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La Gelmini e la Scuola che discrimina i disabili

Tagliare si può, anzi si deve. Non occorre avere la faccia tosta, ma quella punta di maldestro coraggio che giorno dopo giorno sta facendo sprofondare la nostra Scuola. Diciamo pure la Scuola, perché di “nostro” non è rimasto più niente, visto che le braccia aperte sono per “i pochi”, i privilegiati, quelli che sono confinati nel bunker delle private. Tra i malcapitati ci sono pure i disabili perché anche lì bisogna risparmiare. Il caso triste era accaduto a La Spezia, dove uno studente disabile di una scuola superiore si era visto tagliare le ore di insegnamento del sostegno. Insomma di mezzo c’è il Ministro Gelmini che è stata condannata per “condotta discriminatoria” ed ora ci sono da pagare le spese processuali e per giunta ripristinare le ore.
Questa sembra una barzelletta brutale, invece è un pietoso fatto di cronaca che mi solletica una riflessione. Nel mio percorso scolastico ho avuto in classe compagni disabili i quali, senza il supporto di un insegnante di sostegno, non avrebbero potuto condividere con noi diverse attività. Ricordo all’asilo, in una giornata di primavera come oggi, lui che non poteva tirare due calci ad un pallone perché era su una sedia a rotelle. Mi avvicinai per smorzare la tonalità della diversità e facemmo un patto che ci fece diventare compagni di merenda. Io tiravo il pallone, ma lui mi indicava la direzione precisa. All’epoca portavo il bendaggio all’occhio destro e certe volte mi sentivo “un pirata” rispetto agli altri bambini. La mia era una deficienza oculistica che avrei risolto col tempo, il suo un problema congenito che lo avrebbe segnato per tutta la vita.
I “disabili” non sono loro, ma lo diventiamo noi quando ci passano sotto il naso queste “orrende discriminazioni” e facciamo finta di niente. Gli studenti di quella scuola ligure hanno una grande ricchezza in classe e non devono rinunciarvi. Oggi ringrazio pubblicamente il mio primo compagno di merenda, per avermi fatto sentire  “un campione” al suo fianco, dandomi una grande lezione di vita:  non dare mai nulla per scontato.

Passaparola
Rosario Pipolo

Giornalista e Communication specialist. Una Laurea in Lingue straniere con lode all'Università Federico II di Napoli e una specializzazione in Web Communication allo IED di Milano.

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  • Ne vale la pena leggere un articolo del genere. Anche io ho avuto una compagna di banco sordomuta, affianco per 5 anni e la situazione era ben diversa. Pigrizia sommata ad ignoranza e convinzioni religiose della madre, la spingevano a farsi viziare oltremodo, molto spesso non studiando e dicendo alle interrogazioni che non capiva ciò che le si chiedeva, quando invece capiva benissimo. Rimane importante e fondamentale il sostegno di un insegnante di sostegno capace di supportare le attività del disabile e favorirne la sua integrazione all'interno della classe. Si potrebbero tagliare altre cose, piuttosto che servizi fondamentali.

  • Alle elementari avevo un amico affetto da un handicap che lo metteva in condizioni di peggiorare col tempo e non migliorare.
    Fin da piccola ho compreso quanto debba essere difficile sentirsi soli e quanto invece è importante legarsi a queste persone.Basta poco e diventi il loro punto di appoggio e tu cerchi di trasmettergli quella sicurezza per cui anche quando tutto il mondo starà giocando, starà facendo il suo allegro girotondo, tu andrai da lui, gli prenderai la mano e lo porterai nel gruppo.
    Una volta durante l'intervallo, la maestra mi vide per l'ennesima volta che non ero con gli altri, ma stavo "giocando" con lui e mi disse "lascialo da solo e gioca con i tuoi compagni"...mi sentii mortificata e mi vergognai per lei e per ciò che aveva detto.
    Ogni mattina(in attesa della sua insegnante) sedeva accanto a me e quando la maestra ci indicava la pagina, lui apriva il suo libro (diverso dal nostro sussudiario) ed io dovevo dirgli a che pagina del libro andare...gli dicevo un numero e con questo pretesto lo aiutavo a fare la conta e ripetere la numerazione, sfogliando pagina per pagina fino ad arrivare a quello indicatogli.
    Ho preferito giocare di meno con i compagni e passare molto più tempo con lui in 5anni di scuola.
    Ero felice di stargli accanto e quel ti voglio bene inaspettato che lui di tanto in tanto pronunciava, valeva più di mille bambole barattate,le lodi sul quaderno e i giochi nell'intervallo.

  • parlare di disabilità non è mai facile, specie se gli unici veri disabili siamo noi che non abbiamo nessuna certificazione. e anzi, la cattiveria più pura non è non fornire a questi bambini/ragazzi un insegnante di sostegno (che resta l'unica via possibile per fornire apprendimenti autentici- e non mi venissero a dire che sono molto meglio le scuole specializzate o scuole ghetto), ma vedere altri coetanei che di fatto fanno poco e niente per integrarsi nel loro modo di vivere il mondo. maledetto pregiudizio... maledetta paura

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