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Guerriglia a Roma: strumentalizzare il diritto di manifestare?

Quel martedì nero di guerriglia urbana a Roma non lo dimenticheremo facilmente. Se avessimo fatto uno switch sul bianco e nero dei nostri LCD, avremmo rivisto qualche sequenza degli Anni di Piombo. Sì proprio gli anni ’70, quelli liquidati con le assoluzioni sibilline dei mostruosi attentati a Piazza Fontana e a Piazza della Loggia. Mentre la rivolta studentesca, che ha preso d’assalto i monumenti italiani, è liquidata da qualcuno come coreografia e folclore, l’ondata violenta nella capitale contro il Governo intimorisce, scandalizza, depista.
Punto uno: intimorisce perché occorre far chiarezza su un punto, e cioè chi fossero gli aggressori infiltrati che hanno procurato violenza, facendo danni per oltre 20 milioni di euro e, soprattutto, messo in pericolo la vita di manifestanti e forze dell’ordine.
Punto due: scandalizza perché, come ipotizza il settimanale l’Espresso, potrebbe esserci la presenza di “agenti provocatori” all’interno dei cortei.
Punto tre: depista perché questa guerriglia cittadina rischia di trasformarsi in una ridicola strumentalizzazione ai danni degli studenti italiani. Nessuno si è chiesto: perché mai c’è tanto malcontento in Italia?
Fanno bene le associazioni studentesche a prendere le distanze dalla violenza e a ribadire un concetto: manifestare è un sacrosanto diritto. Il Belpaese lo sta dimenticando perché gli uomini col megafono diventano una rarità, mentre i poltronai si moltiplicano, alla faccia delle sequenze delle sommosse delle banlieue parigine, che sembrano un ricordo sbiadito. E in tutto questo un po’ di colpa ce l’avranno pure quei genitori salottieri, “i mostri invisibili” che ieri sono stati a guardare con viltà il ’68 tra le mura domestiche e oggi ammazzano le coscienze collettive dei figli con la vergognosa filastrocca: “Lascia perdere il megafono e resta a casa a studiare”.
Ci sono tante modalità di protestare, senza inciampare in atti di vandalismo e aggressività, come quelli che ci propina la tv ad ogni ora del giorno. Scusate, se insisto: non è stato “violento” il trailer onirico di Bruno Vespa su Sarah e Yara, che ha interrotto una settimana fa il film Cenerentola? Ne vogliamo parlare?

Michele Santoro, uno contro tutti

Uno contro tutti. Lui, Michele Santoro, contro l’Italia della politica e dei giornali, da Destra a Sinistra. Risparmia solo i telespettatori, che dai numeri dimostrano di gradire Annozero, molto più di quanto non accada al salottino del vecchio scudo crociato di Bruno Vespa. E se Santoro andasse via da Viale Mazzini per davvero, con una buonuscita di 10 milioni di euro (?), in quanti si faranno avanti per seguirlo? Il Vangelo ci dà sempre una bella batosta: l’apostolo più fedele è capace di rinnegarti prima che “la farfallina della Rai” sbatta le ali tre volte (pardon, adesso è scomparsa dal logo), anche se il web fosse l’oasi felice per clonare l’altro giornalismo televisivo di Raiperunanotte. Non sono convinto che questo tira e molla sia produttivo. Le accuse al Vespa di turno (“lui che viene pagato come l’ultimo Oscar da protagonista”), all’autorevolezza di Sergio Zavoli, all’amico Curzio Maltese si smorzano in un martirio da parte di Santoro, infuriato perché si sente messo in vendita per un assegno a 8 cifre.  Qui non è una questione di cifre (soldi e share vanno a braccetto?)  o di piena autonomia, perché il papà di Annozero non è un freelance. Piuttosto si tratta di capire quanto il servizio televisivo pubblico di un paese democratico – se ancora lo siamo – garantisca ad un professionista di agire senza bavaglio e spudorate pressioni. La coerenza è opinabile. Citando una caricatura scovata nel web, mi vien da dire: Michele Santoro la vuole sì o no “una vita spericolata”, nonostante sia stato un vecchio inquilino (Moby Dick, Italia 1) della corte del Biscione?

Terremoto in Abruzzo, tutta colpa di una vignetta di Vauro?

vauro150La scomunica del vignettista Vauro Senesi dalla trasmissione Annozero non servirà né a lenire ferite né ad aiutare chi è rimasto senza tetto. Sono deluso dal questo teatrino televisivo all’italiana, da un professionista come Michele Santoro che continua a fare la vittima di una “dittatura persistente”. La libertà di satira è un sacrosanto diritto, ma per me quella caricatura sull’aumento delle cubature dei cimiteri si poteva evitare. Il terremoto dell’Abruzzo ha riunito l’Italia per pochi giorni, ma adesso ognuno è tornato al suo destino: o sei di Destra o sei di Sinistra, e non c’è via di scampo. Appena esprimi un’opinione finisci nel calderone. Che lo spettatore torni ad avere il diritto di contestare perché c’è anche chi quella vignetta non l’ha mandata giù. Il problema è un altro: è necessaro trasformare tutto in un caso politico? Vauro è comunque un artista e un creativo che merita rispetto per il suo lavoro. A me sono piaciute due caricature: “Gli sciaccalli si aggirano tra le macerie, i lupi invece aspettano gli appalti delle ricostruzioni!” e “Si poteva prevenire? Pare fossero troppo impegnati a prevenire quello della Borsa”.  Censurare non è una soluzione spicciola e approssimata? Al di là della “vignetta offensiva”, qui quello da censurare è Bruno Vespa con il suo piagnucolio da chierichetto: il patron di Porta a Porta dovrebbe rileggere la sua scheda nella Garzantina della Televisione curata da Aldo Grasso!