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Diario di viaggio: Ponte di Legno tra memoria e futuro

Rosario PipoloE’ stata un’estate piovosa e la comunità di Ponte di Legno, culla della Valcamonica, lo sa fin troppo bene. Eppure la chiusura del mese di agosto con l’emozionante raduno degli Alpini ha fatto spuntare il sole come a voler dire: l’ascolto della voce della nostra memoria collettiva ci aiuta a guardare avanti. L’incontro con i due “nonni alpini” Fedele Balossi e Giovanbattisti Agozzi, entrambi classe 1919 e scampati alla morte delle trincee della guerra, mi ha emozionato perché mi ha riportato tra i sentieri delle trincee del mio viaggio recente tra le pendici del Carso goriziano.

Dal tronco di un albero del 1914 lo scultore di Ponte di Legno Antonio Sandrino ha ricavato un meraviglioso Cristo con una corona fatta con il filo spinato delle trincee. La scultura in legno, che ho avuto il piacere di vedere ancora in fase di realizzazione, sarà collocata entro la metà di settembre nei pressi della località Vescasa. Tornando agli alpini, ti toglie il fiato il loro canto e ti commuove la preghiera sussurrata al Padreterno che miete dolore e riflessione in quel “lasciatemi piangere la mia giovinezza”.

Tuttavia, la fatica della comunità di Ponte Di Legno di custodire la memoria  – dalla Valcamonica spuntano ristagli di storia in ogni stagione dell’anno – si mescola al desiderio di stare al passo con i tempi. Lo chef Marco Bezzi dal suo covo, il ristorante San Marco, interpreta i piatti della tradizione montana con quel tocco di stile e di modernità che fanno del buon cibo un ponte tra ciò che eravamo e ciò che saremo.
Ed è proprio questa voglia di “ciò che saremo” a brillare negli occhi di Mauro e Laura della scuola di sci Ponte di Legno-Tonale o in quelli di Carla, direttrice del residence Raggio di Luce, un sorta di posto incantato. Qui l’atmosfera domestica si mescola alla voglia di benessere della piccola spa o alla magia delle pareti disegnate dell’area dedicata ai giochi e ai bimbi.

Ponte di Legno, tra l’altro tappa dell’ultimo Giro d’Italia, offre tante ispirazioni al viaggiatore. Smettiamola di essere distratti o turisti arroganti. Osserviamo la laboriosità, l’entusiasmo e la costanza della comunità abbracciata dal consorzio Adamello Ski perché, come amava ripetere Audrey Hepburn, “ci sono viaggi che si fanno con un unico bagaglio: il cuore”. Ed è proprio con questo spirito che sono tornato qui, tra le meravigliose cime della Valcamonica.

 

Al Montozzo: Adesso so dove si ferma Dio nei giorni d’estate

Adesso so dove si ferma Dio nei giorni d’estate. A 2500 metri d’altezza, a cavallo tra l’Alta Valcamonica e l’Alta Val di Sole, lì nel Parco dello Stelvio. A pochi passi dal rifugio Bozzi, ci sono le trincee della Grande Guerra. Noi le abbiamo dimenticate, soprattutto in questo periodo quando ce ne stiamo con “la panza” al sole sulle spiagge affollate. L’estate montanara è ballerina perché da un momento all’altro il sole può prestare la sua voce alle nuvole, permettendo alla pioggia di lavare la terra bagnata dal sangue.
Adesso so dove si ferma Dio nei giorni d’estate. Su quella cima, al Montozzo, ad ascoltare il coro delle voci bianche, che perirono per noi nei giorni bui della Prima Guerra Mondiale. Giovani e meno giovani, che sacrificarono la vita per un pezzo di confine, che andavano incontro alla morte martoriati dal freddo e dalla fame, come se i nostri soldati fossero giocattoli da vetrina del primo ‘900.
Adesso so dove si ferma Dio nei giorni d’estate. Lì, ad alta quota, muovendosi come i passi silenziosi sulla neve. Quelli che non fanno rumore, ma lasciano il segno, come il grido delle donne che non li videro più tornare, che aspettarono finché il sole spegnesse la torcia. Mamme che invecchiarono all’istante senza poter più sussurrare “Figlio mio”; fidanzate che si arresero allo strazio del dolore senza poter cantare “Amore mio”.
Adesso so dove si ferma Dio nei giorni d’estate. Lì in cima, tra la foschia, perché puntualmente la nebbia del “deserto dei tartari” ritorna in quella che dovrebbe essere la stagione più luminosa dell’anno. E’ solo nello smarrimento dell’invisibile che possiamo ritrovare le sagome di quei soldati. Quanto ci costerà restituire loro la visibilità dell’eroe, nel tempo in cui sperperiamo i valori a ridosso del mostruoso divismo del “Grande Fratello”?
Adesso so dove si ferma Dio nei giorni d’estate. Niente più castelli di sabbia con i bambini in riva al mare. Resta lì su quella cima, a far compagnia a tutto il coro di voci bianche che si aggira per il Montozzo. E presterà per il resto dei nostri giorni la voce a quelle montagne.