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Diario di viaggio: l’elogio alla lentezza del fabbro Campana oltre “la masseria dei ricordi”

Rosario PipoloOltre lo steccato del mio libro, c’è la “masseria dei ricordi”. Uno, due, dieci, cento istantanee in fila indiana. Hanno ragione Eugenia Russo e Anna Riva di Emeis che, in occasione della presentazione di “L’ultima neve alla masseria” alla Feltrinelli Point di Pomigliano, puntualizzano: “Pietro è come Rosario, è come ciascuno di noi che senza la sua storia, la sua armonia, il suo passato ed i suoi progetti futuri non avrebbe senso, significato, importanza. Noi siamo quello che raccontiamo. La narrazione è un modo per dare forma alle proprie emozioni.”

I ricordi non sono mai stantii, anche se restano fuori dal perimetro del racconto stesso. Sbircio tra il pubblico in libreria. Tra loro c’è una faccia nota e il suo sorriso mi riporta ai tempi del liceo. Ha gli occhi luminosi come quelli del fabbro Campana. Nelle tiepide mattine di maggio andavo a scuola in Vespa. Papà della mia compagna di classe, il fabbro di Pomigliano d’Arco aveva la bottega a pochi passi dal liceo. Mi lasciava parcheggiare il motorino nel suo giardino e lo teneva d’occhio.

Una mattina non entrammo in classe, perché a scuola mancava l’acqua. I miei compagni se la diedero a gambe ed io mi trattenni nella bottega del fabbro. Mi piaceva osservarlo a lavoro. Mentre riponevo i quaderni nel bauletto della vespa, l’uomo taciturno mi disse: “Ti meravigli che io continui ad usare lo stesso arnese da quando sei arrivato? Bisogna essere lenti come una lumaca per mettere l’anima in ciò che facciamo”.
L’elogio alla lentezza del fabbro Campana ha anticipato il mio incontro da giornalista con Luìs Sepúlveda. Durante l’intervista lo scrittore cileno insistette su quanta saggezza ci fosse nel ritmo lento di raccogliere i dettagli della vita. Forse Sepúlveda aveva già in cantiere di regalarci le pagine di Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza.

I ricordi non sono mai stantii se modellano l’interiorità del nostro futuro. Lo sussurravano già allora gli arnesi del fabbro Campana. Oggi nel bauletto della mia Vespa rossa ho trovato la carezza che mi lasciò in occasione del nostro ultimo incontro. Nella “masseria dei ricordi”, quelli miei, c’è anche il fabbro Campana ed ho riconosciuto la sua carezza, attraverso l’abbraccio della figlia Rachele, nell’ultimo viaggio alla Feltrinelli Point di Pomigliano d’Arco.

L’ultima neve alla masseria alla Feltrinelli: Il girovago metropolitano torna nel “piccolo mondo antico dell’infanzia”

In occasione della presentazione del mio romanzo “L’ultima neve alla masseria” a la Feltrinelli di Caserta, il collega Ernesto Ferrante, moderatore dell’incontro, ha voluto lasciare sul mio blog una polaroid scritta a mano che mi ripaga della fatica legata a questo racconto.

Ernesto FerranteIl giornalista con i lacci delle scarpe sciolti, con la penna nel taschino e l’iPad sotto il cuscino, è tornato a “casa”, in una città a cui è affettivamente legato fin da bambino, per presentare il suo lavoro, “L’ultima neve alla Masseria”, edito da Demian. Un romanzo autobiografico, in cui si mescolano senza sbavature, realtà e fantasia, percorsi interiori e chilometri macinati per davvero, in sella alla sua mitica vespa rossa. Sullo sfondo di quest’opera densa di significati ed emozioni, si staglia il suo vissuto, guardato e rielaborato a volte con occhi bambini, altre con lo sguardo disilluso di chi ha qualche primavera in più alle spalle. Sfogliando le sue centotredici pagine, si respira l’aria fresca dei sogni ma anche l’odore forte della terra, delle radici, dell’appartenenza. Il girovago metropolitano torna nel “piccolo mondo antico dell’infanzia” ed osserva da una prospettiva diversa cose e volti, dando un senso nuovo a ciò che nuovo non è. Pietro degli Orsi, Rosina Miletti, Zi’ Santuccio, il maresciallo Amorosi, Silvio il guardastelle, la piccola Giulia o le sorelle Spadafora, non sono solo semplici personaggi ma anche prospettive sulla vita. E’ troppo semplicistico per non dire scontato, pensare alla partenza unicamente come uno strappo, una fuga. La partenza, tante volte, è arricchimento, sia che si tratti di un viaggio reale sia che si tratti di un percorso intimo, immaginario.

Molto spesso si torna più forti e più affamati di quei sapori e di quei colori prima impolverati dall’abitudine. Sguardo al cielo d’Europa, quello di Rosario, ma radici dalle gambe lunghe che, come egli stesso dice, se ne vanno in giro trascinandosi dietro i mondi, familiari e professionali, da cui è stato allevato. Con Shakespeare, Kerouac e Bukowski sul comodino ed una fetta di migliaccio sul tavolo. Il presidente della giuria di CinemAvvenire del Festival del Cinema di Venezia cammina a braccetto con il ragazzino con l’Invicta sulle spalle e la scrittura matura del giornalista di formazione tradizionale lascia di tanto in tanto il posto alle istantanee del social reporter.

Ricordo ancora il giorno in cui, appena dopo pranzo, il comune amico Cesario mi fece omaggio del libro, parlandomene entusiasticamente. Avevo dei word aperti davanti ed una pagina del giornale per cui lavoro tutta da chiudere ma dopo appena poche righe ne fui rapito, incamminandomi con Pietro lungo il sentiero che portava alla collinetta cara a Silvio il Guardastelle e commuovendomi davanti agli occhi lucidi di nonno Pietro da piccolo di fronte al ritratto di quella regina che, al buio di una stanza dell’istituto in cui era rinchiuso, aveva iniziato a fargli da mamma.

Le stelle di Silvio e l’atto d’amore della loro adozione, la terra messa nel pugno di Pietro dal nonno, quale simbolo di appartenenza e di un legame che trascende il tempo, il missionario turco e la solidarietà tra camminatori lungo i sentieri della vita, al di là del colore della pelle e delle sigle sui documenti di identità, con un piccolo paese del Meridione sullo sfondo che diventa un universo intero, sono, a mio avviso, delle autentiche gemme in uno scrigno ricolmo di emozioni e sogni, brividi e sospiri, di cui Rosario che ringrazio di cuore, ci ha fatto dono.

E’ bello, infine, che un emigrante ritorni nella sua terra, in questa difficile terra, con un libro di ricordi e di sentimenti, senza piombi e mattanze, con al centro il cuore piuttosto che i forzieri da riempire con le copie vendute.

Ernesto Ferrante
Giornalista*

Classe 1978, Ernesto Ferrante è giornalista professionista e notista politico del quotidiano “Rinascita”. Dopo la maturità classica al Liceo Domenico Cirillo di Aversa, ha collaborato con il network di intelligence economico-politica del Baltico-Adriatico “Osservatorio Italiano” e con il sito Nuova Polonia.