Morti bianche: Rosario a casa non torna più a Pasqua!
Ha il mio stesso nome. Non so perché i genitori lo avessero chiamato Rosario, ma l’unica certezza è che quest’anno non lo vedranno bussare alla porta per trascorrere la Pasqua assieme. Anche se molto più giovane di me, quando incrocio o sento chiamare qualcuno “Rosario”, mi sembra di aver trovato un mio simile. Forse perché non è diffuso, forse perché continuo a ripetermi che sono i nomi a renderci unici ed irripetibili.
A Rosario Rodinò hanno cancellato mostruosamente la giovinezza,perché hanno ritenuto che sul posto di lavoro si potesse tagliare su un sacrosanto diritto del lavoratore: la sicurezza. Questo ragazzotto di 26 anni fa parte delle vittime morte in un incendio nel dicembre scorso alla ThyssenKrupp di Torino. L’ennesima morte bianca che affligge la nostra cara Italia distratta, ma questa volta i responsabili non sono riusciti a farla franca. Finalmente una svolta inaspettata perché il verdetto ha condannato l’amministratore e altri responsabili della nota azienda siderurgica tedesca. Esultano i sindacati, che invece di brindare dovrebbero rimboccarsi le maniche affinché le tante ingiustizie seppellite sotto il fango siano riportate alle luce del sole. “Giustizia, un corno!”, potrebbe rispondere qualcuno con rabbia, perché i parenti delle vittime non riavranno indietro i loro cari.
La disperazione per un dolore così non ha prezzo e forse non bisogna neanche stare a parlare di un rapporto allineato tra “sicurezza” e “investimento”. Gianfranco Carbonato, Presidente dell’Unione Industriali di Torino, si è espresso così in un’intervista in merito alla sentenza: “L’immagine che diamo all’esterno non invita un’impresa a scegliere l’Italia. Se il modo di ragionare della procura e della Corte d’assise dovessero diffondersi nel Paese sarebbe un gigantesco regalo competitivo agli altri”.
Quale prezzo ha questo regalo competitivo? Privare un papà e una mamma di un figlio?