Diario di viaggio: L’altra faccia della Slovenia tra le montagne di Kobarid

Rosario PipoloLontano dal varco della frontiera che porta dal Venezia-Giulia verso le spiagge della Slovenia. Lontano dai villeggianti italiani che si crogiolano al sole dall’altra parte dell’Adriatico, nel primo tratto dell’ex Jugoslavia, custode di troppa memoria per essere l’alternativa ai bagordi di Rimini e Riccione degli anni ’80.
Lontano da tutto questo, a ridosso del varco del Friuli, per raggiungere l’altra Slovenia: quella dei boschi, delle montagne, del fiume Isonzo che continua a scrivere pagine di storia.

Ha un senso spingersi verso Kobarid, la nostra Caporetto, quella che fin dai giorni delle scuole elementari fu per noi il cimelio geografico per eccellenza della grande disfatta bellica. E’ inutile far finta di niente. Affacciandosi sulla splendida valle dell’Isonzo, lungo l’abbraccio tra Kobarid e Tolmin, il paesaggio meraviglioso e l’aria vacanziera non possono distoglierci dal peso della memoria.
In questa valle sono assiepate le trincee della Grande Guerra come cicatrici sulla pelle. Non bastano un buon piatto di zlikrofi e una fetta di torta gibanica per togliere l’amaro di bocca.

Il toccante Kobariski Muzej, il museo della Grande Guerra di Caporetto, ti fa scattare la voglia di mandare all’aria “la vacanza fancazzista”. Torni a sentirti viaggiatore appena ti inerpichi sopra il sacrario militare di Sant’Antonio, che raccoglie le spoglie di oltre settemila soldati italiani.
Allora ti chiedi: questa non doveva essere la vacanza “paletta e secchiello on the beach” da spiaccicare su Facebook per sedimentare l’ingordigia del noioso reality estivo dei social network?

Lo ribadisco. Chi fa vacanza torna alla routine con nostalgia e rassegnazione; chi fa un viaggio torna per ripartire subito. Perché? Perché ha avuto l’umiltà di guardare con i propri occhi anche le cicatrici lasciate dalla storia.