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L’estate 2012 nel Belpaese: Splash da Scalea a Santa Margherita Ligure

Si piagnucola sull’andamento negativo del turismo in Italia ad agosto. Secondo Federalberghi ci salvano gli stranieri. Non è una novità. Tuttavia, ci sono ancora gli impavidi italiani che hanno scelto le coste del Belpaese in questa estate così torrida.
A suon di colpi bassi da parte di Lucifero e compagnia bella, non abbiamo avuto un attimo di tregua, neanche se avessimo avuto l’aria condizionata appesa al collo.

Ho fatto splash a Scalea, colonia partenopea dai primi anni ottanta in terra calabrese. Tra il viveur nazional-popolare e l’imperdibile “tuffo a cufaniello” in acqua, il litorale che si spinge fino a Diamante riporta agli antichi abusivismi edilizi degli anni del riflusso. Che bei tempi: l’èlite di periferia si era fatta “la casetta in Canadà” a Baia Domitia, in Campania; l’operaio provava per la prima volta l’ebbrezza della proprietà privata in Calabria.

Ho fatto splash a Sorrento, con i depuratori che andavano a singhiozzo. Una bottiglia d’acqua la pagavi più della benzina. Ho chiesto al ragazzotto “panzuto” accanto a me: “Vuoi risparmiare i soldi della palestra il prossimo autunno? Vai di corsa al supermercato Decò in viale Italia e portami una bottiglia d’acqua frizzate, fredda al punto giusto con il contributo dell’aria condizionata”. Dare da bere agli assetati in stile low cost?

Ho fatto splash a Gallipoli, con la vana speranza di vedere Massimo (D’Alema) sorseggiare una birra e chiedergli in prestito qualche pezzo da 5 e 10 euro. Una volta con questi soldi si mangiava, adesso ahimè bastano solo per un soft drink.

Ho fatto splash tra Gaeta e San Felice Circeo, occupata per metà dalla chic borghesia paesana e pantofolaia, made in Campania e Lazio, a cui avremmo dedicato qualche vecchia melodia del mascalzone partenopeo Tony Tammaro. Quest’anno si aggiravano “incazzati” sulla battigia, perché con l’Imu e mazzi vari altro che godersi la quiete del golfo, la montagna Spaccata o l’isola di Ponza dalla villetta unifamiliare, salva spazio per suocero e suocera, all inclusive, così risparmiamo anche la baby-sitter.

Ho fatto splash a Numana e mi sono accorto che i marchigiani perderanno la bellezza del Parco del Conero se non si danno da fare per tappare “la bocca” a quel “fetuso” fiumiciattolo che tutti i pomeriggi riversa in mare l’occorrente per insozzare l’acqua.

Ho fatto splash sull’isola del Giglio, ma mi annoiavo sotto l’ombrellone. E così mi sono messo a fare il censimento di tutti “gli stupidi curiosi”, che a loro volta si facevano fotografare davanti al relitto della Costa Concordia. Organizzandomi in tempo, per ammortizzare lo stipendio, avrei chiamato il capitano Schettino e avrei venduto la foto con “l’eroe dei nostri tempi”.

Ho fatto splash a Forte dei Marmi, nel cuore della Versilia, dove senza tanti soldi non si canta neanche un quarto di messa e l’unica spiaggia liberà è “in culo al Forte”. Per fortuna ci sono i russi tra la Capannina e il centro del paesotto che vuole imitare Capri: bagni e vetrine di grandi firme semivuote. Dopo ferragosto, scarseggiavano persino le cinquantenni in menopausa con i diamanti appesi alle tette, quelle in cerca di toy-boy. Mare da bandiera blu? Mah, sarà. Dovrò tornare dall’oculista.

Ho fatto splash a Santa Margherita, dove i liguri con la puzza sotto il naso hanno finito di fare i gradassi. A metà d’agosto la Liguria a pezzetti si svendeva sui vari Groupon; i genovesi si sono messi a sguazzare nel mare cittadino; le famiglie vacanziere hanno dato forfait e sono fuggite sulla riviera Romagnola alla ricerca di strutture più moderne e più accoglienza.

Volevo fare splash portandomi dietro “la mappatella”, quella che andava di moda negli anni ’50, quella che i romani delle borgate del film di Emmer “Una domenica d’agosto” si portavano lungo il litorale d’Ostia. Mi avrebbero preso per un cafone. Oggi va di moda il cestino da picnic versione beach.

Cose buone dal “Belpaese”, dove l’euro vale meno di una lira e la Merkel lo sa!

Turismo, crolla il fatturato

Incendio sulla Costa Allegra a fil di Twitter

In rete e nei social network corre la notizia dell’incendio sulla nave Costa Allegra a largo delle Seychelles. C’è chi parla di “terrorismo mediatico” o addirittura chi fa intendere che “un focherello a bordo” non avrebbe meritato un titolo così allarmante. Io direi che qui entra in gioco il criterio di notiziabilità.
Fuoco e fiamme a bordo? La notizia c’è e c’è tutta. Poi spetta alla compagnia e alle autorità di competenza fornire i dettagli.

Intanto, mettiamo in chiaro una cosa: c’è stato un incendio a bordo di una nave con mille e passa persone e la notizia andava comunicata con questi toni, Costa Crociere o non. Poteva capitare su qualsiasi imbarcazione, ma purtroppo la legge di Murphy ha detto la sua: quando di mezzo c’è la sfiga – quella che i napoletani chiamano mala ciorta – tutto diventa opinabile. A quasi due mesi dalla tragedia della Costa Concordia, ci risiamo. Per la disfatta dell’isola del Giglio è stato mandato alla forca il capitano e adesso?

Su Twitter, c’è chi la butta sullo humor: “Se Costa Crociere voleva avere engagement rate più alto della storia di Fb poteva dirlo, non c’era bisogno di distruggere due navi”. Qui c’è poco da scherzare. Chiediamoci piuttosto quanti saranno a pianificare una crociera come vacanza.
Fino ad ieri c’erano dubbi, oggi potrebbero esserci certezze. Mentre gli strateghi della comunicazione sono ancora a lavoro per attutire l’uragano dell’Atto I, per questo Atto II ci appendiamo alla tweettata di Snoopy the Writer: “L’incendio sulla #CostaAllegra ci dà una certezza: ora alla Costa Crociere hanno bisogno di @lddio al marketing.”

La Concordia e Facebook: La beffa burlona del capitano gradasso

Il volto barbuto dell’attore John Hewer, protagonista di un famoso spot dei primi anni ’80, ci fece affezionare bonariamente ai capitani delle imbarcazioni. Ci chiedevamo quali pericoli corressero e se prendessero una paccata di soldi, nonostante di mezzo ci fossero dei bastoncini di merluzzo. Dall’altra parte lo staff della Pacific Princess, la nave protagonista della serie tv Love Boat dell’Abc, appiccicò sul nostro immaginario la crociera come il viaggio verso l’isola della felicità. L’America di Love Boat era la stessa che aveva seppellito gli orrori del Titanic.

In queste ore dell’Italia sta parlando il mondo intero e non è follia pensare che tra una decina d’anni ci gireranno un film sull’ Isola del Giglio. E non solo per il disastro ambientale che potrebbe infognare il mar Tirreno, ma per la “nave-albergo” – così chiama le navi da crociera Aurora, una mia lettrice di otto anni – affondata come sulla pedana da tavolo di una battaglia navale. Tralasciando l’uragano mediatico che sta coinvolgendo emotivamente chi più e chi meno, c’è un piccolo dettaglio “social” su cui mi soffermerei: non tanto la riconoscenza verso Twitter come piattaforma per gli aggiornamenti istantanei, quanto il posizionamento di Facebook sul podio dei confessionali del malcostume nazional-popolare. Finita in soffitta la belle epoque del Grande Fratello, un post su una bacheca di Facebook potrebbe confermare l’ipotesi di un giochetto d’azzardo finito male, quello del capitano gradasso che vuole salutare il luogo natale del cuoco di bordo.

Questa volta non è stato necessario reclutare un bravo sceneggiatore hollywoodiano per (ri)scrivere un film da incasso assicurato o una fiction lacrimogena in puro italian style, passando dall’happy end degli episodi di Love Boat al desolato finale di Titanic. “Elementare Watson!”, avrebbe esclamato in un passato remoto Sherlock Holmes, senza né il benestare di Facebook né il consenso della penna del padre putativo Conan Doyle. Ognuno ha la sua opinione ed ha il diritto di esprimerla, ma l’intervento della giustizia, nel caso accertasse certi fatti, dovrà rimettere in circolazione un vocabolo che noi impropriamente associamo soltanto alle malefatte dei capi mafiosi: Ergastolo.

E non se la prenda a male la beata del 13 agosto se non battezzerò mia figlia con il nome di “Concordia”, ma è la rabbia soffocata per rispettare il lutto di chi ha perso la vita. Purtroppo qui non si tratta della faccia bonaria di un capitano da spot pubblicitario, ma del volto mostruoso dell’imperdonabile leggerezza dell’essere.

Facebook: Tra poco passerà vicina vicina…

L’equipaggio e la rete difendono il comandante

Post e pagine Facebook sul comandante…