Pink Floyd at Pompeii, l’atteso disco sospeso nel futuro
Pink Floyd at Pompeii è il disco atteso da una vita. Per la prima volta dopo quasi cinquant’anni la puntina del nostro giradischi solca il doppio vinile dell’audio completo dell’esibizione senza pubblico di Gilmour e compagnia bella nella nostra Pompei archeologica.
IN VETTA ALLE CLASSIFICHE TRA VINILI, CD E BLU RAY
L’album, con il nuovo mix di Steven Wilson, è in vetta alle classifiche italiane con la vendita dei supporti tradizionali – vinile, cd e blu ray – che qualcuno vorrebbe lasciare in soffitta. Proliferano ancora gli affari d’oro per la premiata ditta londinese, orfana di Barrett e Wright, in preda agli eterni litiganti Gilmour e Waters.
In parte con questo disco l’audio, in piena autonomia, si libera dalle grinfie della colonna sonora del film concerto del 1972 diretto da Adrian Mabenn, il cui restauro in alta definizione è stato il cavallo di Troia del marketing discografico per riportare i Floydiani incalliti, inclusi i meno giovani e gli sbarbatelli, nelle ormai semivuote sale cinematografiche.
PROFEZIA VISIONARIA IN UN GIAVELLOTTO LANCIATO NEL TEMPO
Perchè dopo tutti questi decenni è ancora un successo? Pink Floyd at Pompeii MCMLXXII rimane profezia visionaria, installazione multimediale tra musica e arte contemporanea del ‘900. Oggi è un giavellotto nel tempo, arrivato dai lontani anni ’70 fino ai giorni nostri con un restauro che fa brillare ogni suono.
E’ come il monolite kubrickiano di 2001 Odissea nello spazio che, sospeso nel tempo, guida il cammino dell’umanità contemporanea tra paure, fragilità, disillusioni.
PINK FLOYD AT POMPEII, PREMONIZIONE DELL’ORRORE PANDEMICO
Il mix incisivo di Steven Wilson è la ciliegina sulla torta: i suoni ritrovano la loro profondità e soprattutto quella spiritualità dei musicisti in solitudine nel flirt remoto con l’archeologia, che sancisce l’unicità della esibizione nell’anfiteatro pompeiano.
Dopo uno sciame di bootleg e tracce a spizzichi e bocconi, abbiamo dovuto aspettare più di cinquant’anni per avere, in uno splendido disco restaurato e ufficiale, l’happening del ’71 dei Pink Floyd nella zolla archeologica più potente della storia, suonato in solitudine, senza pubblico, quasi una premonizione dell’orrore pandemico a cui nessuno è stato sostratto su tutto il pianeta, inclusi gli artisti.
Pink Floyd at Pompeii è una sfera di cristallo e ogni generazione può trovarvi scritto il destino comune: provare ad alleviare gli affanni dell’esistenza con la grande musica del ‘900.