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Archives Maggio 2022

Palermo senza Falcone: io prigioniero nel Palazzo dei Normanni

Trent’anni dopo la strage di Capaci, resto prigioniero nel Palazzo dei Normanni di Palermo. Mentre il capoluogo siciliano si accinge alle commemorazioni per l’uccisione del giudice Giovanni Falcone e della sua scorta, io salgo e scendo lo scalone del palazzo in cui aleggia ancora la presenza di Federico II.
Mi defilo, mi nascondo tra i colonnati, mi siedo sulla scala e penso a dove mi trovassi il 23 maggio 1992, quando al telegiornale diedero la tragica notizia: ero immerso nella preparazione dell’esame di maturità.

IO VI PERDONO, PERO’ VI DOVETE METTERE IN GINOCCHIO

E pensare che la mia ultima volta a Palermo la residenza reale più antica d’Europa era una bellezza da contemplare tutta all’esterno. Ora ci sono dentro, ne attraverso le stanze non da turista ficannaso ma da viaggiatore alla ricerca di glorie remote in oltre duemila anni di storia.
Dalla finestra spingo lo sguardo fino al centro storico di Palermo, in lontananza le facce degli studenti del Vittorio Emanuele, in cui insegnò don Pino Puglisi, un altro martire di Cosa nostra. Non riesco a leggere gli striscioni dedicati a Falcone degli studenti palermitani, che trent’anni fa non erano nati ancora.

L’ARTE CI SALVERA’ DALLE BRUTTURE DI QUESTO MONDO?

Ho in testa il rumore delle bombe di Capaci – ricordo quando mi accompagnarono nella zona dell’attentato nell’estate 2007 – e le parole di rabbia e dolore di Rosaria Schifani, vedova della scorta, “Io vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio.”
Trovo rifugio nella Cappella Palatina, magnifico dono del monarca Ruggero II di Sicilia, una bellezza indescrivibile da procurarmi un lungo batticuore. Di fronte a tanta bellezza, affogo improvvisamente nell’amletico dubbio: l’arte continuerà a salvarci dalle brutture di questo mondo?

GLI UOMINI PASSANO, LE IDEE RESTANO

Nel giardino del Palazzo dei Normanni, sosto sotto un albero. E’ enorme rispetto a quello in via Notarbartolo 23, sotto casa di Giovanni Falcone. Se ci penso, con le sue radici enormi, assomiglia all’eredità di questo martire della Mafia: così radicata da spingere i più giovani a calpestare uno dei peggiori morbi di una società civile, l’omertà.
Gli anniversari servono anche risollevare la salivazione amara che ti fa guardare il bicchiere mezzo vuoto: cosa non abbiamo fatto allora per salvare i giudici Falcone e Borsellino? Cosa non hanno fatto lo Stato, le istituzioni, la classe politica di allora?
La loro morte feroce per mano della Mafia rimane una delle sconfitte più lapidari dell’Italia della Prima Repubblica.
Da dietro l’albero nel giardino del Palazzo dei Normanni sbuca un bimbo dal sorriso vispo, sgambetta verso la madre che gli va incontro, risento queste parole:

“Gli uomini passano, le idee restano, restano le loro tensioni morali, continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.”

GIOVANNI FALCONE

Il mio 23 maggio, lontano dai simboli, dai cortei, dai cerimoniali, prigioniero della bellezza del Palazzo dei Normanni.

Eurovision 2022: Mammoni nell’Ucraina in guerra dei Kalush

I venti di guerra hanno cavalcato l’onda emotiva dell’Eurovision 2022 e hanno dato il podio alla Kalusha Orchestra, che ha consegnato all’Ucraina di Zelensky il palco della prossima edizione.
Chi fantastica già sulla ricostruzione postbellica e sogna di mettere le mani nella marmellata degli affari edili d’oltreconfine, ha ascoltato Stefania dei Kalush pensando fosse l’ennesimo inno anti-Putin. Abbindolati dallo stile folk, che per certi versi somministra slanci musicali che la mia generazione associava a Bregović e alle bombe del conflitto serbo-bosniaco, in tanti non si sono accorti che la Stefania vincitrice dell’Eurovision Song Contest è un omaggio alle mamme ucraine.

TUTTI MAMMONI

Così torniamo ad essere “tutti mammoni” senza riserva ma con uno sguardo che non cede sentimentalismi alle nostre madri emancipate, occidentalizzate e supersoniche, manager dietro la scrivania con l’agenda impegnata, con il tempo tiranno che le perseguita in affanno.
La musica in stile hip hop e il folk dei Kalush sputa parole che raccontano madri ucraine, soldatesse o no, somiglianti più a quelle della generazione delle nostre nonne, dove anche quando tornavano massacrate dai lavori dei campi erano padrone del tempo che disegnava le stagioni della vita.

Stefania mamma mamma Stefania
Il campo fiorisce, ma lei sta diventando grigia
Cantami una ninna nanna mamma
Voglio sentire la tua parola nativa


MANIFESTO MUSICALE TRA PACIFISMO E MATERNITA’

Se anche dietro Stefania si nascondesse la madre Ucraina e un velato orgoglio nazionalista rinvigorito, ai Kalush resta il merito di aver stampato un manifesto musicale tra pacifismo e maternità.
I rintocchi di queste maledette bombe ci hanno fatto venire improvvisamente una gran voglia di ringraziare le nostre mamme, che ci hanno dato la vita senza richiesta di ricompensa, così come il Paese in cui siamo nati e cresciuti. Speriamo che questo inno dei Kalush ci apra col tempo a ulteriori riflessioni, anche sulle contraddizioni di questa guerra da entrambe le parti. Se non fosse così di Stefania resterebbe il ricordo di un’ondata emotiva collettiva e di una vittoria a tavolino.

Diario di viaggio: A casa di D’Annunzio tra letteratura, teatro e pubblicità

Cover by Lacciosciolto da Foto Fondazione Il Vittoriale

Ci sono due luoghi in cui ho avvertito la presenza dei “padroni di casa”. La Reggia di Francesco Giuseppe, Schönbrunn a Vienna, e il Vittoriale degli Italiani di Gabriele D’Annunzio a Gardone Riviera, sulla sponda lombarda del Lago di Garda. Il complesso voluto fortemente da uno scrittore avanguardista del XX secolo – il D’Annunzio che la generazione dei miei professori liquidò con qualche paginetta sgualcita per rincorrere i programmi ministeriali di allora – resta una tappa da viaggiatore che va oltre l’odioso dovere “scolastico” che prima o poi ti porta in certi luoghi sotto lo sglogan meglio tardi che mai.

MEMORIE REMOTE TRA TEATRO E GLI ANNI DEL VITTORIALE

Eppure a D’Annunzio non ci sono arrivate tra le solite paginette imposte di antologia ma attraverso una scorciatoia sottovalutata: il teatro, tra i copioni di Francesca da Rimini e La figlia di Iorio, lo studio matto e disperatissimo su Eleonora Duse sotto la guida dello storico napoletano di teatro Franco Carmelo Greco, un incontro che mutò il mio destino di ribelle adolescente.
Non avevo compiuto ancora quidicianni e mi trovai, in un camerino di periferia, attaccato alla giacca del gigante pirandelliano Salvo Randone, classe 1906, l’attore siracusano cresciuto sui palcoscenici di fine anni ’20 a metà strada tra i viventi Pirandello e D’Annuzio. Quella sera su Randone annusai lo stesso dopobarba di mio nonno e, allo stesso tempo, quel profumo del tempo che ti portava diritto agli anni dannunziani del Vittoriale. In visita li ho ritrovati guardando la sterminata bellezza dell’anfiteatro che abbraccia il lago di Garda.

D’ANNUNZIO, IL VITTORIALE E PROFEZIE MODERNE

Attraversare la casa dello scrittore a Gardone Riviera in questo tempo, dopo il buio di una pendemia e le bombe di una guerra che lacera l’Europa, non acceca il visitatore di estetismo e mito del superuomo raccolti tra le centinaia di oggetti raccolti.
Lascia una riflessione amara sui corsi e ricorsi storici, su come gli ultimi anni zeppi di lacerazioni e contraddizioni riabilitino per l’ennesima volta D’Annunzio dalla critica miope che sminuì la sua complessa opera per darla in pasto a visioni politiche estremiste e patriottismi guerrafondai.
Buttando l’cchio qui e lì mi è tornato in mente il D’Annunzio antesignano della pubblicità moderna – si deve a lui il nome dei famosi grandi magazzini la Rinascente – tra la femminilità attribuita al sostantivo automobile che fece la fortuna della Fiat degli Agnelli e la definizione di Liquore delle virtudi che divenne lo slogan dell’Amaro Montenegro.

D’ANNUNZIO E L’INFLUENCER MARKETING

Quanti influencer che affollanno le nostre bachece social sanno di dover qualcosa a Gabriele D’Annunzio? Senza le sue illuminazioni da influencer marketing, assiepate nella prima parte del secolo scorso oltre il nome dei biscotti Saiwa, chissà cosa ne sarebbe oggi dell’occhio stilizzato di Chiara Ferragni e di tanti loghi che risucchiano giri d’affari milionari. C’è ancora chi è convinto che una visita al Vittoriale sia soltanto un tuffo nel passato remoto?