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Diario di viaggio: Il tesoro di Sabbioneta nello sguardo di Carolina

Volevo portarmi un souvenir speciale da questo mio ritorno a Sabbioneta, la bomboniera segreta, patrimonio UNESCO, ai confini tra il mantovano, il reggiano e il cremonese. E questa volta il pretesto per tornarci non erano solo lo gnocco fritto e la spalla cotta di Ciano, un buon bicchiere di lambrusco, la rassegna musicale all’interno del magnifico teatro o l’arte che si respira in ogni angolo di strada. La scusa erano alcuni legami che vi avevo lasciato, sospesi come quelli dei viandanti di una volta e che racchiudono il vero significato degli spostamenti di un viaggiatore.

Ho ritrovato la memoria impavida della comunità sabbionetana nel viso beato di Carolina, 85 anni portati splendidamente. Ero faccia a faccia con lei, poco prima di partire, ad un tavolo del bar Ducale. Mentre l’anziana signora voleva convincermi che i movimenti lentissimi degli arti la rendevano una figurante di una pellicola sbiadita del secolo scorso, io invece pensavo esattamente il contrario.
La sua lucidità, che scivolava in quel filino di voce, mi ha riportato ai tempi in cui noi giovani trascorrevamo più tempo con gli anziani, prima che l’invasione delle “badanti” li rendesse apparentemente rottami da museo. Sabbioneta non è “un paese per vecchi”, ma ha un tesoro che va oltre l’arte e le pagine di storia lasciate da Vespasiano Gonzaga: sono gli anziani, colonna portante di una comunità, perché se non fosse stato per il loro coraggio, noi oggi non staremmo qui a parlarne.

La gioventù dovrebbe trasformare la fretta dello sciupare il presente nella disponibilità a scambiare quattro chiacchiere con loro, a sedimentare nei racconti dei nonni la memoria civile che rende qualsiasi paese davvero libero. Negli occhi luminosi di Carolina ho scoperto l’ultimo segreto della Sabbioneta del secolo scorso, quello in cui bastavano i legami affettivi a rendere gli uomini felici.
Stringendole la mano, prima di partire, mi sono ricordato dell’ultima volta in cui lo ha fatto mia nonna Lucia. Da allora non mi sono più voltato indietro, perché sapevo che non l’avrei più trovata.
Eppure, nei miei vagabondaggi, mi capita sempre l’occasione di rivederla accanto a me, come è accaduto a Sabbioneta dopo l’incontro con Carolina, 85 anni portati splendidamente bene, protagonista del film più bello che sia stato girato nella cittadella della provincia di Mantova: la visione lucida della dignità di chi ha vissuto la vita per la famiglia.

 Sabbioneta

Cartolina da Sabbioneta: Vespasiano Gonzaga è vivo ed io l’ho visto!

Ciano sognava di fare il disc jokey e perse l’aereo per lo Studio 54 di New York. Restò al suo paese tra un mucchio di dischi impolverati e i ricordi delle villeggiature tra Cesenatico e Rimini. Daniela lo incontrò e se ne innamorò. Gli disse: “Resta qui. Saremo felici, perchè basta poco per esserlo. E così sia. So fare lo Spritz, mettiamo su un baretto”.
Giuseppe era un bimbo quando gli finì tra le mani Il vecchio e il mare di Hemingway: voleva pescare da sportivo e poi lasciare liberi i pesci. Mary adorava la schiuma e riusciva a fare un gioco di prestigio, trasformando il caffè in una bevenda cioccolatosa dalle piccole vibrazioni gustative. Silvia, Giada e gli altri ragazzi della combriccola al bar Ducale spulciavano sogni e spensieratezza. Cecilia uscì viva da sotto le macerie, cominciò a collezionare bambole e guardò il mondo attraverso la loro vista. Sandro mutò le sorti di una vecchia locanda, dove sostarono gli austriaci, in una piccola pensione. Guerrino si imbarcò su una nave, ma lui non sapeva che lo avrebbero mandato a fare quella cosa zozza che si chiama guerra. A 90 anni è diventato un collezionista di profumi, ogni sera ne annusa uno perchè da quell’essenza torna la moglie amata, volata in cielo. Orianna aveva smesso di far gelati per imparare ad accarezzare il pancione, in attesa che Daniele venisse fuori. Marcella aveva la passione per la storia dell’arte, diventò guida, mi prese per mano e mi portò lungo un corridoio di 97 metri tra memorie di un palazzo e i fremiti del palcoscenico di un teatro. Infine, il conte si era illuso che, con l’acquisto di un titolo nobiliare e giocando a nascondino tra vecchie cianfrusaglie, avrebbe scoperto il segreto della vita, calpestato dal Re vigliacco e dal Duce orco.
Povero sciocco, il segreto lo avevano capito i Peritoperaria che facevano musica folk per acquistare un pulmino ai disabili, cantando a squarciagola “chi non piscia con noi è un ladro o una spia”. Io ho “pisciato” assieme a loro e mi sono liberato di quelle ipocrisie e falso perbenismo che lapidano la provincia.
Uscendo da quelle mure, si è avvicinato un tizio per dirmi: “Tutti pensano che io Vespasiano Gonzaga me ne stia buono buono all’Incoronata. Invece faccio l’equilibrista sulle mura della mia città e mi soffermo sulla semplicitá delle persone di cui vado fiero, perchè sono loro a rendere grandi i particolari della vita”. Poi è scomparso. Io volevo fare marcia indietro, ma la città era diventata un puntino sul filo di terra tra il reggiano, il cremonese e il mantovano. Anche se mi fossi scolato tutta una bottiglia di Lambrusco, non avrei colmato il vuoto per aver lasciato Ciano e quella gente. Il fantasma di Vespasiano Gonzaga mi ha svelato il rebus: “il patrimonio” da tutelare non è soltanto fatto di tesori artistici, ma della bella gente rimasta prigioniera di quelle mura, figlia dell’Italia in bianco e nero che sapeva raggomitolare le emozioni sul filo della nostra storia. Benvenuti a Sabbioneta!