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Archives Agosto 2009

Cartolina da Istanbul

burka

Rosario PipoloL’unica amica turca si è trasferita in Canada e così non avevo nessuno che mi guidasse in questa affacciata in Turchia. Arrivare ad Istanbul alle 6 del mattino, dopo otto ore di autobus, è un’esperienza unica: l’alba che si alza sulla città sembra uscita da un acquerello e il brusio delle persone mattiniere in centro diventa il sottofondo insostituibile di un fine settimana d’agosto. Istanbul ce l’ha la faccia di Napoli e, cazzeggiando tra la sponda europea e quell’asiatica, ritrovo i vicoli della mia città. “Nu turco napoletano” sogghignò Eduardo Scarpetta (rivedete pure il film di Mattioli con Totò!) e poi dice che ogni mondo è paese, anche se al posto dei calzoni fritti o delle pizze accartocciate ci sono i kebab. Ci sono le dovute eccezioni naturalmente: il burqa ad esempio. E immaginare le nostre ragazze “ciacione” partenopee andarsene in giro tutte coperte è roba fantascientifica. Scherzi a parte, la Turchia si vanta di avere abbandonato da un pezzo gli estremismi dell’Islam. E non mi riferisco al semplice velo sul capo delle donne, ma al così detto “burqa afgano”, che copre le donne dalla testa ai piedi. Purtroppo in giro ne ho viste decine e decine di donne e ragazze coperte integralmente. Non era l’abbigliamento a mettermi a disagio, bensì provare a dare un senso a quella scelta. Mi sembrava di essere più in Iran che nella Turchia che immaginavo, quella che anela ad entrare nell’Unione Europea. La convivenza pacifica con l’Islam è un gradino obbligato per sentirci “europei” nel XXI secolo, ma l’accettazione del burqa integrale è un’immagine che voglio cancellare dalla mia cartolina da Istanbul. Un paese che sbandiera la sottomissione della donna e nasconde ancora scheletri nell’armadio (il genocidio armeno)  è davvero maturo per far parte di quell’Europa che eleva i valori di eguaglianza e rispetto reciproco?

Addio Fernanda, sibilla della Beat Generation

Fernanda Pivano

Rosario PipoloQuando sono in viaggio i miei pensieri vagano all’orizzonte e si fermano sulle pagine di On the Road di Jack Kerouac, uno dei miei romanzi preferiti. Ero su un autobus sgangherato che mi portava dalla Macedonia in Albania quando questo mio vagare sgrammaticato nei Balcani e’ stato interrotto dalla scomparsa improvvisa di Fernanda Pivano, grande traduttrice e scrittrice. Che strano gioco del destino ritrovare alcune pagine della beat generation americana poco prima di questa notizia triste, titolata cosi´ il 20 agosto su alcuni quotidiani di Tirana: “E` morta Fernanda Pivano,  voce italiana della Beat Generation”. A lei ognuno di noi deve qualcosa perche´ le sue traduzioni sono state un ponte tra la provincia letteraria italiana e i nuovi fermenti d’oltreoceano, quei maledetti diavoli come Kerouac o Bukowski che mai nessun accademico avrebbe ammesso nel tempio degli scrittori. Qualche anno fa abbiamo chiacchierato alla Fnac di Milano. Sapeva metterti a tuo agio, dandoti l’impressione di conoscerla da una vita. Poco prima di salutarla, le ho chiesto una foto assieme.  E lei col suo sorriso sornione mi ha rimproverato: “Mica sono una da fotografare”.  Adesso non ci resta che aspettare lo spettacolo di Giulio Casale “La canzone di Nanda”, spudorato omaggio della prossima stagione teatrale a questa grande ancella della cultura italiana.

La valigia, compagna di viaggio o vacanza?

In valigia...

Rosario PipoloPer me la valigia è un oggetto sacro. Crescendo ho imparato ad associarla al viaggio più che alla vacanza. Ognuno ci mette quello che vuole. Da bambino, in procinto di partire per la villeggiatura, li vedevo tutti ossessionati dalla valigia: i miei erano timorosi di dimenticare qualcosa,nonna Lucia era alle prese con i suoi 12 paia di scarpe da portarsi dietro, nonno Pasquale la trasformava in una farmacia da viaggio con i medicinali per la pressione e mia sorella Rossella si sarebbe fatta afferrare per pazza se le avessero negata uno scomparto per le sue Barbie! Per me il significato di valigia è cambiato nel 1988 in Inghilterra, quando sono partito da solo per la prima volta. I miei me ne hanno imposto una extra-large, grande come una casa. Mi prendevano in giro e dentro c’era veramente di tutto: c’entravo persino io, giuro! Le dimensioni dei miei bagagli sono cambiate nel tempo, anche se per la mia traversata negli USA di qualche anno fa, ho usato una Sansonite. Provate ad immaginarmi in Texas a fare l’autostoppista con una valigia di quel tipo! Al di là delle dimensioni o che la faccia alla svelta, la valigia per me è una grande compagna di viaggio perchè ogni volta che la preparo mi dico: e se fosse l’ultima? Magari nella prossima meta ci resterò per sempre e non mi muoverò più! E pensare che mio padre ha detestato sempre i bagagli perché gli ricordavano le partenze dei fratelli e sorelle, emigrati in Francia. Per me sono tutt’altro, un ponte tra il posto in cui sono e quello in cui andrò, in viaggio o in vacanza, lasciando parecchio spazio libero per riempirlo con i ricordi delle nuove persone conosciute.

Il kebab arriva tra le montagne e sconfigge pizza e porchetta!

Kebab

Rosario PipoloDopo una lunga traversata in treno dalla Svizzera tedesca, un pausa non guasta. Capitare a Domodossola in una sera d’agosto non è il massimo, ma almeno si trova qualcosa da mettere sotto i denti. Siamo ad una manciata di chilometri dal confine tra le valli suggestive del Piemonte. Di prodotti locali da sgranocchiare neanche l’ombra e un panino al formaggio sembra roba di altri tempi.  Quei pochi ristoranti aperti sono semivuoti e sfornano qualche pizza. In corso Moneta c’è un kebabaro aperto e così mi fermo volentieri lì. Giusto in tempo perché Alì mi confessa che ad agosto vende più kebab del solito. La cliente in fila prima di me se ne porta a casa sette! Scusate, ma sono a Domodossola o in un paesotto della Turchia?  La cosa curiosa è un’altra: molti clienti sono del Sud Italia. Lui mi riconosce dall’accento e ribatte: “Non è caro pagare una pizza 4 o 5 euro? Se pensi che è acqua, farina e pomodoro…” E’ l’unico motivo che ha fatto prendere agli italiani una cotta culinaria per questa pietanza turca? Ormai il kebab ha fatto il botto ed ha sostituito il panino con la porchetta, dal Piemonte fino al Trentino. Persino alcuni locali italiani hanno bandito lo spiedo per i polli e si sono organizzati con il girarrosto verticale per fare kebab. Insomma neanche l’afa estiva ferma l’ascesa al trono del panino etnico (il migliore l’ho mangiato nel quartiere turco a Berlino). Aspettando di assaggiare il prossimo ad Instambul, spero che in Turchia non ci sia una controtendenza tra pizze e polli allo spiedo. Sarebbe un altro scherzetto del villaggio globale!

Strage di Bologna, i ricordi non vanno in vacanza!

Per non dimenticare... la strage alla stazione di Bologna

Rosario PipoloIl 2 agosto 1980 una bomba esplose alla stazione di Bologna. Io e la mia famiglia eravamo appena tornati dalle vacanze. Ricordo il dolore straziante di una vicina di casa che aveva perso il cognato su quel maledetto treno. Ogni volta che attraverso i binari del capoluogo emiliano mi chiedo puntualmente: quanto basta una lapide per pulirsi la coscienza da una strage di così grossa portata?  A pochi giorni dall’anniversario ecco il colpo di scena, ma l’Italia non ci fa caso perché è distratta dai gossip sotto il sol leone. L’ex terrorista Valerio Fioravanti, condannato anche per la strage della stazione di Bologna, è tornato libero dopo cinque anni di libertà condizionata. I parenti delle vittime sono indignati, ma questo non basta per fare retromarcia e capire meglio i meccanismi della nostra giustizia. L’ex terrorista dei Nar è partito per le vacanze assieme alla moglie Francesca Mambro. Dimentichi pure in fretta il Belpaese arruffone, ma con una consapevolezza: i ricordi non vanno mai in vacanza!

La cucina del Molin Vecio e la geografia della memoria di Vicenza

Trattoria al Molin Vecio

Rosario PipoloHo iniziato il mese di agosto rinunciando allo scontato weekend al mare. Invece di litigare con il vicino maleducato in spiaggia, ho bisticciato con le tabelle di orario degli autobus di Vicenza. Dovevo spostarmi dal centro della città veneta a Caldogno, a pochi passi da lì, per quello che doveva essere un normale pranzo d’estate. Così non è stato. Da sempre sono convinto che un libro, una canzone, un film così come un buon piatto possano tracciare la geografia dei luoghi e della memoria. Mi annoiano sempre più le recensioni musicali o gastronomiche fine a se stesse, quasi fossero insopportabili ritagli di narcisismo e autocompiacimento di chi le scrive. Alla trattoria Molin Vecio, all’interno di un vecchio mulino del ‘500, non ho incontrato uno chef  “stellato”, ma un signore sulla cinquantina appassionato di gastronomia. Sergio Boschetto ha l’aspetto di un romantico folksinger di Nashville, ma altro non è che un “etnologo del gusto”, uno che ad un piatto di cucina vi aggiunge un pizzico di antropologia culturale e sociale. Fare un’incursione storica nella Vicenza rinascimentale attraverso il menu palladiano proposto dal Molin Vecio, mi stuzzica una considerazione: persone come Boschetto sono un bene prezioso per la comunità e le autorità locali dovrebbero ampliare il loro spazio d’azione. Non è un grande privilegio oggigiorno uscire da un ristorante, aver mangiato bene ed avere in mano come souvenir la cartina storica e geografica di una realtà che non conosci? Il vicentino va riscoperto. Cominciamo a farlo da settembre con le scolaresche perché le uscite fuoriporta dei nostri ragazzi non si riducano soltanto a banali scampagnate. E il Molin Vecio sarebbe una bella sorpresa per loro, anche in materia di educazione alimentare per riscoprire i prodotti locali del Belpaese.