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Archives Agosto 2013

Diario d’estate: Alla ricerca di Gaëtan, sulla spiaggia di Saint-Clair

Rosario PipoloSulla spiaggia di Saint-Clair, a Le Lavandou, hanno lasciato un nome scritto sulla sabbia: Gaëtan. Il sole era spuntato da qualche ora sulla costa meridionale della Francia e non si vedeva anima viva. In lontananza c’era solo un vecchio scorbutico che camminava in riva al mare con un paio di baguette sotto braccio. Era forse lo stesso uomo di cui hanno scritto il nome sulla spiaggia? Lui diceva di no. Gaëtan, sarto del Sud Italia espatriato in Francia alla fine degli anni ’50, diventò autista di autobus. Fu lì che conobbe, quarant’anni dopo, Noëlla. Gaëtan non diventò francese quando lo stato d’oltralpe gli francesizzò il nome, ma appena Noëlla e i suoi 6 figli lo vestirono di amore, restituendogli il significato di famiglia.

Ci sono tanti modi per dare e restituire amore. Eccone uno. Mi sono messo alla ricerca di Gaëtan, camminando a piedi nudi sulla spiaggia di Saint-Clair. Ho passato le prime vacanze dei 40 anni a cercarlo ogni giorno per farmi raccontare come fosse cambiata la sua vita laggiù. Non lo avevo visto invecchiare e lo immaginavo sospeso nel tempo come una comparsa del mio romanzo, che portava il suo stesso nome.

Durante questi quindici giorni intensi, ho incrociato diverse persone che, avvistandomi, mi ripetevano la stessa cosa: “Gaëtan non lo troverà, se non in ciò che ciascuno di noi ti regalerà”. C’era chi mi offriva un panorama, chi un pezzo di formaggio o di salame, chi un ricordo o un bicchiere di vino, chi un soffio di vento o una vecchia fotografia. Tutti questi doni erano appartenuti a lui. Ognuno di loro aveva conosciuto Gaëtan e provava a restituirmelo attraverso un odore, un sapore, una libellula della memoria.

Qualcuno addirittura diceva che gli assomigliavo, in quel mia maniera di “far famiglia” con chiunque mi capitasse davanti. Alla fine del mio viaggio sono finito al Camping Le Marmier di Le Lavandou. In una piccola aiuola tutti i campeggiatori avevano seminato un fiore per ricordare Gaëtan e lì ho trovato una copia del mio romanzo, che Gaëtan non aveva finito di leggere. A pagina diciotto aveva messo come segnalibro una foto ingiallita che lo ritraeva assieme ad un bambino occhialuto. Il marmocchio ero io. Quell’immagine ha fatto scivolare via la vigliaccheria che mi aveva impedito di arrivare in quel posto in tempo per abbracciarlo l’ultima volta. Poi mi sono ricordato le parole che gli avevo sussurrato subito dopo quello scatto: “Zio Gaetano, torna presto. Quando sarò più grande voglio passare tutta l’estate con te”.

Questa è stata l’estate mia e di Gaëtan. Io non sono più un bambino, ma un uomo dai capelli brizzolati. E lui è diventato una scritta sulla sabbia, lì sulla spiaggia di Saint-Clair.

Diario d’estate: I sassolini di Luisa nella tasca scucita dei miei 40 anni

Rosario PipoloQualche settimana fa ho portato l’auto al lavaggio sotto casa. Quando sono tornato a riprenderla, un tizio mi ha detto: “Tenga, abbiamo trovato questo”. Era un sacchetto. Buttando l’occhio, vi ho trovato una miriade di sassolini. Cosa ci facevano nella mia auto?

Mi è tornato in mente il brano Le tasche piene di sassi di Lorenzo Cherubini. Pensavo a quanto una manciata di sassi possa appesantire la nostra quotidianità quando la vita minaccia di ridurre tutto ad “un mantello fatto di stracci”. Eppure non riuscivo a ricordare come fossero finiti nella mia auto. Assomigliavano a quelli che raccoglievo in un secchiello da bambino, nella mattine estive in riva al mare della Calabria. Sì, proprio quei sassolini.

Sono rincasato. Li ho lasciati cadere sul tappeto del soggiorno. Ho provato a contarli, ma erano tanti. In quell’istante mi è tornata in mente un pomeriggio della scorsa estate su una spiaggia marchigiana e lei che mi disse: “Guarda qui. Che bei colori. Toccali, è ancora appiccicato il profumo di mare. Ne ho raccolti tanti. Altro che souvenir, con tutti questi sassolini faremo un bel quadretto per ricordare la prima vacanza condivisa assieme”.

Ecco da dove provenivano, dal lungo litorale delle Marche. Erano rimasti imprigionati per un anno sotto il sedile della mia auto. Mi avevano tenuto compagnia quando ero al volante, senza lasciarmi mai solo. Quei sassolini, usciti fuori dalla tasca scucita dei miei 40 anni, non assomigliavano per niente a quelli della canzone di Jovanotti, ma avevano ricopiato gli auguri di compleanno che Luisa mi aveva lasciato dentro un mantello fatto di stelle: “40 anni, solo un anno in più ma l’animo è e sarà sempre lo stesso. Auguri a te persona unica e speciale, uomo che ti sei costruito da solo, che vivi di passioni, che combatti per ciò che vuoi, che realizzi ciò che desideri, che accogli gli altri così come sono, che fai famiglia con le persone che incontri, che rendi speciale una giornata uggiosa, che rendi una semplice passeggiata un viaggio inaspettato. Vai verso il futuro con la carica del passato e la spinta della curiosità a scoprire cosa l’avvenire ti riserverà”.

I sassolini di Luisa dell’estate scorsa calcavano il tracciato di questa mia prima estate da quarantenne, sotto il cielo della notte magica  di San Lorenzo in cui anche un sasso torna ad essere una stella cadente.