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La sciarpa di Antonia

La sciarpa di Antonia sembra il titolo di un film sentimentale dei Paesi dell’Est, ma potrebbe essere anche il pretesto per iniziare meglio una nuova settimana.  La mia amica (An)Tonia  è passata a trovarmi a Milano. E pensare che da qualche parte circola ancora la prima foto scattata assieme una ventina di anni fa: io, un animatore bizzarro, che la teneva in braccio nel giorno del suo secondo compleanno! Dopo aver trascorso una bella serata assieme, mi ha lasciato un dono, come segno della nostra amicizia: una sciarpa di lana.  Cosa c’è di speciale? E’ un capo unico, è stata fatta ad uncinetto da Anna, sua nonna. Appena l’ho indossata, quel calore mi ha fatto sentire una persona speciale. Non avvertivo questa sensazione dai tempi in cui nonna Lucia mi faceva ad uncinetto sciarpe, cappelli e maglioni. Il filo di un gomitolo di lana mi riporta inevitabilmente a mia nonna, perchè dentro le sue sciarpe si intrufolava  un fragorosso abbraccio e una protezione materna. Antonia mi ha confidato che desiderava fare un giro in via Montenapoleone, temendo però di “sentirsi povera dinanzi a quelle vetrine bellissime”.  Antonia non si era resa conto di essere già  “la persona più ricca di questo mondo”, regalandomi quella sciarpa. Lei e sua nonna si erano improvvisate stiliste della mia memoria, due piccoli angeli custodi. La sciarpa di nonna Anna mi proteggerà dalle intemperie e mi farà sentire meno freddo anche nell’anima, quando tutto sembrerà rigare diritto. Stamattina, in treno, mi ci sono tuffato dentro, lasciando che le guance si confondessero con la lana. Era tutto più morbido, anche questo lunedì d’inverno, in cui ho ritrovato l’abbraccio della nonna di Antonia e di quell’altra nonna, che non ho mai smesso di cercare.

Per Lucia, regalo di Natale

nonnatif150Napoli, 24 dicembre 1945. E’ la vigilia di Natale. In serata una giovane coppia, sposata da pochi mesi, si ferma dinanzi alla vetrina della pasticceria Pintauro a via Roma. Lucia è incinta e Pasquale è disoccupato da un po’ di tempo. Lucia guarda i dolci e sofferma lo sguardo su una cascata di roccocò (tipici dolci natalizi partenopei). Pasquale mette le mani in tasca e riesce a sentire a malapena la forma di una monetina. Entra in pasticceria e mostra al commessa quel soldo, che gli vale mezzo roccocò. Mentre la sposa mangiucchia quel dolce natalizio, Pasquale le prende la mano e la conduce verso piazza del Plebiscito. E’ racchiuso in quel minuscolo gesto d’amore la loro cena della Vigilia di Natale. Non è né l’incipit di un romanzo né il primo capitolo di un romanzo d’appendice che fa il verso a Charles Dickens. La bambina nel pancione di Lucia era mia madre, che sarebbe nata cinque mesi dopo. Puntualmente il 24 dicembre mi ritrovo a Napoli, con gli occhi appannati appoggiati alla vetrina della pasticceria Pintauro, e faccio vivere nel mio cuore quell’istante come se Lucia fosse ancora lì. Lucia Alterio, mia nonna, ha raggiunto la sua metà durante le feste natalizie di dodici anni fa. Da allora per me l’albero di Natale si è spento. Eppure sono questi ricordi, racchiusi nel mio scrigno segreto, a farmela cercare nelle cose belle della vita e farmi canticchiare un melodioso motivetto di Riccardo Fogli che più o meno faceva così: “Per Lucia ci sarà la luna più piena ma non basterà. Io vorrei continuando un mare di grano per cullarla ogni tanto. Buonanotte quando spegnerai indosserai le stelle e sognerai, avrai un mare calmo dove navigare e un silenzio quando vuoi parlare”. Pensando a te, fino all’ultimo respiro. Buon Natale, ovunque tu sia.