3 poesie contro l’indifferenza al genocidio in Palestina

Il mio cuore da viaggiatore continua a battere forte per la Palestina, in ricordo della mia esprienza di viaggio lì nel 2022, dove ho creato un un legame speciale con i palestinesi.
In questi giorni di atrocità furibonda a Gaza tra morte e dolore, mi tornano in mente 3 poesie da leggere come una preghiera, per mortificare l’indifferenza al genocidio in Palestina.

CARTA D’IDENTITA’ DI MAHMUD DARWISH (1964)

Prendi nota
sono arabo
carta di identità numero 50.000
bambini otto
un altro nascerà l’estate prossima.
Ti secca?
Prendi nota
sono arabo
taglio pietre alla cava
spacco pietre per i miei figli
per il pane, i vestiti, i libri
solo per loro
non verrò mai a mendicare alla tua porta.
Ti secca?
Prendi nota
sono arabo
mi chiamo arabo non ho altro nome
sto fermo dove ogni altra cosa
trema di rabbia
ho messo radici qui
prima ancora degli ulivi e dei cedri
discendo da quelli che spingevano l’aratro
mio padre era povero contadino
senza terra né titoli
la mia casa una capanna di sterco.
Ti fa invidia?
Prendi nota
sono arabo
capelli neri
occhi scuri
segni particolari
fame atavica
il mio cibo
olio e origano
quando c’è
ma ho imparato a cucinarmi
anche i serpenti del deserto
il mio indirizzo
un villaggio non segnato sulla mappa
con strade senza nome, senza luce
ma gli uomini della cava amano il comunismo.
Prendi nota
sono arabo e comunista
Ti dà fastidio?
Hai rubato le mie vigne
e la terra che avevo da dissodare
non hai lasciato nulla per i miei figli
soltanto i sassi
e ho sentito che il tuo governo
esproprierà anche i sassi
ebbene allora prendi nota che prima di tutto
non odio nessuno e neppure rubo
ma quando mi affamano
mangio la carne del mio oppressore
attento alla mia fame,
attento alla mia rabbia.

SE IO DOVRO’ MORIRE DI RIFAT AL-AREER (2023)

Se io dovrò morire,
tu dovrai vivere

per raccontare la mia storia
vendere le mie cose
comprare un pezzo di stoffa
e qualche filo
(magari bianco con una lunga coda)
così che un bimbo, da qualche parte a Gaza
mentre fissa il cielo
in attesa di suo padre
– morto all’improvviso senza dire addio
a nessuno
né alla sua pelle
né a se stesso –
veda il mio aquilone
quello che tu hai costruito
volare alto
e pensare, per un attimo, che sia un angelo
a riportare amore.
Se io dovrò morire,
che porti allora una speranza
che la mia fine sia un racconto.

RAMADAM DI MOSAM ABU TOHA (2024)

Seduti attorno a quel tavolo, mancano le sedie
dove il venerdì si accomodavano mia madre, mio padre,
e la mia sorellina,
dove i miei fratelli e i loro figli
bevevano tè al tramonto quando venivano a farci visita.
Non è rimasto più nessuno. Nemmeno il tramonto.
Nella cucina, manca il tavolo.
Nella casa, manca la cucina.
Nella casa, manca la casa.
Rimangono solo macerie, in attesa di un’aurora.

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