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Luis Sepúlveda: “Cerca a Santiago tutti i luoghi della memoria.”

Penso con rabbia al Covid che l’anno scorso non ha risparmiato neanche Luis Sepúlveda. Conservo con gelosia il ricordo dell’incontro con lo scrittore cileno alla fine degli anni ’90 al Lido di Venezia. Mi ero perso tra le pagine di Diario di un killer sentimentale, prima di finire diritto al cuore del suo mondo letterario.
Ricordo con profonda emozione, in Sala Grande al Festival del Cinema di Venezia, la prima della versione animata di Enzo Dalò della sua La gabbianella e il gatto.

ISPIRAZIONE DEL MIO VIAGGIO IN CILE

Alla fine della nostra chiacchierata gli confidai un progetto: mettere da parte i soldi necessari per andare nel suo Cile a rendere omaggio a tutte le vittime di Pinochet. Luis fu molto caro e, lasciandomi una dedica, mi disse: “Cerca a Santiago tutti i luoghi della memoria.”
Ho mantenuto la promessa. Cinque anni fa ho attraversato le Ande con un bus e ho vissuto due giorni intensi a Santiago del Cile in memoria dei Desaparecidos e dei prigionieri, proprio come Luis, che non avevano mai smesso di rinunciare al sogno di un Sudamerico libero dalla schiavitù, anche del mito occidentale della velocità.

LA MUSICA DEI LOS PRISIONEROS

Mi vengono da canticchiare brani di Los Prisioneros, musicisti compaesani che cantarono contro la dittura di Pinochet, scoperti proprio durante il mio viaggio a Santiago.
Alcuni album, provenienti da la Tienda Nacional al numero 369 di via Merced della capitale, profumano ancora di Cile proprio come la “Gabbianella” di Sepúlveda che fa della fantasia un aquilone per volare sopra le crudeltà della vita.

Diario di viaggio: l’elogio alla lentezza del fabbro Campana oltre “la masseria dei ricordi”

Rosario PipoloOltre lo steccato del mio libro, c’è la “masseria dei ricordi”. Uno, due, dieci, cento istantanee in fila indiana. Hanno ragione Eugenia Russo e Anna Riva di Emeis che, in occasione della presentazione di “L’ultima neve alla masseria” alla Feltrinelli Point di Pomigliano, puntualizzano: “Pietro è come Rosario, è come ciascuno di noi che senza la sua storia, la sua armonia, il suo passato ed i suoi progetti futuri non avrebbe senso, significato, importanza. Noi siamo quello che raccontiamo. La narrazione è un modo per dare forma alle proprie emozioni.”

I ricordi non sono mai stantii, anche se restano fuori dal perimetro del racconto stesso. Sbircio tra il pubblico in libreria. Tra loro c’è una faccia nota e il suo sorriso mi riporta ai tempi del liceo. Ha gli occhi luminosi come quelli del fabbro Campana. Nelle tiepide mattine di maggio andavo a scuola in Vespa. Papà della mia compagna di classe, il fabbro di Pomigliano d’Arco aveva la bottega a pochi passi dal liceo. Mi lasciava parcheggiare il motorino nel suo giardino e lo teneva d’occhio.

Una mattina non entrammo in classe, perché a scuola mancava l’acqua. I miei compagni se la diedero a gambe ed io mi trattenni nella bottega del fabbro. Mi piaceva osservarlo a lavoro. Mentre riponevo i quaderni nel bauletto della vespa, l’uomo taciturno mi disse: “Ti meravigli che io continui ad usare lo stesso arnese da quando sei arrivato? Bisogna essere lenti come una lumaca per mettere l’anima in ciò che facciamo”.
L’elogio alla lentezza del fabbro Campana ha anticipato il mio incontro da giornalista con Luìs Sepúlveda. Durante l’intervista lo scrittore cileno insistette su quanta saggezza ci fosse nel ritmo lento di raccogliere i dettagli della vita. Forse Sepúlveda aveva già in cantiere di regalarci le pagine di Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza.

I ricordi non sono mai stantii se modellano l’interiorità del nostro futuro. Lo sussurravano già allora gli arnesi del fabbro Campana. Oggi nel bauletto della mia Vespa rossa ho trovato la carezza che mi lasciò in occasione del nostro ultimo incontro. Nella “masseria dei ricordi”, quelli miei, c’è anche il fabbro Campana ed ho riconosciuto la sua carezza, attraverso l’abbraccio della figlia Rachele, nell’ultimo viaggio alla Feltrinelli Point di Pomigliano d’Arco.