbusti hanno ceduto il posto a frasette acide, inciuci nottambuli e nuovi scatti, che raccontano di nuove alleanze. Non bisogna essere uno strizzacervelli smanettone o un sociologo web-oriented per capire che è Facebook a scrivere le nuove regole del gioco e non gli ambasciatori inviati su commissione, che se ne tornano off-line con la coda tra i tasti del Pc.
Basta un pò di chiacchiericcio dai toni accessi e il branco è spacciato (“gruppo ristretto” secondo il glossario social). Chi se ne va cresce, perché fuori dal gioco della “comunella infantile” diventa osservatore privilegiato della meschinità, sintomo di fragilità e inferiorità degli illusi capoclan, ammazzati dalla vergogna per l’umiliazione da bacheca. Chi rimane isolato nel branco è condannato ad essere l’osservato sconfitto che canticchia “Adesso siamo pochi amici al bar”.
E quando quest’ultimo staccherà la spina dal social network, sarà la lealtà – l’unica allevatrice delle sane amicizie – ad infastidire l’olfatto con quel puzzo di piscio, che renderà ancora una volta l’osservato sconfitto un servo di plagi, ventriloquo di libri mai letti. E’ arrivata l’ora. I messaggeri di pace si rassegnino: il branco é davvero spacciato. Pardon, “il gruppo ristretto degli ex compagni di merendine da discount”.
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