L’idiozia della censura alla cultura russa, da Dostoevskij a Masha e Orso


La Nato e l’Europa stanno combattendo la ferocia della Russia nella guerra in Ucraina con la sciabola delle sanzioni finanziarie. Quale senso ha l’estensione delle pesanti multe alla cultura russa?

LA CULTURA UNICO BENE COMUNE DELL’UMANITA’

Il bar dei social network, dopo l’exploit del “siamo tutti virologi” della pandemia, è affollato improvvisamente da esperti di geopolitica e tattiche belliche che fanno a scazzottate, in stile Peppone e don Camillo, nel rigoglio di vecchie nostalgie filosovietiche.
Dopo l’abbaglio di associare i tedeschi al nazismo o gli americani ai prepotenti cowboy che ammazzavano gli indiani, mercifichiamo la follia dello zar del nuovo millennio con l’odio per la gente comune e la cultura russa? Come ci ricorda il filosofo tedesco Gadamer “La cultura è l’unico bene dell’umanità che, diviso fra tutti, anziché diminuire diventa più grande.”

GIU’ LE MANI DALLA CULTURA

La decisione iniziale dell’università Bicocca di Milano di congelare le lezioni su Dostoevskij del professore Nori mi è sembrata idiota e, allo stesso tempo, surreale quanto l’ondata antirazzista d’oltreoceano di qualche anno fa che voleva bruciare sul rogo, come una strega, il film “Via col Vento”.
Senza lo schiavismo degli afroamericani, incorniciato nella storia d’amore di Rossella O’ Hara, che segnò la mia infanzia sulle gambe di mamma davanti a un piccolo televisore in bianco e nero, non mi sarei spinto decenni dopo fino a New Orleans, nella Louisiana prima di Katrina, per approndire, scovare memorie, raccogliere testimonianze tra musica e leggi antirazziali.

TRA CHAGALL E CHECHOV

Tornando alla censura della cultura russa, non riesco proprio ad immaginare la mia crescita orfana delle letture di Dostoevskij, delle sere a teatro con Cechov, del balletto musicato da Cajkovskij, delle composizioni musicali di Prokofiev, del cinema di Ėjzenštejn e Nikita Michalcov, del giornalismo di protesta di Anna Politkovskaja, dei sogni visionari di Gorbaciov tra le pagine della Perestrojka, dei voli pittorici di Chagall, del timbro lirico della Netrebko.
Alcuni dei nomi appena citati, che contribuirono anche ad ispirare il mio viaggio in Russia nel 2014, sono mescolati alla vita di tanti altri. Si tratta delle medesime persone che oggi dicono no al calpestio della cultura al di là degli Urali e, allo stesso tempo, partecipano alla protesta per fermare il seme della follia di un conflitto sanguinoso che ha cambiato già il corso della storia europea.

Mentre la Russia di Putin usa le forbici della censura per tagliare Facebook e Twitter, facendo della Duma il boia della libertà di informazione, io continuo a guardare, in compagnia di mia nipote, i simpatici personaggi dell’animazione russa Masha e Orso, a mangiare un buon piatto di insalata russa con il ronzio nella mente di una perla di saggezza di Tolstoj:

L’Arte deve sopprimere la violenza.