Cartolina da Tirana

Tirana

Rosario PipoloA Tirana essere italiano è una buona raccomandazione perché con noi gli albanesi sono davvero affettuosi, a parte i tassisti che tentano di spillarti quattrini in ogni modo. Alloggiavo in un edificio fatiscente a pochi passi dalla piazza centrale, ma in compenso l’appartamento e  i vicini erano deliziosi: c’è chi mi ha fatto scroccare il collegamento ad Internet o il salumiere sotto casa che si è ricordato della massima “dare da bere agli assetati se non hanno cambiato ancora l’euro” e mi ha regalato una bottiglia d’acqua fresca, leggermente frizzante. Gli italiani vanno nella capitale dell’Albania per lavoro e sono rari quelli come me che decidono di fermarsi per turismo. Di giorno non c’è tanto da fare, ma la sera la città cambia pelle e diventa la culla della nightlife albanese: le decine di locali che pullulano nella zona del block (chiamata così perché ai tempi del regime non era accessibile) ravvivano l’atmosfera in tanti modi. Gli incontri non capitano mai per caso: ero indeciso se portarmi come souvenir una statuetta di artigianato locale. Un signore mi ha spiegato che raffigurava Marigot, la donna che ha cucito la prima bandiera dell’Albania dopo l’indipendenza. Siamo diventati amici e così Albano – ha precisato che il suo nome non aveva niente a che fare con quello del  cantante italiano – mi ha offerto un cappuccino. Mi ha raccontato i suoi 4 anni in Italia a Bassano del Grappa, donandomi tante pagine dal diario intimo della vita del suo Paese. E’ stato quell’incontro il souvenir più emozionante da portarmi via per buttar giù i soliti luoghi comuni. Gli albanesi hanno tanta voglia di raccontarsi e condividere con noi i sogni delle nuove generazioni!