Ho perso la matita di Moebius, ma ho ritrovato Napoli disegnata da Jean Giraud
La prima matita me la ricordo. Me la regalò mia madre. La comprò in una piccola merceria alla periferia di Napoli ai primi di ottobre del 1978.
In una scuola materna pubblica cominciai a riempire di scarabocchi tutti i fogli bianchi che mi capitavano davanti. I miei compagni la percepivano come un oggetto da stregone, perchè arrivava una gomma e cancellava tutto . Io no, mi avevano rapito la delicatezza e la discrezione di quest’asticella di legno.
Di professione non ho fatto il disegnatore, ma ho trovato il tempo e il modo per rifugiarmi tra le pareti dei disegni di Moebius (1938-2012). In un pomeriggio del secolo scorso mi persi alla periferia di Parigi, dove cercai invano Jean Giraud, il grande disegnatore scomparso sabato. Fu la sua matita composta a spingermi nel vortice della fantascienza.
George Lucas e Ridley Scott lo avevano fatto con il loro cinema, Moebius (da ragazzino mi inquietava il suo nome d’arte) c’era riuscito con una sequenza di quadri a fumetti.
Dopo tanti affanni, stavo per incrociare Giraud proprio nel centro storico della mia Napoli. Jean adorava la mia città, mi sfuggì per un pelo. Mi dissero: “E’ appena andato via, ma guardi cosa ci ha donato”. Mi trovai tra le mani una copia di un suo disegno dedicato a Napoli: un golfo del capoluogo partenopeo come non lo avevo visto mai.
La sagoma del Vesuvio e un arcipelago di case così lineari da farmele associare ai pezzi sparsi di una navicella spaziale. Il volo dei gabbiani di Moebius su quella tavola lasciavano un’indicazione precisa per il capoluogo campano. Era ora di smettere di associare Napoli alla mitologia di un passato nostalgico. Moebius aveva colto l’anima fantascientifica della mia città, perché nel suo golfo ci sono i tratti del futuro, nascosti nel volo dei suoi gabbiani.