Diario di viaggio: A casa di D’Annunzio tra letteratura, teatro e pubblicità

Cover by Lacciosciolto da Foto Fondazione Il Vittoriale

Ci sono due luoghi in cui ho avvertito la presenza dei “padroni di casa”. La Reggia di Francesco Giuseppe, Schönbrunn a Vienna, e il Vittoriale degli Italiani di Gabriele D’Annunzio a Gardone Riviera, sulla sponda lombarda del Lago di Garda. Il complesso voluto fortemente da uno scrittore avanguardista del XX secolo – il D’Annunzio che la generazione dei miei professori liquidò con qualche paginetta sgualcita per rincorrere i programmi ministeriali di allora – resta una tappa da viaggiatore che va oltre l’odioso dovere “scolastico” che prima o poi ti porta in certi luoghi sotto lo sglogan meglio tardi che mai.

MEMORIE REMOTE TRA TEATRO E GLI ANNI DEL VITTORIALE

Eppure a D’Annunzio non ci sono arrivate tra le solite paginette imposte di antologia ma attraverso una scorciatoia sottovalutata: il teatro, tra i copioni di Francesca da Rimini e La figlia di Iorio, lo studio matto e disperatissimo su Eleonora Duse sotto la guida dello storico napoletano di teatro Franco Carmelo Greco, un incontro che mutò il mio destino di ribelle adolescente.
Non avevo compiuto ancora quidicianni e mi trovai, in un camerino di periferia, attaccato alla giacca del gigante pirandelliano Salvo Randone, classe 1906, l’attore siracusano cresciuto sui palcoscenici di fine anni ’20 a metà strada tra i viventi Pirandello e D’Annuzio. Quella sera su Randone annusai lo stesso dopobarba di mio nonno e, allo stesso tempo, quel profumo del tempo che ti portava diritto agli anni dannunziani del Vittoriale. In visita li ho ritrovati guardando la sterminata bellezza dell’anfiteatro che abbraccia il lago di Garda.

D’ANNUNZIO, IL VITTORIALE E PROFEZIE MODERNE

Attraversare la casa dello scrittore a Gardone Riviera in questo tempo, dopo il buio di una pendemia e le bombe di una guerra che lacera l’Europa, non acceca il visitatore di estetismo e mito del superuomo raccolti tra le centinaia di oggetti raccolti.
Lascia una riflessione amara sui corsi e ricorsi storici, su come gli ultimi anni zeppi di lacerazioni e contraddizioni riabilitino per l’ennesima volta D’Annunzio dalla critica miope che sminuì la sua complessa opera per darla in pasto a visioni politiche estremiste e patriottismi guerrafondai.
Buttando l’cchio qui e lì mi è tornato in mente il D’Annunzio antesignano della pubblicità moderna – si deve a lui il nome dei famosi grandi magazzini la Rinascente – tra la femminilità attribuita al sostantivo automobile che fece la fortuna della Fiat degli Agnelli e la definizione di Liquore delle virtudi che divenne lo slogan dell’Amaro Montenegro.

D’ANNUNZIO E L’INFLUENCER MARKETING

Quanti influencer che affollanno le nostre bachece social sanno di dover qualcosa a Gabriele D’Annunzio? Senza le sue illuminazioni da influencer marketing, assiepate nella prima parte del secolo scorso oltre il nome dei biscotti Saiwa, chissà cosa ne sarebbe oggi dell’occhio stilizzato di Chiara Ferragni e di tanti loghi che risucchiano giri d’affari milionari. C’è ancora chi è convinto che una visita al Vittoriale sia soltanto un tuffo nel passato remoto?

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