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La tragedia della funivia Stresa-Mottarone e l’Italia assassina della “ripresa”

L’Italia della “ripartenza” si è macchiata dell’assassinio di 14 persone sulla funivia Stresa-Mottarone. Al momento della tragedia in Piemonte mi trovavo a pochi chilometri in linea d’aria dal Mottarone. Ero accanto al torrente Erno che sfocia nel Lago Maggiore, all’altezza di Lesa.
Quella del 23 maggio doveva essere una domenica speciale, la ripartenza del Paese dopo il buio della pandemia. Nei miei vent’anni di vita a Milano, non c’è luogo che mi appartenga come la sponda piemontese del Lago Maggiore: l’apertura lacustre da Meina fino a Baveno mi ricorda il mare della mia Napoli. 

LUCIDA FOLLIA ASSASSINA

Sabato sera, sotto una pioggia torrenziale che ha fatto da presagio alle lacrime versate l’indomani, mi sono perso in auto accanto ad un’indicazione per il Mottarone. La promessa di portarci mia moglie quanto prima è stata spazzata via domenica scorsa dal rumore degli elicotteri in perlustrazione della zona della tragedia. In quell’istante ho capito cosa fosse accaduto. 

Nello sgomento di queste ore in cui le indagini hanno portato alla luce l’intenzione volontaria di manomettere i freni della funivia che presentava delle anomalie, c’è un misto di rabbia e dolore: Alessandro e Silvia di Varese ci assomigliavano da fidanzati tra i progetti fatti guardando Stresa. Amit, Tal, Barbra e Itskak sarebbero potuti essere i nostri compagni di viaggio sul prossimo volo per Tel Aviv.
Serena e Mohammadreza erano come tanti in partenza dal nostro Sud per un futuro lavorativo migliore. Le candeline di Roberta, soffiate dal vento di una morte prematura, erano quelle di noi quarantenni che amiamo la vita senza riserve. Vittorio e Elisabetta, prossimi al matrimonio, insieme al piccolo Mattia erano come noi che ci siamo battuti per una bella storia d’amore superando le barriere anagrafiche.

L’ITALIA SMEMORATA, DAL CERMIS AL MOTTARONE

Chi si assume la responsabilità di questa tragedia enorme? Nei condomini osserviamo regole rigide per manutenzioni e revisioni dell’ascensore, perché non potrebbero esserci tempi più serrati per una funivia? In uscita dal tunnel buio della pandemia con tutti i lockdown a singhiozzo e il fermo degli impianti, dovevano essere monitorati i gestori della funivia abbagliati da una lucida follia. Qui si tratta di una corresponsabilità pubblica e privata e ci sono di mezzo anche soldi pubblici.

In Italia tiriamo a campare e siamo smemorati: i 42 morti della caduta della funivia del Cermis in Trentino del 1976 non bastavano? Facendo un rapido conto degli impianti a fune funzionanti nel nostro Paese, mi chiedo se ora scatterà la sindrome delle revisioni e manutenzioni come è accaduto dopo il crollo del Ponte Morandi di Genova.

NUOVE REGOLAMENTAZIONI PER LE FUNIVIE IN ITALIA

Consapevole che né una residenza né un domicilio temporaneo possano farci sentire parte di una comunità, lascio al dolore e alla rabbia di queste ore la funzione di integratori, anche per noi senza natali in questa zolla di Piemonte ferito. E’ legittima la richiesta di giustizia attraverso le indagini che farà la Magistratura così come la pretesa di un aggiornamento in tempi rapidi delle regolamentazioni delle funivie in Italia e di impianti simili.

Stresa non sarà più la stessa e non sarà più ricordata soltanto come perla del Lago Maggiore, culla delle isole Borromee o corridoio privilegiato del turismo tedesco. La lacerazione della funivia del Mottarone resterà aperta per non ridurci ad essere beati, per dirla alla Nietzsche, come “gli smemorati perché avranno la meglio anche sui propri errori”.

Diario on the road: Girotondo intorno al Lago Maggiore

Ogni lago ha il suo carattere: quello di Garda è esibizionista e nottambulo; quello di Como è chic e fricchettone e il Maggiore, com’è? Sì, proprio il lago che abbraccia Piemonte, Lombardia e Svizzera, usato dalle nostre maestre come tranello alle interrogazioni di geografia. Noi ci cascavamo puntualmente, perché pensavamo che fosse il più esteso d’Italia.
Il Lago Maggiore è discreto e riservato fino a Verbania, proprio come i piemontesi, ma poi tira fuori tutto il suo carattere e una bellezza inaspettata che lascia senza fiato. Ho fatto un girotondo in auto di 186 chilometri , costeggiandolo tutto. Una fermata ogni manciata di passi per dialogare con lui, svelare il segreto della sua anima, raccogliere storie. Una passeggiata ad Arona e poi ritagli da cartolina come i due vecchietti di Meina mano nella mano, lo splash dei bimbi a Solcio o il vocio degli stranieri nel centro di Stresa.
Dalla finestra di un edificio in stile liberty mi godo le ultime briciole di un tramonto. Sono su una collina, all’ostello della gioventù di Verbania-Pallanza. Vanessa, piemontese doc, mi accoglie con un sorriso e l’accento partenopeo di Pasquale mi riporta tra le braccia della mia Napoli: “E’ più forte di me. Io non riesco a tuffarmi nell’acqua del lago. Il mare è il mare”, ci tiene a precisare. In camera faccio quattro chiacchiere con PierAlfonso, veronese figlio di siciliani, che ha scelto questo rifugio lacustre per staccare la spina dalle ossessioni della quotidianità. Sul lungolago di Pallanza sgranocchio noccioline a mezzanotte, ascolto jazz con le mie cuffie giganti e un tizio seduto al bar dice al suo vicino: “Il solito matto austriaco in vacanza”. Più che austriaco, direi marocchino, vista la mia abbronzatura in stile “terruncello”! Poi mi perdo in piena notte e ci pensa Andrea a riportarmi indietro in auto: lo chiamano il ventenne dalle “gambe lunghe”. Mi racconta di essere appena tornato da Santiago De Compostela dove si è fatto 800 chilometri a piedi in un mese. Finalmente ho trovato un pazzo come me, con cui magari condividere in futuro una lunga passeggiata, sì ma non proprio così estrema.
L’indomani riparto: mi intrufolo tra le bancarelle del mercato di Intra, tra le salite e discese di Cannero Riviera. A Cannobio mi godo i surfisti tra le onde del lago e mi sembra di essere tornato nella baia di San Francisco. La frontiera è ad un passo: Puff ed eccomi in Svizzera. L’euro ormai è cartastraccia e da Mc Donald’s mi chiedono più di 12 euro per un menu base. A Locarno cazzeggio tra i vicoli della città vecchia e poi a piedi diritto sul lungolago al tramonto. All’ostello Palagiovani incontro Alfio, uno svizzero vero che mi racconta di quei posti, dei suoi avi, di questo Canton Ticino che parla in italiano. Spalmate a volontà di Ovomaltina (la Nutella swiss!) e poi ancora on the road tra i sussurri lacustri a ridosso di Magadino e San Nazzaro. Cosa c’è di meglio se non spaparanzarsi al sole?
Passo la frontiera italiana e nel gabbiotto non c’è nessuno. Ho un dubbio: non è che gli svizzeri si sono comprati all’asta per quattro soldi lo stivale italiano?  Il Lago Maggiore torna lombardo e a Luino mi sembra di essere finito sulla riviera Romagnola, dando a morsi piadina e crescione. Anna e Massimo si sono trasferiti qui dalla Romagna una vita fa, hanno messo su la deliziosa piadineria Divina, che come per magia si trasforma anche in un’allettante gelateria. Li adoro perché hanno una grande qualità: farti sentire a casa in un posto che non ti appartiene! Non restano tanti chilometri al traguardo, ma c’è ancora Porto Valtravaglio, un doppio panino con salamella in riva a lago a Laveno-Mombello, Ispra e Angera, dove un gruppo di anziani mi fa il battimano e mi dice: “Mai un visto un napoletano che gira il lago con tanta passione”. Alle 21.42 sono a Sesto Calende, fermo l’auto sul ponte e mi metto in piedi sul cofano con lo sguardo verso il Maggiore. I passanti pensano che voglia buttarmi di sotto. Ma io di sotto lancio una bottiglietta con questo pensiero scritto a penna: “Ci sono viaggi e viaggi. Caro lago, grazie per essermi stato accanto perchè sai sussurrare la spiritualità tipica dell’acqua salata”.

Veicolo: Fiat Punto 1200 a metano
Carburante: 11 kg di metano (costo: 9€)
Chilometri: 186
Velocità media: 60km/h
Soste: 42
Tempo di percorrenza (incluso pernottamenti): 53 ore
Dettagli: No navigatore; no strade a pedaggio.