Quirinale 2015, quel giorno che Sergio Mattarella salirà al Colle

Rosario PipoloLa sfida del Quirinale di queste ore sembra una delle più agguerrite della storia repubblicana. L’Italia in questo momento ha bisogno di essere rappresentata da un nome autorevole, senza finire nei tranelli dei patti politici in stile Belpaese. Soprattutto di un nome che non sia legato a “nessuno inciucio ” perchè il dilagare della corruzione affligge la nostra immagine ovunque.

La clowneria dei social network consegnerebbe lo scettro di Presidente della Repubblica a Giancarlo Magalli, icona della tv degli anni ’80, in linea con quel rigurgito nostalgico nazional-popolare in vista del Festival di Sanremo di Carlo Conti, tra il karaoke degli anni del riflusso e la triste reunion di Albano e Romina che canteranno Felicità.

Spunta il nome di Sergio Mattarella, spina dorsale a favore della legalità, nome che ci riporta all’Italia che le mafie le ha combattute e non ci è uscito a cena. Dietro quel suo passo deciso e istituzionale, dentro il soprabito di questo fiero palermitano si nasconde una cicatrice: l’uccisione del fratello Piersanti per mano della mafia.

Nonostante tutto, mi torna in mente quel celebre titolo di Luigi Pintor apparso sul quotidiano il Manifesto 33 anni fa: “Non moriremo democristiani”. Tuttavia, dovremmo trovare il tempo di slegare gli uomini dai partiti e da quelle correnti politiche che allevarono i mostri della Prima Repubblica.

Sergio Mattarella va ripensato come figura istituzionale. Per quanto riguarda la sua opposizione agguerrita alla famigerata legge Mammì – tutti ricordano l’agevolazione all’imperialismo delle reti Fininvest – vorrei ritagliarmi una puntualizzazione. Quella virata sul sistema radio-televisivo italiano nacque dall’esigenza del Partito Socialista di allora.
Craxi e i socialisti avevano capito che non bastava più il perimetro della lottizzazione RAI nella convivenza con il “primo canale” della DC e “il terzo canale” del PCI. La tv privata fu il nuovo territorio da esplorare e così il nascente TG5 diventò il cugino gemello del TG2, culla dell’informazione craxiana fino al terremoto di Tangentopoli. Le dimissioni di Mattarella di allora dovrebbero essere rilette come una spallata politica della DC al PSI più che al nascente berlusconismo.

Ritornando alle elezioni per il successore di Napolitano, cosa succede mentre i D’Alema, i Prodi, i Veltroni, i Casini di turno “rosicano” per il Quirinale senza darlo a vedere? Loro stanno a guardare e Sergio Mattarella salirà presto al colle per diventare il nuovo Presidente della Repubblica italiana.

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