Diario di viaggio: Michele Ferrero, il galantuomo di Alba che mi fece felice
Il mio viaggio ad Alba di qualche anno fa fu una tappa di un giro on the road nella langhe piemontesi. La mia auto, come al solito, andava a passo d’uomo per raccogliere le impressioni del territorio. Arrivato nella cittadina del cunese, ebbi la tentazione di andare fuori lo stabilimento della Ferrero. Mi feci scattare una foto lì. Per me quello stabilimento era la casa del signor Ferrero.
Ai tempi del liceo volevo lavorare in quell’azienda, non solo per mangiare chili di Nutella in nome delle merende dell’infanzia condivise con mia madre e mia sorella, ma per conoscere di persona Michele Ferrero.
Per me in un certo senso il signor Ferrero è stato un “secondo” nonno: mi ha viziato con pane e Nutella; mi ha fatto guardare il mondo “a colori” attraverso le scatoline dei Tic Tac, che conservavo per creare arcobaleni artificiali; ha deliziato mamma con i Mon Chèri, da sempre i suoi cioccolatini preferiti che le regalava papà; ha fatto su misura per me un premio, l’ovetto Kinder, che nonno Pasquale tirava fuori dal taschino quando veniva a prendermi all’asilo e non avevo fatto il monello; mi ha fatto corteggiare una compagna di classe alle elementari lasciandole sul banco un Rocher, senza dovermi sentir chiamare Ambrogio.
Michele Ferrero è stato il galantuomo dell’imprenditoria italiana. Sobrio e discreto come la maggior parte dei piemontesi, voglio ricordarlo come uno dei fiori all’occhiello dell’industria italiana del Secondo Dopoguerra, sempre a distanza dai clamori e dai riflettori.
Da un piccolo laboratorio di pasticceria nel centro di Alba, il signor Ferrero ha regalato la felicità anche alla mia generazione, a piccole dosi. Oggi, grazie a Michele Ferrero, posso filare ricordi privati e legarli ai sapori che lui ha inventato anche per me, facendo scattare l’inevitabile meccanismo proustiano della memoria.
Quando nel 2005 fu tolto dalle confenzioni delle barrette Kinder il volto dello storico bambino, stavo per scrivere al signor Ferrero una lettera di protesta. Quella faccia datata apparteneva all’amico immaginario di merenda, che veniva a farmi compagnia puntualmente nei pomeriggi dell’infanzia.
Il papà della Nutella se n’è andato nel giorno della Festa degli innamorati. Ero a casa dei miei e, prima di tributargli un tweet, sono andato a trafugare nel frigo. Sapevo che, a ridosso dello snack di mezzanotte, papà e mamma mi avrebbero fatto ritrovare le barrette di cioccolato che ora hanno la forma di una “M”.