La mia Africa tra Senegal, Gambia e Mauritania

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La mia Africa resterà scritta nel viaggio di 1.600 chilometri on the road e 17 ore di navigazione tra Senegal, Gambia e Mauritania. Dopo il grande viaggio nel Sudafrica di Nelson e Winnie Mandela, questo tris di Paesi africani mi ha messo a dura prova perché l’Africa non è un selfie “instagrammabile” o il bunker dei grandi resort.

L’AFRICA E IL NUOVO COLONIALISMO ECONOMICO

L’Africa è quella vissuta con le persone locali, con le quali mi sono mischiato per vivere uno stile di vita lontano dalla mia cultura. Nonostante lo sconsiglio della Farnesina, ho vissuto zolle di territorio ancora rischiose con le cautele di un viaggiatore che vanta con orgoglio 35 anni di esperienza alle spalle.
Ho visto bellezze, nella gente conosciuta, ma anche le bruttezze tra corruzione, gli sguardi poco rassicuranti dei militari e poliziotti, il nuovo colonialismo economico, gli abusi di potere in Gambia, alla frontiera.

DALLA CASAMANCE ALLA MAURITANIA

In Casamance, la regione senegalese dalle aspirazioni indipendentiste, ho visto ancora gli spettri di 40 anni di guerra civile, i check in della gendarmerie lungo la strada, i controlli, il braccio di ferro politico tra il sindaco di Ziguinchor e il governo centrale di Dakar.
Sono passato dalla pacifica convivenza tra musulmani e cristiani del Senegal al vessillo dello Stato Islamico della Mauritania, dai posti di blocco del Gambia con le atmosfere buie di una dittatura alle manifestazioni antigovernative lungo tutto il Senegal, presagio di chissà quali risvolti nelle prossime elezioni del febbraio 2024.

ALTRUISMO E ACCOGLIENZA

Nonostante tanta “nebbia” ovunque, mi ha accecato il sole dell’accoglienza e dell’altruismo degli africani, dei senegalesi prima di tutto. Ogni giorno una dimostrazione d’affetto, non ho mai fatto tante amicizie come in questo tragitto. E quando esclamavano: “Chi sei veramente? Non sei come gli altri turisti.” Dall’altra parte io rispondevo come se recitassi un mantra: “Sono un bianco caduto dal piedistallo che vuole vivere con voi e come voi nel Paese che vi appartiene del tutto, è il vostro, neanche una briciola di questa terra deve tornare nella grinfie degli ex colonialisti.”

NEL VILLAGGIO DI BOUYOUYE

La giornata indimenticabile nel villaggio di Bouyouye, in Senegal, insieme a grandi e piccini, è stata speciale. Sono sbucato senza guida e senza essere l’anonimo turista che distribuisce caramelle e chupa chupa per lavarsi la coscienza.
Ho vissuto nel villaggio ore indimenticabili in un rapporto paritario con tutti gli abitanti e il grande affetto dei bimbi, castigando l’odioso cliché dell’Africa povera tra pietà occidentale e commiserazione. Alla fine l’ho spuntata, sono stato un osso duro, africano dal primo all’ultimo istante di questo viaggio, anche quando i tassisti mi lasciavano a piedi perché maggioravano il prezzo di cinque volte e io urlavo i miei vaffa in francese, inglese e napoletano.

Durante la ma Africa ho guardato spesso l’Atlantico, compagno di viaggio nel mio giro del mondo. Ho ritrovato la sua sponda africana come quella tatuata sulla pelle di un vagabondo, il cui stivale che calza con orgoglio si chiama Italia. Oggi mi ritrovo 60 Paesi sul mio mappamondo e 50 anni di vita vissuta alle porte.

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