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Il voto (non) è segreto: Pisapia e De Magistris i Sindaci che uniscono Milano e Napoli

Il voto è segreto! E’ un luogo comune, ma anche il titolo di un bellissimo film iraniano che ho visto in anteprima nel 2001 al Festival di Venezia. Su quel ring cinematografico facevano a pugni arretratezza e modernità così come avviene oggi, dopo questo uragano post-ballottaggio, che ridisegna la politica italiana. Non è più “un segreto” che l’Italia voglia lasciarsi alle spalle anche la Seconda Repubblica e questa volta a decidere le sorti di una faticosa virata ci sono due città geograficamente e culturalmente lontane, ma mai così vicine come adesso: Milano e Napoli. La Milano di Giuliano Pisapia e la Napoli di Luigi De Magistris, i due Sindaci neo eletti che stanno facendo tremare il nostro Paese. Per Milano e Napoli si chiudono con questa tornata elettorale due lunghi periodi politici. Sembra una contraddizione, ma la paralisi riguardava proprio il trasformismo istrionico del capoluogo lombardo e campano, che negli ultimi tempi non riuscivano più a tenere testa ai mutamenti in corso.
Adesso occorre fare i conti, anche se a qualcuno non tornano, perché né milanesi né napoletani si sono lasciati conquistare dalle storielle ecopass, parcheggi, abusivismo edilizio, miracolo bis monnezza. Terminati i festeggiamenti, Pisapia e De Magistris avranno due grosse responsabilità, che in caso di fallimento condurrebbero queste due città alla catastrofe: da una parte ricostruire una Milano sulla solidità del pensiero, frenando l’ascesa del paganesimo del dio denaro; dall’altra far tornare Napoli ad essere la capitale di un Mezzogiorno – senza il ricatto dei bassoliniani (falsamente) pentiti – che non ne può più di vivere di commiserazione, pietà, assistenzialismo. Dipende dai punti di vista: l’elettorato è tornato a prendere in mano il megafono e ha dato il benservito a chi ha fatto di tutto affinché il voto restasse segreto per tanto tempo ancora. E non ci voleva la sfera di cristallo per prevederlo in tempi non sospetti.

Da Milano Pisapia fa tremare l’Italia: E pensare che c’era il pensiero…

Non è la stessa Milano stamattina. La terra ha tremato e lo scossone di Giuliano Pisapia lo ha sentito tutta l’Italietta, quella che mette sulla stessa barca benpensanti e clericali, trasformisti e papponi, cialtroni e farabutti, angeli e demoni, mercenari e valvassori. All’alba avrei bussato volentieri alla porta di Giorgio Gaber per inzuppare una brioche calda nel suo cappuccino – alla maniera provocatoria di Nanni Loy – e canticchiare assieme a quel milanese intelligente parole sagge: “E pensare che c’era il pensiero che riempiva anche nostro malgrado le teste un po’ vuote”.
E come se improvvisamente Milano fosse tornata a pensare, come se il lato umano assopito sotto la corteccia della capitale economica avesse preso il sopravvento, come se il cantico di Roberto Vecchioni in piazza Duomo sabato scorso fosse stato profezia musicale di una strada complicata da percorrere. Ora che i palazzi e gli imperi della metropoli sono costretti a far silenzio, questa Milano non può tacere più di fronte ad una multi etnicità culturale e sociale che la rende sempre più “meticcia”, nel viso e nell’anima.
Riguardando i manifesti sparsi in città con il volto di donna Letizia, ho rivisto il ghigno ingessato della Thatcher, la Lady di ferro anglosassone che un dì ha temuto di essere sbaragliata da qualche ragazzotto sbarbatello laburista della porta accanto. Certo, questo Pisapia sbarbatello non è, ma ha quell’aria scanzonata che al primo impatto lo rende poco padano.
Un boomerang, un uragano? Può darsi. E anche se si fermasse al ballottaggio, l’aspirante sindaco anti-Berluscones ha fatto tremare la terra sotto i nostri piedi. Per una volta una minoranza allargata ha gridato: Milano un pensiero ce l’ha e non è figlio del dio denaro.