La cucina del Molin Vecio e la geografia della memoria di Vicenza

Trattoria al Molin Vecio

Rosario PipoloHo iniziato il mese di agosto rinunciando allo scontato weekend al mare. Invece di litigare con il vicino maleducato in spiaggia, ho bisticciato con le tabelle di orario degli autobus di Vicenza. Dovevo spostarmi dal centro della città veneta a Caldogno, a pochi passi da lì, per quello che doveva essere un normale pranzo d’estate. Così non è stato. Da sempre sono convinto che un libro, una canzone, un film così come un buon piatto possano tracciare la geografia dei luoghi e della memoria. Mi annoiano sempre più le recensioni musicali o gastronomiche fine a se stesse, quasi fossero insopportabili ritagli di narcisismo e autocompiacimento di chi le scrive. Alla trattoria Molin Vecio, all’interno di un vecchio mulino del ‘500, non ho incontrato uno chef  “stellato”, ma un signore sulla cinquantina appassionato di gastronomia. Sergio Boschetto ha l’aspetto di un romantico folksinger di Nashville, ma altro non è che un “etnologo del gusto”, uno che ad un piatto di cucina vi aggiunge un pizzico di antropologia culturale e sociale. Fare un’incursione storica nella Vicenza rinascimentale attraverso il menu palladiano proposto dal Molin Vecio, mi stuzzica una considerazione: persone come Boschetto sono un bene prezioso per la comunità e le autorità locali dovrebbero ampliare il loro spazio d’azione. Non è un grande privilegio oggigiorno uscire da un ristorante, aver mangiato bene ed avere in mano come souvenir la cartina storica e geografica di una realtà che non conosci? Il vicentino va riscoperto. Cominciamo a farlo da settembre con le scolaresche perché le uscite fuoriporta dei nostri ragazzi non si riducano soltanto a banali scampagnate. E il Molin Vecio sarebbe una bella sorpresa per loro, anche in materia di educazione alimentare per riscoprire i prodotti locali del Belpaese.