I Dieci Comandamenti di Benigni e il catechismo del giullare di Dio
Quarant’anni fa con la tv di Stato sul groppone della Balena Bianca, sarebbe stato impensabile vedere “il piccolo diavolo” – lo stesso che prese in braccio Berlinguer – sul primo canale nazionale.
Nel tempo in cui il Servizio Pubblico si è omologato agli standard della volgarità televisiva, I Dieci Comandamenti di Roberto Benigni sono un bel dono di riflessione per correre ai ripari tra le braccia di Dio, nei giorni che vanno spediti verso il Natale: “In Italia la politica non c’è, buttiamoci su qualcosa di più concreto, Dio”.
Certo, questo “dono natalizio” ci è costato 4 milioni di euro – sono in tanti a lementarsi tra le corsie del supermercato dei social network – cifra comunque comprensibile se pensiamo agli sprechi passati e inutili del palinsesto televisivo nazionale o di quel canone versato per vedere stellette riciclate al Festival di Sanremo. Roberto Benigni che parla della Bibbia? “La Bibbia è un bestseller perché l’autore è anche l’Autore dei suoi lettori”.
Prima di buttare lo sguarso sul libro sacro, l’incipt di attualità è immancabile: “Stasera abbiamo avuto il permesso di tutti, della Rai, della questura e della banda della Magliana”. Che smacco per i cattolici “integralisti” trovarsi in prima serata “un giullare comunista” che tiene lezioni di catechismo, aggiudicandosi il titolo di “giullare di Dio”, perché la grandezza del Padreterno non si abbassa ai luoghi comuni o alle meschinità ideologiche.
La grande bellezza di Dio, al di là delle religioni, si propaga attraverso la voce del toscanaccio dal cuore aperto: “Per parlare di Dio bisogna tornare bambini. Come diceva la mi’ mamma più si cresce, più non si capisce niente”.
La televisione dei Dieci Comandamenti di Roberto Benigni non è paragonabile alla densità e alle suggestioni dell’anima nel cinema di Il Decalogo di Krzysztof Kieślowski. Resta comunque un momento emozionante di televisione che bacchetta la nostra rincorsa frenetica verso un Natale svuotato del suo significato, dimenticando che “Dio ci ha ha allargato la testa, mettendoci dentro l’infinito”.
E la bestemmia umana è “aver combattuto in tremila e passa anni di storia più guerre in nome di Dio che per qualsiasi altra cosa”, calpestando e oltraggiando un comandamento, chiave di lettura dell’evoluzione dell’umanità: “Io sono il Signore Dio tuo. Il patto d’amore è tutto in quel tuo”.
Roberto Benigni ci ha fatto venire una voglia matta di stare zitti, perché “il senso di Tutto è nel silenzio e non nel frastuono”, e di tornare a leggere quella Bibbia, scrigno della “voglia dell’Onnipotente di trasmettere amore a più generazioni”. Scemate le polemiche, i casi sono due per “il piccolo diavolo”: o lo spediscono al rogo o lo fanno cardinale. Non escluderei la seconda ipotesi, perché al fianco di un Papa Francesco ce lo vedrei bene un giullare alla Benigni.