Pipolo.it

Blog e Sito di Rosario Pipolo online dal 2001

Lettera a una mamma operaia di Pistoia, che amava la vita e sognava il futuro

Cara Mamma, la nonna mi sta aiutando a cucire una stella di stoffa perché domenica è la festa della mamma. Te l’ho mai detto di quanto sono fiero mentre mi aspetti all’asilo perché non sei di turno in fabbrica? Ieri mi dicevano che avevo una mamma giovane e bella, oggi mi ripetono che sei diventata un angelo e non ti vedrò più, perché sei volata in cielo.

In televisione tutti parlano di una giovane operaia morta sul lavoro perché mangiata da una macchina. Nella foto al telegiornale sembri tu e continuano a ripetere che sei un’altra vittima delle morti bianche. Non comprendo le parole scritte dalla signora Natalia su un famoso giornale:

Una ragazza che come tante di voi si fotografava per TikTok, aveva i capelli lisci e lunghi e sorrideva al mondo; che era bella e non aveva foruncoli di cui vantarsi per lamentarsene coi follower, che non si offendeva se qualcuno le fischiava in strada, che quasi bambina, a 17 anni, aveva accettato chissà con quanto…


Mamma, lo dici tu alla signora Natalia che devo ancora crescere per capire che il mondo è fatto anche da (ex) femministe da salotto? Grazie per avermi accolto nella tua vita senza seguire il suo arrendevole “destino delle donne non è fare figli, ma vivere”.

Mamma, la settimana scorsa abbiamo visto insieme il concertone del Primo Maggio e tu mi hai spiegato che si dicono tante parole e si fa poco per proteggere le persone sul posto di lavoro.
Perché Fedez, il rapper che ascoltavamo insieme in macchina, prima di cantare non ha dedicato il tempo a disposizione ai tanti figli senza mamma e papà in Italia per questo motivo? Per fortuna ci ha pensato tutta la gente in piazza a Prato dedicandoti tanti striscioni e gridando forte basta, basta, basta!

Sì, basta, perché noi figli abbiamo il diritto di crescere con una madre al nostro fianco. Mamma, ora chi mi farà tornare tra le tue braccia? No, mamma, no. Non voglio perderti, ti voglio qui con me. Sono convinto che ritornerai a prendere la stella di stoffa che ti ho preparato per la festa della mamma.
Nel frattempo voglio crescere e studiare. Da grande voglio difendere tutti gli uomini e le donne come te e Sabri, troppo presto destinati ad essere angeli bianchi.

Mamma, che silenzio stasera a Pistoia. Sono sul davanzale della finestra e non mi bastano le dita per contare la distanza tra me e quella stella luminosa in cielo, bella come te.

Felice Festa della Mamma, il tuo ometto.

Il 1° maggio nella tuta da lavoro di papà, amico dell’Uomo Ragno

Rosario PipoloDa bambino accostavo il 1° maggio, festa dei lavoratori, ad un indumento: la tuta blu che tutte le mattine mio padre si infilava per andare a lavoro. Provavo per quella tuta una sorta di amore e odio.
Da una parte mi piaceva, perché faceva assomigliare papà ad uno dei Fantastici 4; dall’altra la detestavo, perché me lo portava via e non mi restava che la sera per trascorrere del tempo con lui.

Mi raccontava di cosa faceva al lavoro con dei buffi scarabocchi, improvvisati al momento con una biro rossa e nera. All’alba dell’infanzia identificavo il lavoratore con papà che, nella mia visione, era un supereroe: si arrampicava sui tralicci, più alti del condominio dove abitavamo, e portava l’illuminazione ad intere città. Per non farla lunga, mi convinsi che papà era “amico dell’Uomo Ragno”, anche se lui stesso non ne faceva un vanto.

Ricordo una domenica notte di dicembre. Ci fu un nubrifagio che colpì parte del mio territorio, restammo senza luce e corrente elettrica per quasi due giorni.  Papà uscì di notte per l’intervento di emergenza e non si ritirò nei due giorni successivi. Ero spaventato. Nonostante fossi rassicurato dal fatto che papà fosse uscito con il suo casco giallo, dall’altra chiedevo al pupazzetto dell’Uomo Ragno di proteggerlo perché “da amico” doveva stargli vicino.

Fu a quel tempo che iniziai a percepire la minaccia degli incidenti sul lavoro.  Ho conosciuto diversi coetanei della mia generazione che non hanno visto tornare più il papà, perchè caduti da un’impalcatura e finiti nella tragica lista delle morti bianche.

Nel 2013, in occasione di una presentazione del mio romanzo nella zona in cui aveva lavorato papà, conclusi una lettura tenendo in mano la sua tuta blu. Fu un modo per ricordare  i tanti lavoratori che non sono tornati più a casa ad abbracciare i figli, con cui oggi voglio condividere il significato e l’essenza di questo 1° maggio.

A quarant’anni sono convinto ancora che mio padre sia “amico dell’Uomo Ragno”, con la differenza che dietro la la tuta del supereroe della Marvel si nascondano gli angeli “custodi” che Wim Wenders fece volare sopra Berlino in un film zeppo di suggestioni.