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Archives Settembre 2011

pronto per il nuovo facebook: democrazia sociale o dittatura globale?

Siamo ad un passo dal nuovo Facebook: il lancio ufficiale è previsto il 30 settembre. Io sguazzo nella versione beta da qualche giorno (la mia dovrebbe essere visibile dal 4 ottobre). Ci sarà la fine del mondo? No. Una catastrofe sui social network? Dipende dai punti di vista. “Faisbùk” cambia pelle e i sapentioni della rete annunciano che l’incazzatura del popolo social durerà al massimo tre settimane, perché sarà questione di abitudine. Ci rassegneremo presto al nuovo profilo (le fan page al momento resteranno inalterate) con un cruscotto in alto dominato da una cover gigante, le nostre info e una serie di pulsanti che riportano al nostro mondo?

La filosofia del “mi piace” sta per evolversi con composé di bottoncini sostitutivi, ma l’innovazione più inquietante è la Timeline. Agli hula-hoop di Google+, si aggiunge la linea della vita: insomma tutti potranno farsi “mazzi e cazzi” nostri, se non impostiamo le regole della privacy di ogni singolo status. Infatti, possiamo aggiungere anche gli eventi precedenti alla nostra entrata in Facebook, dalla nascita a vita, “morti” e miracoli, incluse cronologia di storie sentimentali, acquisto dell’auto o della casa.

Alla faccia della privacy! Come faranno coloro che nascondono l’anno del compleanno, adesso che la timeline parte proprio dal lieto dì in cui la cicogna ci ha abbandonati? Le inquietudini sono diverse ed io mi diverterò ad inventare un passato che non ho. Sta di fatto che qui non è un problema di rivolta grafica, ma di organizzazione dei contenuti e di consegna della nostra vita nelle mani del social network più potente del pianeta. Zuckerberg avrebbe dovuto promuovere un referendum.
Morale della favola: Facebook, più feroce dell’occhio invadente del Grande Fratello, ci sta costruendo un bunker su misura. Sono pronte nuove applicazioni per ascoltare musica e vivere l’intrattenimento senza passare per vie esterne.

La storia è disgraziata e sa come metterci la pulce nell’orecchio, proprio mentre Mark Zuckerberg si organizza per una possibile entrata in politica. I grandi dittatori prima di diventare tali, si sono spacciati per paladini della democrazia. Mettiamoci pure in coda per finire sull’altra sponda: da democrazia sociale a dittatura globale.

Facebook ti spia anche quando non sei connesso

Il nuovo Facebook: la privacy si complica. Suggerimenti…

Come attivare il nuovo profilo di Facebook in anteprima

il nuovo facebook: quanto vale amarsi se c’è troppa differenza di età?

I sentimentali non remano contro la differenza di età. Non mi riferisco ad una decina d’anni, ma a quella di manica più larga, che oscilla tra distanze più ampie. Una bella botta, che secondo i più devoti dell’ufficio anagrafe è qualcosa di insostenibile e da manicomio. Le tendenza cambiano. Una volta la donna era più giovane, adesso accade il contrario: il gentil sesso si circonda di uomini più piccoli e ritrova il filtro dell’eterna jeunesse. Giovane sì, ma poppante no!

Tuttavia, nella piazza dei social network a volte ci si dimentica delle distanze anagrafiche, perché in chat, in una battuta in bacheca o in uno scatto fotografico si tralasciano certi dettagli che poi verrebbero fuori nella vita di coppia. Chiudendo per un attimo l’album della fiaba d’amore a lieto fine, ecco che scatta l’orrore: la gente che giudica; gli amici di lui che consigliano di fare scorta di viagra per gli anni futuri; il terrore che il papà sia scambiato per il nonno e la mamma per la sorella maggiore; il muro separatore di sogni generazionali distanti e contraddittori; la convinzione che il dialogo della quotidianità scivoli e sprofondi nell’oblio dell’incomprensione.
E poi diciamoci le cose stanno: la fotografia di lui quarantenne e lei ventenne appartiene soltanto a determinate caste sociali, allo star-system dei vip perché la diceria popolare professa il verbo: Cosa ci troverebbe mai una donna in un uomo più “vecchio” se non il gusto di soldi e potere?

Adesso a mettere il bastone tra le ruote ci sarà pure il nuovo Facebook, che “castigherà” tutti i menefreghisti della differenza di età. Con la nuova “rivolta grafica” in corso e quella maledetta Timeline rivivremo la nostra vita passo dopo passo: nel 1990 lui si diplomava e lei si battezzava; nel 2000 lui si laureava fuori corso e lei era sull’altarino per la prima comunione; nel 2009 lui postava le canzoni di Micheal Jackson in ricordo dei vecchi tempi e lei se la faceva addosso con le hit di Amy Winehouse.

A meno che non scartino un Bacio Perugina con la speranza di trovare il messaggino “L’amore non ha età”, da oggi in poi anche i sentimentali remeranno contro quella scandalosa differenza di età. Le nostre carte d’identità sono davvero carogne, ma le nostre anime no. E se invece di avere un corpo che invecchia, fossimo spiriti vaganti – con o senza Facebook – “potremmo essere felici e farci un mucchio di risate”, ovunque e comunque.

Manhattan di Woody Allen

Sei così mia quando dormi di Anna Kanakis

Gabri di Vasco Rossi

Trucchi per una vita “sottocosto”, senza rinunce nei giorni di crisi

La crisi ci divora e io mi ingegno. Internet mi offre qualche opportunità in più per trasformare la vita in stile “sottocosto”, senza fare troppe rinunce. Mi munisco all’ufficio postale di una carta prepagata PostePay e cambio le abitudini.

Inizio dal taglio delle inutili spese bancarie e apro il conto corrente su Webank: zero canone e zero spese di gestione. Se dell’auto non ne posso fare proprio a meno (c’è sempre il noleggio low cost), stipulo un’assicurazione on line: Zurich Connect è tra le più convenienti (RC+I/F, 12 classe, €35 al mese in Lombardia). Se non voglio ritrovarmi con la moglie o una fidanzata incazzata, non la privo dello shopping: Yoox e Buy Vip (sconti fino al 70% sulle migliori marche) fanno per lei, senza l’assillo dell’attesa dei saldi. Mi registro e mi iscrivo  alla newsletter per essere sempre aggiornato. E la taglia? Assurdo acquistare un maglione o un paio di scarpe senza provarli. No problem: cerco l’articolo in un negozio, mi faccio amica la commessa, lo provo e poi all’uscita ci piazzo una scusa bella e buona: “Ops, ho dimenticato il Bancomat a casa”.

Col taglio e l’aumento spropositato dei trasporti pubblici, meglio andare a lavoro pedalando. Tolgo dal budget i 300 euro annui per la palestra e investo 100 euro per un bella bicicletta: divento sportivo ed ecologico allo stesso tempo. Se fossi un neo papà e il mio bebé mi costasse un occhio della testa, mi affiderei a blog specializzati come Blogmamma.it o farei acquisti su siti come Newbabyberry, BabylunaNewbabyland e Bimbomarket. Per quanto riguarda la spesa al supermercato, su Risparmiosuper trovo quello più economico a pochi passi da casa. Per musica e film a prezzi stracciati ci pensa Amazon UK, mentre per tutto il resto c’è Groupon: vado al ristorante o in locale con il 50-60% di sconto, acquistando on line il coupon più adatto. Le offerte sono a tempo limitato, quindi mi sbrigo (in alternativa su Milano c’è Colpogrosso con offerte di qualità e più mirate).

I viaggi e le vacanze le programmo dai 4 ai 6 mesi d’anticipo: mi iscrivo alle newsletter di Ryanair e Easyjet per voli a basso costo e tengo d’occhio Hostelbookers, con un’ampia offerta di ostelli e alberghi. Abolisco il telefono di casa, mi munisco di un Netbook e utilizzo il nuovo Indoona di Tiscali. Per il cellulare, scelgo una prepagata 3 Italia con la tariffa più conveniente così se carico almeno 10 euro al mese vado al cinema gratis con Grande Cinema 3. Può bastare?

 Marco Mengoli, Una vita low cost, Il ciliegio 2011

 La ballata dei precari, film indipendente

 Una vita low cost – Il Blog

Cavani, messo di San Gennaro: “Are You Italian? No, Napulitan”

E chi può dirlo. La vittoria del Napoli contro il Milan a poche ore dalla festa del santo Patrono potrebbe essere un segno premonitore. E se questo Cavani ce lo avesse mandato San Gennaro? Nel centro storico di Napoli, a San Gregorio Armeno, pare che gli artigiani si stiano già dando da fare per metterlo al posto del “bambinello” sul prossimo Presepe. Un gesto tra il sacro e il profano, che però possono permettersi soltanto le città del Sud del mondo – da Napoli a Buenos Aires, da Rio De Jainero a Caracas – dove il calcio testimonia il riscatto sociale di un’intera comunità.

La violenza allo stadio allontana; il campanilismo leghista o borbonico è una becera caduta di stile; il furor di popolo colorato, tipico dei partenopei, unisce in qualsiasi parte del pianeta uno si trovi. Domenica sera ero imbottigliato in autostrada e seguivo la partita alla radio. Mi è tornata in mente la domenica pomeriggio a casa di mio nonno. Ad ogni goal tremava tutto lo stabile, nonostante lo stadio San Paolo si trovasse a diversi chilometri in linea d’aria. Non è una frottola quella che ha registrato l’Osservatorio sismico del Vesuvio: pare che, subito dopo il goal della squadra di Mazzarri a Manchster, la terra partenopea abbia tremato.

Le città del Sud del mondo si ritrovano sempre unite intorno ad un pallone. Perciò lo striscione dei tifosi del Napoli Calcio Fans Club London – su Facebook raccolgono quasi 2500 fan – la dice lunga. “Are You italian? No, Napulitan”.  In tanti hanno il rimorso di non essere figli di questa città, piena di contraddizioni, ma pronta a togliersi il fango dalla schiena con dignità. E forse in questo Cavani è messo di San Gennaro, per qualsiasi napoletano, soprattutto per coloro che hanno il rimpianto amaro di averla rinnegata.

  Calcio Napoli Fan Club London

Cavani e San Gennaro, insieme sul presepe

 Napoli Mania

 

On the road: Cartolina dal Neder Cafè di Castel Goffredo

Malati di esterofilia, continuiamo a scimmiottare i locali delle grandi metropoli europee, dimenticando un posto che caratterizza la nostra italianità: il bar, come punto di ritrovo e socialità. Non quello nella piazza al centro del paese, ma quello fuori mano, isolato, che incontri per caso nel bel mezzo delle tue peregrinazioni on the road. Lungo un fiumiciattolo, poco distante dal Mincio, senti il richiamo delle anatre. Quelle simpatiche e giocose canaglie d’acqua dolce che ormai si vedono nei vecchi film western con John Wayne e in qualche fumetto.
A Castel Goffredo, all’inizio del mantovano, le chiamano Neder. Per questo il Neder Cafè, il grazioso bar gestito da Emanuela Redini, le omaggia e fa in modo che in qualsiasi punto ti metta le senti borbottare. Dopo che Orlando, un calabrese travestito da mantovano, ti ha preparato i piatti tipici del posto, ti fermi lì per quattro chiacchiere. C’è il Volpi, che ti racconta della sua infanzia a Sabbioneta e dei piccoli passi che poi sono quelli che rendono grande la quotidianità; c’è la duchessa, di professione insegnante, che ti mette di buon umore con la sua solarità; c’è il gruppo di bevitori habitué che hanno sconsacrato lo Spritz, trasformandolo in Sprotz. Basta invertire il vino bianco con quello rosso e la magia è fatta: il drink si ostina ad essere più rustico e campagnolo. Non ci vuole poi tanto a fermare il tempo: buona compagnia nel posto giusto.
Dopo un paio di Sprotz, è legittimo dimenticare il telefono e vivere un giorno senza l’assillo dei trilli. Tanto a rispondere ci pensano Emanuela e lo staff del Neder Cafè. Questo mi riporta ai tempi in cui mio padre, in un paesotto di provincia del Sud Italia, andava a ricevere le telefonate in un baretto al centro del paese. Tutto torna, prima o poi. Più che lo smartphone, avrei preferito io restare in “ostaggio” in quel posto, ad osservare Emanuela che preparava stucchizzini, Matteo che mi parlava di Fabio Testi e il Volpi avvolto dai racconti di gioventù.  Sarebbe stato l’ennesimo escamotage per mantenere inalterato il gusto della vita.

 Castel Goffredo on line

  Aperol Spritz

 Turismo nel mantovano

Ustica e lo Stato che non vuol pagare: I panni sporchi si sciacquano

Non basta rivedere il film “Il muro di gomma” di Marco Risi o cazzeggiare in rete per capire quanto pesino le frottole ambulanti intorno al mistero di Ustica. Bisognerebbe farsi fare un abito su misura con tutti i ritagli di giornale di una trentina d’anni fa, quando quell’aereo in volo da Bologna a Palermo scomparve in cielo come in un film di fantascienza. Avremmo dovuto chiedere in prestito agli americani i Fantastici 4 per andare giù a fondo a quest’altro mistero italiano che, assieme alle stragi di piazza Fontana, di piazza della Loggia, della stazione di Bologna e il rapimento di Aldo Moro, chiude il girotondo intorno alle “incompiutezze” della Prima Repubblica.
Il Tribunale di Palermo fa tornare a parlare della strage di Ustica e di 81 vittime innocenti: punisce i Ministeri della Difesa e dei Trasporti per “negligenza e omissioni della verità” con una multa da 100 milioni di euro. Una cifra sciocca e di scarso valore morale visto che in questo lungo tempo la verità non è mai saltata fuori. No, anzi si è solo sciolta come un ghiacciolo al sole, mentre la roulette gira tra Libia, Francia e Stati Uniti.
E lo Stato che fa? Lo aveva predetto Faber tra i versi della sua Don Raffaè: “Prima pagina venti notizie ventuno ingiustizie e lo Stato che fa si costerna, s’indigna, s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità”. Nessuno vorrebbe essere nei panni dei parenti delle vittime, costernate da un dolore straziante. Peggio ancora è vestire i panni di chi rappresenta lo Stato italiano e si prepara a “far ricorso contro la sentenza” perché la ritiene “inaccettabile”.
Pur di non indossare i panni sporchi, è più dignitoso andarsene in giro “in mutande” e finire sulla prima pagina di un giornaletto parrocchiale per “oltraggio al comune senso del pudore”.

  Ustica, sentenza choc: nessuna bomba sul DC9…

  Associazione parenti delle vittime

  Quella maledetta estate di Giovanni Minoli

 

ATM di Milano: aumenti assurdi, servizio scadente e attese inaudite per il Forum di Assago

Se esiste ancora un barlume di democrazia in questo Paese, possiamo dirlo con il megafono. L’ATM di Milano, fiore all’occhiello dell’(ex) capitale economica d’Italia (la Borsa continua ad andare a picco!), è diventata l’oltraggio al pudore di chi si sposta con i mezzi pubblici. Aumento del biglietto urbano a 1,50€, previo contentino dell’allungamento della validità oraria di 15 minuti in più, al ritorno dalle vacanze. C’è un ricatto morale di fondo: o tagliamo le corse e magari licenziamo, o aumentiamo il prezzo del biglietto. E’ chiaro che ci teniamo l’aumento, che si trasforma in un salasso per chi vive nell’hinterland milanese.
A tutto ciò si aggiunge un servizio sempre più scadente, in modo particolare sulla Linea 2 della metropolitana, dove chi attraversa Milano dopo le 21 impiegherebbe meno tempo con il passante ferroviario. Chi si reca ad Assago è meglio che si rassegni ad aspettare dai 20 ai 30 minuti. E pensare che gli agenti immobiliari, giù di morale in questi giorni di crisi, ne hanno fatto un business: hanno venduto buchi a peso d’oro, perché affacciavano sulla linea della “fantastica” metro.
Ieri sera l’esercito di teenager, accorso al concerto di Avril Lavigne al Forum di Assago, al termine dello show ha penato in banchina quaranta minuti prima di veder partire la prima corsa per il centro. In più, oltre all’acquisto del biglietto del concerto, gli studenti abbonati all’area urbana, si sono dovuti sobbarcare pure un costo aggiuntivo di 1,90€ per sole due fermate. Una volta c’erano gli autobus gratuiti in occasione dei live al Forum, adesso che fine hanno fatto? E smettiamola con la solita filastrocca che debbano essere i comuni o i management dei concerti a contribuire, a tirar fuori i soldi dalle proprie tasche. Un buon servizio pubblico dovrebbe tutelare il cittadino in piena autonomia.
Con l’ATM anche un capriccio è un salasso: prendete la metro per una sola fermata – da Assago Forum ad Assago Milanofiori – al costo di 1,50€. Chi saranno le prossime vittime? Gli abbonati annuali? Morale della favola: viaggiare in autobus o in metropolitana ormai è roba da ricchi. Il sindaco Pisapia si à già messo l’anima in pace?

Dov’eri quel maledetto 11 settembre di dieci anni fa?

Caspita, sto pensando a dov’ero quel maledetto 11 settembre di dieci anni fa. E tu? Dalla parrucchiera; col culo incollato alla scrivania dell’ufficio; per strada illudendoti che fosse un giorno qualunque; a telefono afflitto dalle solite cazzate; a sbuffare sul divano perché ti toccava fare in fretta, se volevi recuperare l’interrogazione di latino del giorno dopo; in coda all’ufficio postale per inviare un pacco posta-celere ai cugini italo-americani; a litigare col tuo ragazzo; a dare la poppata a tuo figlio.
Dove c**** eri quel maledetto 11 settembre di dieci anni fa? Me lo vuoi dire sì o no?
Io a Firenze, rinchiuso in una sala cinematografica, a recuperare una vecchia pellicola in occasione di un convegno a cui avevo relazionato. Sono uscito tra il primo e il secondo tempo. Pensavo al discorso anti-americano del Nobel Harold Pinter pronunciato il giorno prima. Aveva imbarazzato tutti gli accademici. Mi sono girato, ho buttato l’occhio alla tv e ho visto un aereo schiantarsi nelle Torri Gemelle. Il solito film di fantascienza! Sono rientrato in sala e ho continuato come nulla fosse successo.
Al termine della proiezione, mi sono detto: che c**** ho fatto? Questo non è uno scherzo. E dopo dieci anni mi interrogo: chissà se ci fosse stato Twitter, come sarebbe andata. Chissà se l’uragano social avrebbe raddrizzato il marasma confusionario mediatico, svoltando oltre il cine-documentario alla Micheal Moore.
Gli dei hanno giocato sporco e nessuno ci ha fatto caso. A casa di mio zio Mimmo – che dopo dieci anni non c’è più – ho trovato un vecchio libro sul Cile di Allende. E mi sono ricordato dell’11 settembre, quello del ’73, in cui ero lì beato nella culla, mentre a Santiago del Cile prendeva il potere Augusto Pinochet. I cileni vissero un dolore e un dramma che ci hanno costretto a dimenticare. Forse è ora che ce ne ricordiamo in occasione di quest’altro anniversario.
Dove c**** sarai il prossimo 11 settembre? Io voglio starmene da solo, da qualche parte, a vagabondare come un eremita che si ostina a non credere che “tutto cambia per rimanere come prima”.

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Cartolina da Sabbioneta: Vespasiano Gonzaga è vivo ed io l’ho visto!

Ciano sognava di fare il disc jokey e perse l’aereo per lo Studio 54 di New York. Restò al suo paese tra un mucchio di dischi impolverati e i ricordi delle villeggiature tra Cesenatico e Rimini. Daniela lo incontrò e se ne innamorò. Gli disse: “Resta qui. Saremo felici, perchè basta poco per esserlo. E così sia. So fare lo Spritz, mettiamo su un baretto”.
Giuseppe era un bimbo quando gli finì tra le mani Il vecchio e il mare di Hemingway: voleva pescare da sportivo e poi lasciare liberi i pesci. Mary adorava la schiuma e riusciva a fare un gioco di prestigio, trasformando il caffè in una bevenda cioccolatosa dalle piccole vibrazioni gustative. Silvia, Giada e gli altri ragazzi della combriccola al bar Ducale spulciavano sogni e spensieratezza. Cecilia uscì viva da sotto le macerie, cominciò a collezionare bambole e guardò il mondo attraverso la loro vista. Sandro mutò le sorti di una vecchia locanda, dove sostarono gli austriaci, in una piccola pensione. Guerrino si imbarcò su una nave, ma lui non sapeva che lo avrebbero mandato a fare quella cosa zozza che si chiama guerra. A 90 anni è diventato un collezionista di profumi, ogni sera ne annusa uno perchè da quell’essenza torna la moglie amata, volata in cielo. Orianna aveva smesso di far gelati per imparare ad accarezzare il pancione, in attesa che Daniele venisse fuori. Marcella aveva la passione per la storia dell’arte, diventò guida, mi prese per mano e mi portò lungo un corridoio di 97 metri tra memorie di un palazzo e i fremiti del palcoscenico di un teatro. Infine, il conte si era illuso che, con l’acquisto di un titolo nobiliare e giocando a nascondino tra vecchie cianfrusaglie, avrebbe scoperto il segreto della vita, calpestato dal Re vigliacco e dal Duce orco.
Povero sciocco, il segreto lo avevano capito i Peritoperaria che facevano musica folk per acquistare un pulmino ai disabili, cantando a squarciagola “chi non piscia con noi è un ladro o una spia”. Io ho “pisciato” assieme a loro e mi sono liberato di quelle ipocrisie e falso perbenismo che lapidano la provincia.
Uscendo da quelle mure, si è avvicinato un tizio per dirmi: “Tutti pensano che io Vespasiano Gonzaga me ne stia buono buono all’Incoronata. Invece faccio l’equilibrista sulle mura della mia città e mi soffermo sulla semplicitá delle persone di cui vado fiero, perchè sono loro a rendere grandi i particolari della vita”. Poi è scomparso. Io volevo fare marcia indietro, ma la città era diventata un puntino sul filo di terra tra il reggiano, il cremonese e il mantovano. Anche se mi fossi scolato tutta una bottiglia di Lambrusco, non avrei colmato il vuoto per aver lasciato Ciano e quella gente. Il fantasma di Vespasiano Gonzaga mi ha svelato il rebus: “il patrimonio” da tutelare non è soltanto fatto di tesori artistici, ma della bella gente rimasta prigioniera di quelle mura, figlia dell’Italia in bianco e nero che sapeva raggomitolare le emozioni sul filo della nostra storia. Benvenuti a Sabbioneta!