60 volte Zero, senza essere un sorcino
Sorcino si nasce o si diventa? Legittimo dubbio davanti una torta con 60 candeline accese. Roma si scompone per il suo “Renato”, mentre chi non ne ha mai voluto sapere dell’etichetta di “sorcino” se ne va su YouTube a fare l’archeologo. C’è poco degli inizi, c’è poco dell’uomo mascherato alle prese con abiti sgargianti e variopinti, c’è poco di quello “Zero” che aveva fatto arrossire l’Italia democristiana degli anni ‘70 col sotterfugio dell’ambiguità. In giro non c’è più niente di Renato Fiacchini, a parte qualche traccia all’ufficio anagrafe.
Eppure ancora avverto un senso di liberazione: nell’estate del 1981 riuscii a fare a meno di quelle “maledette rotelle” della mia bicicletta. Scorazzavo bimbo in un viale di Paestum a due ruote, mentre da un juke-box si sentiva una voce cantare Più su. Cominciai ad interrogarmi, proprio quell’estate, su chi fosse la “madre che si arrende e un bambino non nascerà” e perché “un drogato fosse un malato di nostalgia”. L’anno successivo, salutando la bimba a cui facevo il filo, versai lacrime amare sotto l’ombrellone perché ascoltai da una radiolina “Spiagge dipinte in cartolina, ti scrivo tu mi scrivi, poi torna tutto come prima”. E nel sabato sera invernale, guardando Fantastico 3, mi illusi davvero con Viva la Rai che a viale Mazzini ci fosse “una fabbrica dei sogni”, prima di aver scoperto i ricatti censori che si fanno oggi come allora. Mi era bastata qualche marachella da pianerottolo con il mio compagno di giochi Alessandro per lanciare nel futuro le profezie di Amico, ovvero il flashback di oggi “E ti ricorderai… del morbillo e le cazzate, fra di noi”. Ci sono modi e modi per annotare la data di un compleanno, perchè ora il trucco si è sciolto e le rughe si vedono una per una. Per fortuna una bella canzone può farci fare lo stesso giro per 60 volte,senza invecchiare mai, come il primo repertorio di Renato Zero. Ed è con quella musica che dovrebbe essere guarnita la torta del signor Fiacchini.