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Scusa, ma ti chiamo amore!

Premetto che le pagine di Federico Moccia non mi appartengono! Eppure il film Scusa ma ti chiamo amore diretto dallo stesso Moccia ha solleticato uno sciame di pensieri: lui (Raul Bova) ha 37 anni e lei (Michela Quattrociocche) ha venti anni di meno. Storie da commedia a lieto fine o flirt sentimentali da vita reale? Ho ripensato alla differenza di età che può dividere una coppia. Dieci, venti o trenta anni di differenza possono davvero impedire lo sbocciare di un sentimento vero? In alcune fasce di età è davvero complicato incontrarsi, trovare dei compromessi, o magari avere il coraggio di mollare tutto e fuggire via con l’altra metà. La regola vuole l’uomo maturo e la donna peperina e giovincella. E se fosse il contrario? Lui giovane e lei di età matura?Capovolgendo la situazione, chissà se ci sono le stesse complicazioni. Cupido mi direbbe: “Ma chi se ne frega, l’amore non ha età”. Nel mese di San Valentino – vi prego evitate gesti obbligati da rito di marketing – aiutatemi a rispondere a questi interrogativi. Anche se non vi siete trovati in nessuna di queste situazioni, potete sempre tirar fuori un pensiero, da cucire a quelli miei!

Mo’ lo dico, mo’ lo faccio

Mo’ lo dico, mo’ lo faccio: ogni volta che arriva l’anno nuovo, voglio attraversare quel “mare” che c’è di mezzo tra “il dire” e “il fare”. Voglio sentirmi leggero in questo 2008 e mandare a fanculo pure chi tratto con cauta diplomazia. Mo’ lo dico, mo’ lo faccio: voglio rinascere in un fumetto ed essere Corto Maltese, per andarmene a zonzo, ancora di più del 2007. Mo’ lo dico, mo’ lo faccio: voglio rinascere nelle pagine del Piccolo Principe ed avere lo stesso privilegio di Mattia Pascal, una seconda vita da fuggiasco. Mo’ lodico, mo’ lo faccio: voglio rinascere nel film 2001 Odissea nello spazio e sfottere le stelle dell’Universo, sostando in ogni pianeta e ritrovando i pezzi dimenticati della mia vita. Mo’ lo dico, mo’ lo faccio: voglio rinascere nello spartito di Give Peace a Chance per attraversare il Medio Oriente, da superstite con megafono, gridando senza timore che questa cazzo di pace dipende da me e te. Mo’ lo dico, mo’ lo faccio:voglio rinascere dalle braccia di Monna Lisa e farmi coccolare da quel sorriso sospeso tra passato e futuro.

Se poi non lo faccio? Ad orientarmi però c’è il vocio del bimbo di Beppe & Cinzia, l’accoglienza vispa del figlio di Manuela, o lo sguardo di Lorena, a cui molti anni fa ho regalato una rosa con un biglietto: “la vita è come uno spettacolo, e tu sarai sempre protagonista”. Quella ex studentessa di un liceo scientifico napoletano lo ha conservato sempre con sé. Mo’ lo dico, mo’ lo faccio: ritrovare le persone “dimenticate” è il migliore augurio da fare, perché in fondo tali persone viaggiano sempre con noi, nonostante la distrazione ci privi della loro tenera amicizia. Mo’ lo dico, mo’ lo faccio: Felice Anno Nuovo, “mangiando chili di marmellata, quella che mi nascondevi tu”!

Metodo antistronzi: Vittima o carnefice?

Gli stronzi si incrociano fin dalla tenera età: all’asilo ero vittima di due gemelli, che si dilettavano a mordere le mie orecchie. Una volta sono riusciti persino a farlo in contemporanea! “Lo stronzo di professione” può esserti accanto e neanche te ne accorgi: un professore antipatico, un compagno di classe un po’ bullo o peggio ancora “un assistente super-stronzo” che rischia di rovinare il tuo libretto all’Università. C’è davvero un metodo antistronzi adeguato per le varie situazioni? Mi ha colpito la provocazione del Professore universitario Robert Sutton, che si è addirittura inventato un libro: “Il metodo antistronzi – Come creare un ambiente di lavoro più civile e produttivo o sopravvivere se il tuo non lo è”. Nel mondo del lavoro vi sarà capitato di incrociare uno stronzissimo che vi rende la vita impossibile. Dall’Università di Stanford questo professore la spara contro quei “prepotenti, maleducati, cafoni, bastardi e tiranni” che “feriscono il prossimo e danneggiano la produttività aziendale”.

Io non ne ho incontrato tanti di “stronzi temporanei”, ma di “stronzi patentati” abbastanza per stilare un piccolo trattato. Soprattutto nel mio lavoro dove la competitività spietata è all’ordine del giorno. E a volte è pesante davver. Mantenere l’entusiasmo e la passione anche nei confronti dichi te ne combina di tutti i colori, portandoti all’esasperazione. Vittima o carnefice? Il saggio Sutton ci rassicura perché “anche gli stronzi piangono”: l’umiliazione può essere bruciante quando uno stronzo viene sputtanato in pubblico. Me la sono tolta questa piccola soddisfazione, ma non con i gemelli che mordevano le mie orecchie. Li ho rivisti dopo una ventina d’anni, ma loro per fortuna non mi hanno riconosciuto. Ci ho riso sopra e l’ho ricordata come “una stronzata ingenua”. Alzi la mano chi non ha incontrato uno stronzo o non ha mai fatto lo stronzo! A voi carta bianca…